“Peggio di così nemmeno con l’immaginazione più sfrenata. L’Italia non merita questo sfregio”. Questo era il benvenuto che un anno fa l’allora segretario del Pd Enrico Letta aveva dato a Lorenzo Fontana il giorno della sua elezione a presidente della Camera dei deputati. Ed altri deputati del centrosinistra avevano addirittura esposto uno striscione in aula che recitava: “No a un presidente omofobo pro Putin”. Tra le tante voci indignate si era levata anche quella di Laura Boldrini: “È l’estremismo che entra nelle istituzioni repubblicane”. Insomma, dalla nomina del leghista, noto per le sue posizioni radicali contro aborto, unioni civili e diritti Lgbtq+, sembrava di doversi aspettare fuoco e fiamme. Giornalisticamente, una manna dal cielo, una fonte costante e garantita di polemiche e titoli. E invece, siamo tutti rimasti a bocca asciutta. Mentre il collega Ignazio La Russa, presidente al Senato, in questi mesi non ha smentito la propria fama ritrovandosi più volte al centro della bagarre, da Fontana nulla di nulla. Non una parola fuori posto, uno scivolone, un commento inopportuno, un flame sui social.
Che cosa diceva il vecchio Fontana su gay, immigrati, Putin…
Lui che durante un convegno dell’associazione Pro Vita onlus disse che matrimoni gay e immigrazione di massa “mirano a cancellare la nostra comunità e le nostre tradizioni”. Lui che il 7 ottobre festeggiava la battaglia di Lepanto, quando la Lega Santa fermò ” l’avanzata ottomana. L’Europa cristiana fiera della sua identità, otteneva una straordinaria vittoria”. Lui che spiegava che “per la legge le famiglie arcobaleno in questo momento non esistono”. Lui che poi rincarava la dose dal palco del Family day: “La famiglia è quella tra uomo e donna, le altre schifezze non le vogliamo neanche sentire nominare“. Lui che dava la sua personale interpretazione del passo evangelico “Ama il prossimo tuo” come un invito a “far star bene le nostre comunità”, non certo ad accogliere chi viene da lontano. Lui che elogiava Orban per la crescita del tasso di natalità in Ungheria. Lui che il 25 aprile si vantava di festeggiare San Marco e non la Resistenza. Lui che di Vladimir Putin, oltre ad indossare in europarlamento la t-shirt “NO sanzioni alla Russia”, diceva: “Ho visto nel risveglio putiniano una luce anche per noi occidentali, che viviamo la grande crisi dei valori, immersi come siamo in una società dominata culturalmente dal relativismo etico”.
Il nuovo Fontana sui social: una impeccabile noia
Bene, quel Fontana sembra non esistere più. E’ stato sostituito da qualcuno con le sue stesse sembianze e che anche sui social appare un impeccabile uomo delle istituzioni. Democristiano, allineato, soporifero. Eccolo su Instagram che ricorda gli anniversari del Beato Rosario Livatino e di San Giovanni Paolo II, accoglie alla Camera familiari di vittime israeliane, stringe la mano al nuovo ambasciatore degli Stati Uniti d’America in Italia, partecipa a Genova alla destra di Sergio Mattarella alla 40esima Assemblea nazionale dell’Anci, riceve il presidente della Repubblica di Finlandia, partecipa alla cerimonia di consegna delle insegne ai Cavalieri del Lavoro, riceve “con piacere” gli studenti della 2^ B del Liceo Maffei di Verona in occasione dell’inaugurazione della Mostra “Giacomo Matteotti, ritratto per immagini”. Questo per rimanere alle attività raccontate nell’ultima settimana.
Il nuovo Fontana e il 25 Aprile: “Un patrimonio nazionale”
Ancora più scioccante l’aplomb delle sue uscite pubbliche: “Con Giorgio Napolitano scompare un autentico servitore dello Stato”, ha commentato ricordando l’ex capo di Stato (comunista). “Io ritengo che un Paese debba sempre riformarsi nel corso degli anni, perché cambiano i tempi e anche i modi di far politica. Quindi io mi auguro che ci possa essere un ampio dibattito, approfondito, perché quando si fanno le riforme non bisogna farle in fretta, bisogna che ci sia una maggioranza più ampia possibile”, ha così espresso il suo equilibratissimo parere parlando di riforme. “L’immigrazione è problema di portata epocale. Le migrazioni sono un tassello di una partita geopolitica importante nel Mediterraneo dove c’è un flusso di commercio. Mi piacerebbe quindi che l’Italia tornasse ad essere protagonista, mi piacerebbe che riuscisse a parlare anche di Mediterraneo come risorsa”, ha sobriamente annotato su un tema che in precedenza lo triggerava ben diversamente.
“Il gruppo Identità e democrazia, il nido degli ultrareazionari a Bruxelles, non è l’approdo obbligato del Carroccio”, ha spiegato il nuovo Fontana criticando il vecchio Fontana ideologo del sovranismo leghista che fu fautore dell’alleanza tra Salvini e Le Pen. E di Putin e guerra in Ucraina cosa pensa il Fontana 2.0? “Un’aggressione ingiustificata, l’Europa ha fatto bene a imporre le sanzioni”. Il penultimo tabù è caduto in un’intervista al Corriere: “Il 25 Aprile? È patrimonio nazionale. Patrimonio di tutti – ha detto – l’antifascismo è un valore. Allo stesso modo, tante volte mi è capitato di pensare che sia un errore festeggiare la Liberazione come se fosse la festa solo di una parte, perché il suo valore è proprio questo: alla Resistenza hanno partecipato non soltanto comunisti e socialisti, ma anche liberali, monarchici e — da cattolico voglio ricordarlo — tanti cattolici (…) Io mi sento pienamente antifascista, pur non venendo da una storia di sinistra”.
Il centrosinistra ormai vacilla, dovendone riconoscere lo standing istituzionale anche nella gestione dei lavori alla Camera. Resiste l’ultimo tabù, retaggio del vecchio Lorenzo Fontana. Ma ora non esageriamo: non potete anche chiedergli di partecipare al Pride…