Una campagna elettorale da vedere, in tv, da scrollare, sui social – ora anche su TikTok – ma anche, per la prima volta, da ascoltare tramite i podcast. Chora Media è stata la prima società a ideare una serie-audio per accompagnare, con le cuffiette, gli elettori al voto. Si intitola “Elezione straordinaria” e l’host è Lorenzo Pregliasco, politico, esperto di opinione pubblica, ha scritto per “L’Espresso”, “Limes”, “Politico Europe”, “Aspenia”. Insegna all’Università di Bologna e alla Scuola Holden di Torino. A lui true-news.it ha chiesto un commento sulle prossime elezioni partendo dai contenuti del suo podcast. Che segna una sorta di record: è il primo contenuto audio on-demand che accompagna il percorso verso le votazioni.
E’ strano, però, che i podcast, che hanno registrato una crescita negli ascolti dal 2020 in poi, non siano utilizzati dai candidati alla pari di alcune esperienze statunitensi.
E’ vero, negli Stati Uniti ci sono un po’ di esperimenti ma in Italia i podcast elettorali non sono molto diffusi. Secondo me, anche per una ragione: un podcast ben fatto, richiede un certo tempo e richiede un certo lavoro, una certa programmazione. E in una campagna elettorale come questa, tra l’altro, ma anche in generale sono risorse scarse, perché il tempo nel tempo è una risorsa scarsa. Quindi probabilmente la valutazione che, nonostante la grande crescita del fenomeno del podcast, nonostante la rilevanza che ormai i podcast hanno nel tempo nella formazione delle opinioni delle persone, nel dibattito pubblico, è l’idea forte che, nonostante questo, non siano il mezzo più facile con il quale fare comunicazione politica. Detto ciò, non mi stupirebbe se nei prossimi tempi non iniziassimo a vedere dei podcast elettorali. Credo sia solo una questione di tempo perfetto.
Voi avete scelto il podcast per analizzare i vari aspetti, mediatici, politici, sociali, della campagna elettorale. Perchè queste sono “elezioni straordinarie”?
Sono elezioni inaspettate. Da qui il titolo. Tre sono gli elementi che le rendono uniche: il periodo delle votazioni, ovvero lontano dalla classica primavera, una campagna elettorale rapida, inattesa e la possibilità per i 18enni di votare al Senato.
A proposito di nuove generazioni. Berlusconi, Renzi, poi Zan. Non si parla d’altro, nelle ultime ore, dei politici su TikTok. Come giudichi la loro presenza sul social?
Da un lato c’è da dire che la dove ci sono altre persone, la politica deve esserci. Così accade con TikTok. Come in passato è stato fatto per Facebook e Instagram. E’ affascinante capire quanto i vari leader si adatanno ai linguaggi e ai registri di Instagram e TikTok, diversi dalla televisione. Salvini, che è da tempo sulla piattaforma, fa un uso più in linea con TikTok mentre Berlusconi fa dei video molto lunghi che poco si sposano con il social. Ma lui è un personaggio pop e potrebbe comunque avere successo.
Un altro protagonista delle prossime elezioni è, ancora una volta, l’astensionismo. Che riguarda, non solo, i fuorisede…
E’ un aspetto ulteriore su cui, per la verità, ciclicamente si avanzano ipotesi, ma poi si fa fatica a risolverlo. Questo peraltro riguarda chi studia, ma anche chi lavora fuori sede. Chi è temporaneamente all’estero adesso avrà una possibilità di voto. Noto elementi di complessità che si scontra con il concetto per cui il modo in cui funzionano le elezioni è sostanzialmente stato concepito negli anni 50 e quindi il meccanismo dei fuori sede, ma anche la regolamentazione dei social e delle attività di comunicazione politica sulle piattaforme. Nella puntata dedicata al fenomeno dell’astensionismo, con Ilvo Diamanti, abbiamo cercato di andare un po più a fondo e quindi di capire, per esempio, se ci sono dei fenomeni sociali, culturali e strutturali che hanno fatto crescere l’astensionismo, non quest’anno, ma negli ultimi decenni. Uno dei motivi è che è venuta meno l’appartenenza, cioè non si vota più per appartenenza. I partiti non rappresentano più un veicolo di identificazione politica e sociale.
Tu sei un sondaggista, spesso attaccato, come gli altri, perché c’è il rischio che i sondaggi poi non corrispondano al reale esito.
Spesso sono interpretati, erroneamente, come previsioni del futuro. Ma non sono previsioni, sono misurazioni di uno stato dell’opinione in un certo momento e quindi hanno questi limiti. Legati, spesso, agli indecisi che poi si decidono. Hanno limiti legati alla modalità con cui si costruiscono i campioni. Nonostante ciò, comunque, rimangono uno strumento insostituibile per leggere l’opinione pubblica, per fotografare la società, i comportamenti, le opinioni, le percezioni di chi ci sta intorno. E questo è un valore indiscutibile dei sondaggi. Quindi non prendiamocela troppo con i sondaggisti.
Parliamo di politica. E di sondaggi. Si sta registrando un interesse degli elettori progressisti nei confronti dei Cinque Stelle. Confermi?
Una crescita è stata fotografata. Il recupero andrebbe messo in confronto con il punto di partenza. Ma parliamo comunque di una perdita di due terzi dei voti rispetto alle precedenti elezioni dove i Cinque Stelle presero il 32%. Una rimonta dopo il crollo. Conte si sta muovendo bene a livello comunicativo. E il Movimento sta raccogliendo i consensi di chi si sente progressista ma non vuole appoggiare il PD, i Verdi-Sinistra ltaliana, Unione Popolare, che però viene percepito come opzione sul tavolo dagli elettori.
Gli occhi del mondo sono puntati sull’Italia. I media internazionali temono una vittoria di Fratelli d’Italia per il presunto pericolo “fascista”…
L’idea è che forse ci sia una sorta di facilità nel raccontare Giorgia Meloni in questi termini, che sono nell’immaginario delle persone. Cioè, il retaggio fascista molti all’estero lo hanno in mente quando pensano all’Italia. Il fascismo è stato uno degli eventi del Novecento che più ha messo in vista l’Italia nel mondo. Purtroppo. Così recuperare quei concetti fa presa sulla stampa internazionale. Ma Giorgia Meloni mi sembra si stia smarcando bene da questa immagine.