Fausto Bertinotti fa ricorso in Appello contro la restituzione di due serigrafie di Andy Warhol ricevute in eredità dal finanziere napoletano Mario D’Urso e stabilita dal Tribunale dopo la scoperta di una figlia segreta del banchiere, che ha portato all’annullamento del testamento. Di tutte le notizie contenute in una sola frase, quella meno sorprendente è che l’ex leader di Rifondazione comunista abbia nel salotto di casa due prestigiose opere d’arte di uno dei più grandi maestri del Ventesimo secolo. La passione del “compagno” Bertinotti per il lusso, il cachemire, gli agi borghesi, emersa prepotentemente a contatto con il bel mondo romano una volta giunto in Parlamento, è argomento che del resto è stato ampiamente sviscerato da anni.
I Warhol ereditati da Bertinotti e il colpo di scena: la figlia “segreta” di D’Urso
Ora come naturale corollario l’ex presidente della Camera si trova a vivere una di quelle situazioni che certamente agli operai delle fabbriche di Torino non sono mai capitate: il generoso lascito dell’amico Mario D’Urso è oggetto di contenzioso. Ed i giudici del tribunale di Roma si sono già espressi nel gennaio 2023 a favore di Nikki Kay Carlson, figlia biologica del finanziere oltre ogni ragionevole dubbio grazie ai test del Dna. Che, comprensibilmente, ha voluto intervenire sul testamento del maggio 2015 con cui il padre ha lasciato ad alcuni fortunati amici parte ingente del proprio patrimonio. “A restituire ben 24 milioni di euro saranno, con le dovute proporzioni, Giovan Francesco Serra di Cassano e tutti i legatari, tra cui figurano l’avvocato Roberto Simeone, l’onorevole Bertinotti e signora, Nicolò Dubini ed altri noti personaggi“, recita la sentenza contro la quale Bertinotti ha ritenuto di opporsi.
I Warhol di Bertinotti: un grande valore affettivo, ma…
All’ex presidente della Camera, D’Urso ha lasciato in eredità due serigrafie firmate della serie dedicata a Mao, realizzata da Warhol nel 1972. A queste si aggiunge una terza opera con il medesimo soggetto regalata dal banchiere a Bertinotti quando era ancora in vita. Si capisce, data la provenienza ma anche il soggetto, quello che è anche il valore affettivo. Ma in questi giorni molti stanno fantasticando in termini molto più materiali sul valore economico delle due opere che Bertinotti dovrebbe restituire. Alcuni hanno menzionato la vendita record di un dipinto di Mao all’asta da Sotheby’s a New York nel novembre 2015: 47,5 milioni di dollari. Altri parlano di una cifra vicina ai due milioni di euro. In realtà, è semplicemente vero quanto affermato dallo stesso proprietario tre anni fa, quando per la prima volta si parlò dei Warhol in bella mostra nel suo salotto. Spiegò al Corriere: “Sono opere che hanno per me un significato affettivo enorme, ma l’expertise contenuta nell’atto ereditario parla chiaro: hanno un valore di poche decine di migliaia di euro”.
Perchè i due Warhol di Bertinotti valgono così ‘poco’?
Come è possibile che due opere originali e autenticate di Andy Warhol valgano così poco? Semplice: si tratta di serigrafie e non di dipinti. E fanno parte di un nucleo di 250 esemplari, realizzati in serie dal maestro della pop art. Aspetti che fanno comprensibilmente una grandissima differenza nel mercato dell’arte. Per convincersene basta una rapida ricerca online. Il sito della casa d’aste Christie’s riporta i valori relativi alla messa all’incanto di una delle 250 serigrafie dedicate a Mao, che il 28 settembre 2021 è stata battuta a 40mila sterline. E ben 49 pezzi sono in vendita online sul portale specializzato Artsy. I prezzi? Quelli pubblici vanno da un minimo di 29mila a un massimo di 95mila euro. Un set con dieci esemplari è proposto per 775mila dollari. Insomma, diamo alla figlia di D’Urso quello che è della figlia di D’Urso (anzi, forse), ma anche a Bertinotti quello che è di Bertinotti: quei Warhol sono sicuramente un segno di distinzione esclusivo, ma – almeno – non lo rendono un milionario.