Perché leggere questo articolo? Maduro usa il vandalismo contro il busto di Bolivar come arma politica. Ma chi da anni ne dissacra gli ideali è la dittatura che dice di ispirarsi al Libertador.
La statua di Simon Bolivar a Roma, sul Monte Sacro, è stata vandalizzata suscitando lo scalpore e lo sdegno del governo e dell’opinione pubblica venezuelana. Comprensibile, da un lato: il Venezuela si chiama “Repubblica Bolivariana” e all’eroe della guerra di liberazione contro il colonialismo spagnolo è dedicata l’intera epica nazionale. Meno comprensibile, però, che il presidente Nicolas Maduro usi il deprecabile vandalismo per criticare l’ascesa di un presunto complotto internazionale contro il suo Paese.
Maduro e la battaglia sul busto di Bolivar
“Questo è quello che vorrebbero fare al popolo venezuelano”, tuona Maduro parlando dell’evento. Di “aggressione fascista” ha parlato la vicepresidente Delcy Rodriguez, ripresa dal quotidiano El Nacional. Gli fa eco El Universal, parlando di “profanazione”. TeleSur, il vero e proprio “House Organ” del regime di Maduro, scrive che “con gli attacchi al monumento al nostro Liberatore Simón Bolívar, l’intenzione è di colpire tutta l’America Latina e il suo ideale di libertà e sovranità”.
Difficile aspettarsi trasparenza e varietà di pensiero dal regime di Maduro. Ma, diremmo noi, è davvero politica la matrice dell’attacco alla statua di Bolivar? Per ora non ci sono prove. Il sospetto è che l’azione sia una bravata cavalcata ad arte dal governo di Maduro per giustificare l’attacco all’Occidente. Tornato negli ultimi tempi a avversare la dittatura dell’erede di Hugo Chavez, che in nome della lotta all’oppressione ha finito per compromettere i risultati del predecessore. E creare un regime dispotico.
La crisi economica è al centro della situazione attuale del Venezuela. La dipendenza del paese dalle entrate petrolifere lo ha reso estremamente vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi del petrolio sul mercato internazionale. La gestione inefficiente e corrotta delle risorse, insieme alle sanzioni internazionali, ha contribuito al collasso dell’economia venezuelana. L’iperinflazione, la scarsità di beni di prima necessità e la disoccupazione diffusa hanno reso la vita quotidiana un incubo per milioni di venezuelani. Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), il tasso di inflazione del Venezuela nel 2023 è stato del 4.374%, il più alto al mondo.
La crisi umanitaria
La crisi umanitaria in Venezuela è stata aggravata dalla combinazione di problemi economici e politici. La mancanza di accesso a cibo, medicine e servizi di base ha portato a gravi sofferenze per la popolazione, con tassi elevati di malnutrizione, malattie trasmissibili e morti evitabili. Milioni di venezuelani hanno lasciato il paese in cerca di una vita migliore, scatenando una crisi migratoria regionale senza precedenti. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il numero di venezuelani che hanno lasciato il paese ha superato i 6 milioni nel 2023.
A questo si aggiunge una torsione autoritaria sempre più spiccata. Di recente a Roma a denunciarla è giunta, invitata dalla Commissione Esteri della Camera Maria Corina Machado, 56 anni, leader di Como Venezuela, partito destra, chiamata anche la “Thatcher di Caracas”, recentemente esclusa dalle prossime presidenziali su cui Maduro non ha ancora voluto esprimersi in termini di precisazione di una data. Viene da pensare che a vandalizzare il nome di Bolivar siano state più le scelte del regime di Caracas che atti deprecabili ma non identificabili come politici in senso stretto.
I problemi del Venezuela
Del resto, la parabola del Libertador e del suo viaggio a Roma è ciò che più appare distante dal messaggio politico di Maduro. Giunto nella Roma governata da Napoleone nel 1805, con l’amico, precettore e compatriota Don Simón Rodríguez il 15 agosto di quell’anno Bolivar salì sul Monte Sacro, luogo della secessione della plebe nel 494 a.C., pronunciando un solenne giuramento: “Giuro davanti a voi, giuro sul Dio dei miei padri, giuro su loro, giuro sul mio onore e giuro sulla mia patria, che non darò riposo al mio braccio, né pace alla mia anima, fino a che non avrò spezzato le catene che ci opprimono per volontà del potere spagnolo!”. Ora per il Venezuela le catene opprimenti sono quelle della dittatura e della repressione della democrazia. Si potrebbe dire a Maduro: qualcuno può aver vandalizzato la statua di Bolivar che ricorda questo solenne giuramento. Ma negli anni chi ha vandalizzato il suo nome più di ogni altro è stato il suo regime. Che ha condotto allo sfascio un Paese un tempo prospero.