Perché leggere questo articolo? Sono giorni intensi e complicati per la Russia. La guerra, la morte di Navalny, le “elezioni” e ora l’attentato al Crocus City Hall di Mosca. Un Paese da mille contraddizioni, a tratti diabolico. Come il romanzo che forse meglio ha riassunto l’identità russa. Il Maestro e Margherita di Bulgakov, a decenni di distanza, resta il libro per capire la Russia.
Nel gennaio del 2024 è uscito in Russia l’adattamento cinematografico del Maestro e Margherita. Un successo sia al botteghino (più di un miliardo di rubli, circa 10 milioni di euro) che tra la critica. Quello che ha fatto discutere è la posizione del regista. Michael Lockshin si è schierato dalla parte dell’Ucraina e ha criticato l’operato di Putin, definendo il regime russo simile al nazismo e donando all’esercito ucraino ingenti somme di denaro. Lockshin è poi tornato negli USA, attirandosi le critiche di chi lo ha definito «traditore del popolo». Ad esempio il produttore televisivo Tigran Keosayan ha criticato le «posizioni antirusse» di Lockshin, chiedendo l’avvio di un’indagine sulla produzione del film. Il presentatore radiofonico di Sputnik Trofim Tatarenkov lo ha definito «una feccia» e «nemico del popolo».
Il Maestro e Margherita con un regista particolare
Michael Lockshin è figlio dello scienziato americano Arnold Lockshin. Divenuto famoso negli anni Ottana per essere stato licenziato dalla Stehlin Foundation, a causa delle sue posizioni politiche vicine al comunismo. Lo scienziato, quindi, ottenne asilo politico dall’Unione Sovietica, infatti il figlio Michael è cresciuto in Russia. Forse, anche per questo motivo, la Russia non ha ritenuto opportuno bloccare la proiezione della pellicola. Al contrario, il ministero della cultura, ha finanziato l’opera cinematografica.
Lo ha fatto con un budget sostanzioso. Dei circa 17 milioni di dollari totali, 9 provenivano dal “Fond Kino”, la principale casa di produzione cinematografica statale. Al ministero non potevano prevedere le conseguenze del remake de Il Maestro e Margherita. Il regista ha dichiarato “non mi sarei mai censurato per salvare questo progetto”, sostenendo che “il Maestro e Margherita stesso parla di censura”. Vladimir Solovyov, propagandista per eccellenza del Cremlino, ha lanciato una serie di domande retoriche in trasmissione: “Chi ha permesso a Lockshin di girare una pellicola del genere?”
Un’opera attuale anche oggi
A distanza di quasi un secolo l’opera di Bulgakov suscita ancora clamore nella Russia di oggi. Il paragone col periodo di Stalin rischia di essere fuori luogo, anche se l’assenza di valori democratici rimane in comune. Così come il concetto di patria e la ricerca del nemico interno, “i traditori”. Proprio di questo parla il romanzo di Bulgakov. La questione della censura nei confronti dell’arte. Un’esperienza simile a quella vissuta dall’omonimo film di Lockshin.
Il critico cinematografico russo Anton Dolin ha spiegato al New York Times che il film coincide «incredibilmente» con il momento storico che sta vivendo la Russia, «con la restaurazione dello stalinismo e la persecuzione dell’intellighenzia». Il critico, che ora vive all’estero, è stato accusato di essere un “agente straniero” dal governo russo.
Navalny si può paragonare a Bulgakov?
Trovare un personaggio fortemente critico come Bulgakov nella Russia di oggi è difficile, soprattutto del suo calibro culturale, infatti accostare l’autore con Navalny risulterebbe forzato. Sicuramente in entrembe le figure si vede un impegno civico nel far emergere le disfunzionalità di una società, ma Navalny a differenza del celebre scrittore rimane un attivista, che per necessità comunicative e elettorali utilizzava un linguaggio per lo più populista.
Inoltre, la posizione politica di Navalny non è sempre stata la stessa. Nel 2007 è stato espulso dal partito liberale Yabloko per le sue attività nazionaliste e aver partecipato a marce di estrema destra, per poi scagliarsi contro i musulmani caucasici e dell’Asia Centrale. In seguito, soprattutto in Occidente, la sua figura è stata rivalutata come quella di fervente sostenitore di valori democratici.
Un paragone più calzante potrebbe essere quello tra Bulgakov e Anna Politkovskaja, giornalista che pubblicò diversi libri e articoli denunciando le violazioni dei diritti umani perpetrati dal governo ai danni della popolazione caucasica durante la seconda guerra cecena. La giornalista venne assassinata il 7 ottobre 2006 a Mosca.
Bulgakov, la storia dell’autore de Il Maestro e Margherita
Michail Afanas’evič Bulgakov, autore di “La corsa”, “Guardia Bianca” e “Cuore di cane” non accettò mai la Rivoluzione d’ottobre e i suoi effetti che portarono alla distruzione della classe aristocratica e nobiliare. Infatti, dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale come medico, allo scoppio della guerra civile si schierò dalla parte dell’armata bianca anti-bolscevica. Questo conflitto ha visto scontrarsi i Rossi (bolscevichi) con i Bianchi (anti-rivoluzionari) e durò dal 1917 al 1922. Dopo la caduta della Crimea, e soprattutto dell’Ucraina, la famiglia dell’autore emigrò all’estero. A quel tempo migliaia di persone che rifiutarono l’avvento del comunismo lasciò il Paese, ma Bulgakov rimase a Kiev.
Nel 1920, dopo aver abbandonato la professione di medico (specializzato in malattie veneree), intraprende la carriera di scrittore con la pubblicazione delle sue opere incentrate proprio su quella classe sociale aristocratica che combatté fino all’ultimo l’avanzata bolscevica. Ad esempio, nel libro «I giorni dei Turbin» la lotta contro i nazionalisti ucraini guidati da Symon Petljura (rivoltoso, che scoppiata la guerra civile guidò l’Ucraina, lottando per la sua indipendenza).
Una critica celata
Bulgakov utilizza un parallelo tra la storia del Maestro e la morte di Gesù. L’episodio biblico del nuovo testamento è una splendida e tagliente critica alla società sovietica e della nuova borghesia nascente. I farisei e il popolo di Giudea, che ingiustamente accusarono il messia e preferirono il ladro Barabba, sono simili a quelle persone che in Urss contribuirono allo sviluppo delle purghe staliniste. Queste individui non si opposero al sistema e al contrario infamarono per invidia o vendetta diverse persone. Emerge anche la figura di Ponzio Pilato, che pur sapendo dell’innocenza del figlio di Dio, preferì “lavarsi le mani” e far prendere la decisione al popolo.
Bisogna comunque considerare che il lavoro di Bulgakov non venne mai represso in maniera totale. Diverse delle sue opere teatrali venivano rappresentate in Unione Sovietica, e la cosa più paradossale è che al dittatore georgiano piaceva la sua arte. Questa protezione artistica venne garantita dopo la famosa telefonata che fece Stalin all’autore il 18 aprile del 1930, dopo aver ricevuto la sua lettera dove chiedeva di poter emigrare all’estero per le condizioni ostili che il governo gli aveva creato:
Stalin: “Abbiamo ricevuto la sua lettera. L’ho letta insieme ai compagni. Riceverà una risposta favorevole, anche se non mi sembra il caso di lasciarla partire. Ma davvero vuole andare all’estero? Le siamo venuti tanto a noia?”
Bulgakov: “Negli ultimi anni ho molto riflettuto se uno scrittore russo possa vivere lontano dalla patria, e mi sembra di no.”
Stalin: “Lo penso anch’io. Dove vuole lavorare? Nel Teatro d’Arte?”
Bulgakov: “Sì, ma quando ne ho accennato mi è stato opposto un netto rifiuto.”
Stalin: “Presenti una domanda, credo che acconsentiranno.”