Perchè leggere questo articolo? Il portiere del Milan, Mike Maignan, rasenta la perfezione. In campo e nelle dichiarazioni fuori. Il razzismo spiegato ai tifosi dell’Udinese.
“Gli darei le chiavi di casa mia“. Il mio amico e compagno di curva, Marco, è un tipo spiccio. Poche parole, spesso dialettali. Ma i concetti sono sempre precisi. Toccano il punto. Mike Maignan, per noi milanisti è qualcosa di difficile da spiegare. Un po’ come il razzismo. Eppure, sabato sera sull’ostico (in tutti i sensi) campo di Udine, il nostro portierone è stato perfetto. Tra i pali, in campo, ma soprattutto fuori. Maignan ha dato una lezione su come affrontare il razzismo che andrebbe studiata a scuola. Il razzismo spiegato ai tifosi dell’Udinese. Che poi hanno una squadra piena di giocatori di colore, di cui dovrebbero essere solo che orgogliosi.
Le uscite di Maignan sul razzismo sono perfette
Il fattaccio del weekend pallonaro è arcinoto. Dai canali sportivi, la notizia della partita temporaneamente sospesa per ululati e cori razzisti si è ben presto guadagnata rilevanza anche su testate generaliste. Sabato sera, nel corso del primo tempo di Udinese-Milan, Mike Maignan ha richiamato l’attenzione dell’arbitro Maresca per qualche insulto ricevuto dalla curva nord, dietro la porta dove si trovava il giocatore rossonero. Lo speaker dello stadio ha ammonito sul rischio di sospensione della gara. Dopo il vantaggio del Milan, nuove proteste di Maignan. Maresca interrompe il gioco, dopo nuovi insulti e versi razzisti all’indirizzo del portiere rossonero: tutto il Milan insorge e i compagni, per solidarietà, abbandonano il campo e rientrano negli spogliatoi. Seguono minuti convulsi in cui i calciatori dell’Udinese e il direttore dell’area tecnica vanno sotto la curva nord per cercare di individuare i responsabili.
La partita riprende, dopo 5 minuti di sospensione temporanea. Da quanto emerso, alcuni tifosi gli hanno urlato “scimmia” per gran parte del primo tempo, anche richiamando i versi dell’animale. Il gioco resta fermo per circa 5 minuti fino a che, dopo un lungo conciliabolo con le squadre e le forze dell’ordine, Maresca fischia la ripresa. Nella ripresa l’Udinese ribalta il match ma nel finale il Milan trova due gol e vince la partita per 3-2. Quanto accaduto a Udine ha fatto il giro del mondo. L’unica reazione che dovrebbe interessarci, però, è quella del diretto interessato. Anche perchè le due uscite di Maignan – quella dal campo per protestare e quella social del giorno dopo – sono nella sostanza perfette.
Un calcio al razzismo, da chi non sbaglia mai l’uscita
Due uscite da portierone. Due j’accuse da leader. Contro gli idioti che non dovrebbe stare in uno stadio e nemmeno in società, la prima. Contro chi tace e permette che nel 2024 ancora accadano questi abomini, la seconda. “Non sono una VITTIMA” è il grido di rivendicazione che Maignan lancia con un post su Instagram. “È un sistema che deve assumersi la responsabilità: gli autori di questi atti perché è facile agire in gruppo, nell’anonimato di una tribuna; gli spettatori che erano sugli spalti che hanno visto tutto, sentito tutto ma hanno deciso di tacere, siete complici; l’Udinese che parlava solo di interruzione della partita, come se niente fosse, sei complice; le autorità e il procuratore, con tutto quello che sta succedendo, se non faranno nulla, saranno complici anche loro”. Game, set e match. Ma non finisce qui.
Non è la prima volta che Magic Mike Maignan affida ai social una lezione agli imbecilli. L’anno scorso era tornato in campo dopo un brutto infortunio. Con una storia su Instagram s’è tolto un sassolino dalla scarpa e ha spazzato via tante, troppe frasi dette sul suo conto. Voci fastidiose. Brusio di sottofondo. Chiacchiericcio molesto. Alle illazioni Maignan ha risposto sui social network, parlando di “fede, lavoro e vittorie” come le sue uniche droghe. Perché questa affermazione? È stato come fare un gesto semplice con la mano per sgombrare il tavolo da tante, troppe frasi dette sul suo conto. A tenerlo lontano dai campi è stato un brutto infortunio. Chi ha pensato altro lo ha fatto solo in malafede. Maignan è tornato, il Milan ha bisogno anche di lui per un prosieguo di stagione da affrontare pancia a terra e col coltello tra i denti.
La vita l’è bela, c’è Maignan nella porta
“E la vita, la vita” è la canzone che il Milan ha scelto per coronare il riscaldamento pre-partita a San Siro. Da sempre i tifosi alzano i decibel cantando un coro sulle note di Cochi e Renato che fa: “E la vita l’è bela, l’è bela / Basta avere l’ombrela, l’ombrela / Ti ripara la testa / Segna Sheva di testa“. Alle reti dell’attaccante ucraino che ha segnato la giovinezza di molti cuori rossoneri, da tempo si è aggiunta una seconda strofa. “E la vita, la vita / E la vita l’è strana, l’è strana / Basta una persona, persona / Che si monta la testa / Però a noi non importa / c’è Maignan nella porta“. Per ogni tifoso, i giocatori della propria squadra dovrebbero essere orgogliosi di indossare la maglia che porta quei colori. Per noi del Milan, da qualche tempo, si è aggiunto un punto in più. Anche noi siamo orgogliosi di avere Maignan che veste i nostri colori.