Perché leggere questo articolo: la critica del Pd alla manovra espressa dal suo responsabile economia, Antonio Misiani, la unisce alle politiche europee e alla loro gestione da parte del governo Meloni.
Antonio Misiani, senatore del Partito Democratico, viceministro dell’Economia e delle Finanze ai tempi del governo Conte II e oggi responsabile economico del partito guidato da Elly Schlein, boccia la manovra del governo Meloni, definita “iniqua e inefficace”.
True-News lo ha contattato partendo da una richiesta di chiarimento su una norma contenuta nella Manovra, quella all’articolo 85 della Legge di Bilancio che prevede la possibilità per diversi esercizi commerciali di convenzionarsi per consentire il prelievo via Pos di cifre fino a 250 euro. “Parliamo di una norma limitata ai piccoli comuni delle aree interne, quelli più colpiti dalla desertificazione bancaria. Ha un impatto assolutamente secondario nell’economia complessiva della legge di bilancio”, ci dice Misiani. “Il vero problema sta nell’insieme della Manovra, che è iniqua e inefficace, oltre che caratterizzata da una grande fragilità”.
Misiani sulla manovra: “Il nostro giudizio è molto negativo”
Senatore, come mai giudica così la Legge di Bilancio?
“La manovra è finanziata per quasi due terzi in deficit, si basa su previsioni di crescita sovrastimate e su un obiettivo di privatizzazioni irrealistico. Il grosso delle misure, a partire da quelle riguardanti il cuneo e l’Irpef, valgono solo per il 2024, l’anno in cui si vota per il Parlamento europeo. Per gli anni successivi, zero. Di fatto, è una pesantissima ipoteca sul futuro”.
Sul fronte dei servizi, invece?
“Il nostro giudizio è molto negativo, a partire dalla Sanità. Siamo molto al di sotto sia rispetto alle richieste del Ministero della Salute che delle Regioni, quasi tutte governate dal centrodestra e non sospettabili di vicinanza con l’opposizione. La quota di spesa sanitaria sul totale del Pil, a conti fatti, diminuirà. E non finisce qui. In manovra per il triennio 2024-2026 non c’è nulla sulla politica per la casa e nulla per il trasporto pubblico locale. Ci sono misure spot per la famiglia e una stretta sulle pensioni che non si vedeva dai tempi della riforma Fornero, tanto che ad esempio si tagliano le pensioni di oltre 700mila dipendenti pubblici, un fatto estremamente grave. Inoltre, si aumentano le tasse in diversi settori e si colpiscono addirittura i prodotti per l’infanzia, i passeggini, gli assorbenti. Tutto questo in controtendenza con la retorica di una destra che si dichiarava vicina alle famiglie e pronta a abbassare la pressione fiscale”
Il nodo privatizzazioni in manovra
In precedenza parlava di obiettivi eccessivamente ambiziosi di privatizzazioni. In che senso sono tali?
“Nei prossimi tre anni il governo prevede oltre 20 miliardi di privatizzazioni. È un valore annuo triplo di quello realizzato mediamente negli ultimi dieci anni. Se non riusciranno a fare queste dismissioni, pari complessivamente a un punto di Pil, salterà l’obiettivo di ridurre dal 140,2% al 139,6% in tre anni il rapporto debito/Pil. Se invece si faranno, si indebolirà molto il ruolo dello Stato per le politiche industriali. Tutto questo, nel contesto di una manovra ampiamente carente sul fronte della spinta per gli investimenti e la crescita”.
Il nodo degli investimenti ci riconduce al dossier Pnrr. Prescindendo dalla manovra, quale visione ha il Pd dell’attuale gestione?
“Il nodo PNRR è delicato e complicato, parliamo di una grande occasione per l’Italia che col governo Meloni rischia di saltare. L’esecutivo ha per ora creato solo incertezza: hanno perso mesi e mesi nella procedura di riscrittura del Pnrr e alla fine hanno proposto di definanziare 16 miliardi di euro di investimenti, quasi tutti di competenza degli enti locali, lasciando i soggetti attuatori in mezzo al guado. Il risultato è che l’attuazione del Piano sta rallentando, la terza rata è arrivata con sette mesi di ritardo, mentre la quarta si è persa nella nebbia…”
La partita europea
Nel frattempo, sul fronte dei rapporti Italia-Europa, si avvicina l’ora della verità su due dossier: riforma del Mes e Patto di Stabilità…
“Sulla revisione del trattato Mes l’Italia è ad oggi l’unico Paese che non ha ancora proceduto alla ratifica in Parlamento. Spero che il governo abbandoni le sue pregiudiziali ideologiche e approvi il trattato, che dota l’Europa di uno strumento fondamentale per rispondere alle crisi bancarie. Lo stiamo chiedendo da mesi, speriamo che si arrivi presto alla meta. Invece sul Patto di Stabilità c’è un delicato negoziato in corso, sarebbe una sciagura il ritorno alle regole pre-Covid e bisogna trovare un punto di equilibrio più avanzato tra stabilità dei conti pubblici e crescita economica e sociale. La proposta della Commissione Europea è un buon punto di partenza che può e deve essere migliorato. Ci auguriamo che il governo riesca a costruire in Europa le alleanze giuste per raggiungere questo obiettivo”.
Infine tra pochi mesi ci sono le elezioni europee. Come commenta l’ipotesi di una svolta a destra come quella sognata da Meloni e alleati?
“La svolta a destra dell’Europa che la Meloni auspica sarebbe estremamente pericolosa per il futuro dell’integrazione europea. La partita mi sembra apertissima: guardando agli ultimi voti: in Spagna Pedro Sanchez è in pole per essere confermato al governo, mentre Vox, il partito alleato di Meloni, è uscito male dalle elezioni. In Polonia la coalizione dei partiti europeisti ha sconfitto i sovranisti di destra di cui la nostra premier è stretto partner. Nulla è deciso in partenza”.