Perché questo articolo potrebbe interessarti? Due cantanti italiani, Marco Masini e Mia Martini, hanno dovuto fare i conti con la fama di porta jella che gli era stata attribuita. Abbiamo riconosciuto di dovere delle scuse (in un caso, assai tardive). Perché con i politici non mostriamo la stessa “clemenza”? Non è solo questione di due pesi e due misure.
Cosa mai può legare Marco Masini (che oggi, 18 settembre, compie gli anni) e Mia Martini a Matteo Salvini e Piero Fassino? Non certo le capacità canore e, ancor meno, la passione politica. Ad accomunare i quattro nomi è la fama, alla quale nessuno dei quattro aspirava o aspira, a essere – o essere stati additati – come persone da evitare perché porta sfortuna. Negli ambienti musicali, Masini, e prima di lui Mia Martini, hanno dovuto per un lungo periodo vivere ai margini, perché la fama di menagrami, in un paese dove la scaramanzia è sentimento assai diffuso, una volta incollata, è difficile scrollarsela di dosso.
Così nacque la diceria di porta sfortuna per Masini
Alcuni hanno ipotizzato che forse anche la decisione di farla finita, per “Mimì”, arrivò al termine di un percorso di depressione cominciato proprio con l’esilio che l’ambiente discografico ne aveva decretato in base a una credenza che non aveva alcun fondamento, né poteva mai averne. Erano anni in cui non c’erano i social, che oggi accelerano la diffusione di alcune dicerie, ma le cattive lingue hanno sempre trovato il modo, in ogni epoca, di viaggiare spedite e rovinare la vita alle persone.
Marco Masini divenne da evitare al pari di un gatto nero che attraversa la strada a un superstizioso perché le sue canzoni erano considerate tristi già dai titoli: Vaffanculo, Bella stronza, Disperato. E poi alcuni versi (Ci vorrebbe il mare per andare a fondo…), sicuramente non lo aiutavano. Quella che sembrò essere la pietra trombale sulla sua carriera fu la decisione di un suo giovane fan di farla finita, citando proprio le parole di Masini. Che per anni ha dovuto anche fare i conti con qualcuno che incrociandolo, faceva gesti scaramantici come toccarsi. Il momento più buio, ha raccontato il cantante fiorentino, è stato nel 2001, quando al suo manager, arrivò una lettera con scritto “La canzone di Marco è molto bella ma il suo artista emana energie negative“.
Prima di Masini era toccato a Mimì
Stessa sorte di Masini era capitata, forse con modalità ancora peggiori, a Mia Martini. Su di lei la diceria nacque dopo un concerto in Sicilia. L’esibizione finì tardi e la Martini aveva detto ai componenti della band che l’accompagnava di dormire nell’albergo pagato da lei, e di non far ritorno a casa. Consiglio non ascoltato: i ragazzi viaggiarono di notte ma ebbero un incidente, ci furono dei morti e i giornali cominciarono a pubblicare foto degli spartiti della Martini insanguinati, alludendo al fatto che fosse stata lei a non aver voluto pagare l’hotel.
Così la voce “Mia Martini porta jella” cominciò a girare negli ambienti dello spettacolo. Tanto che nel nel 1973, alla mostra della canzone, quando l’hotel dove alloggiava Mia Martini prese fuoco, molti lo collegarono alla sua presenza. Persino Gianni Boncompagni, che era suo amico, dovendola ospitarla in un suo programma, disse alla sua troupe di fare attenzione, in quanto poteva succedere di tutto, poteva esserci un blackout, potevano saltare i microfoni.
Salvini e Fassino, sono in politica gli eredi di Masini
Oggi, in epoca di politicamente corretto, tutti stigmatizzano quell’atteggiamento che molti ebbero nei confronti di Mia Martini e di Marco Masini. L’etichetta di jettatore rimane viva, invece, nei confronti di Salvini e Fassino.
La batosta rimediata dal Milan nel derby con l’Inter (5 a 0) ha avuto come “testimonial”, suo malgrado, il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini, fotografato allo stadio di San Siro con addosso la maglia rossonera. Purtroppo per il leader della Lega, negli ultimi tempi, a livello di tifo – sia che si tratti di Nazionale, sia che si tratti di Milan – i suoi auguri e il suo “in bocca al lupo” non hanno prodotto un risultato positivo per le squadre in campo. Di qui una fama di porta sfiga che si va man mano consolidando.
Il Nostradamus al contrario della Mole
Piero Fassino, intanto, è diventato una sorta di Nostradamus della Mole, che non azzecca però una sola previsione. Tutte le sue profezie si sono rivelate, ma al contrario. Fassino, parlamentare dem, ha però un cursus honorum più lungo del collega leghista.
“L’Ulivo darà una mano a Ségolène Royal”, annunciò dopo il primo turno delle presidenziali in Francia nel 2007. La candidata del partito socialista, due settimane dopo, perse contro Nicolas Sarkozy. “Se Grillo vuol far politica, fondi un partito e vediamo quanti voti prende”, attaccò Fassino nel 2009. Grillo fondò i 5 Stelle e alla prima occasione, le Politiche del 2013, prese milioni di voti. Nel 2016 Fassino si ricandida a sindaco di Torino e lancia la sfida: “Se Chiara Appendino vuol fare il sindaco, si candidi e vediamo chi la vota” :la candidata M5S verrà eletta al suo posto. “Non prevedo l’invasione dell’Ucraina”, altra profezia dispenata da Fassino poco prima che l’esercito di Putin entrasse nei confini ucraini. Oggi ogni sua dichiarazione ormai è seguita sui social da commenti del tipo “tocchiamo ferro” e “addio”.
Due pesi e due misure?
Ci sono, quindi, due pesi e due misure tra artisti accusati di portare sfortuna e politici a cui è toccata la stessa sorte? Apparentemente sì. Perché una differenza esiste. Se ai primi l’etichetta è stata appiccicata dalle malelingue, i politici quella immagine un po’ hanno contribuito a crearla. E, imperterriti, continuano a coltivarla.