Perché leggere questo articolo: Aldo Giannuli spiega cosa significa la firma di Mattarella sul Ddl sul premierato. Non un avallo politico, ma un atto tecnico.
“Il fatto che Sergio Mattarella abbia firmato il disegno di legge sulla riforma costituzionale non è da confondere come un avallo del Quirinale alla riforma di Giorgia Meloni”: Aldo Giannuli vuole chiarire il tema del dibattito sul ruolo del Colle nella riforma costituzionale. “Non bisogna confondere la firma con il sostegno alla riforma”, ammonisce lo storico e politologo, a lungo docente di Storia del Mondo Contemporaneo all’Università degli Studi di Milano.
Giannuli: “Mattarella dà la palla al Parlamento”
Giannuli ricorda che nel processo legislativo italiano il ruolo del Quirinale oggigiorno prevede un intervento diretto di rinvio delle leggi solo dopo “l’approvazione delle Camere. In questo caso la firma di Mattarella significa solo che il Presidente della Repubblica ha avallato l’idea che sulla riforma costituzionale parta l’iter parlamentare” destinato a concludersi o con i voti di Camera e Senato o col referendum non prima del 2025. “Il nodo dell’intervento del Colle”, ricorda Giannuli, “è in questa fase preliminare più sulla forma che sulla sostanza”. Cosa fa Mattarella? “Dà la palla al Parlamento. La sede più importante dell’intervento di verifica del Colle è nella possibilità di rinvio di una legge alle Camere dopo la loro approvazione”, non la firma per l’avvio del dibattito che “si concentra solo sull’attinenza della forma al processo legislativo”.
Né a destra né a sinistra “bisogna leggere politicamente questa manovra. Sarebbe una grave distorsione dell’immagine costituzionale della presidenza Mattarella” che, lo ricorda il docente ex Statale, “ha sempre preferito forme più indirette di persuasione”. Dai moniti alla moral suasion, Mattarella “è stato un presidente che non ha mancato di far sentire la sua voce” quando necessario. Quando “il capo dello Stato ha ravvisato potenziali problematiche nei precedenti di una legge ha più volte tenuto a motivare la decisione di promulgare una legge” accompagnandola con una comunicazione formale. Un esempio? I moniti di Mattarella a evitare decreti “omnibus” che univano discipline molto diverse tra di loro nella loro approvazione.
“Riforma pasticciata e non organica”
“Serve riscoprire l’Abc della grammatica costituzionale“, ricorda Giannuli, invitando politica e stampa alla chiarezza sul tema. Il politologo invita in ogni caso ad aprire, sulla riforma, una vera “riflessione politica. Altre riforme mi hanno visto duramente contrario, penso a quella del governo Renzi o alla riforma sul taglio dei parlamentari. Questa riforma, invece, sicuramente non mi piace nel merito. Ma la prima critica che posso fargli”, sottolinea Giannuli, “è il suo essere pasticciata e non organica”, in quanto “difficilmente in grado di rispondere davvero al nodo governabilità”.
Quel che emerge da questo processo “sembra essere la smania che ha ogni nuovo leader, da Renzi a Meloni, di mettere la firma su una riforma costituzionale promulgata nella fase di maggior consenso e popolarità” e che spesso finisce “sottoposta a referendum quando la luna di miele è finita da tempo”. Così è stato con la riforma di Berlusconi nel 2006, con quella di Renzi nel 2016 e, secondo Giannuli, “Meloni può incontrare lo stesso esito”. Ma da qui al momento della verità passerà del tempo. Si andrà oltre le elezioni europee, sicuramente al 2025: “difficile prevedere come saranno gli assetti politici a quel tempo”, dice Giannuli. Specie in un’Italia dove un anno può equivalere a un’era geologica nel sistema politico.