Perché leggere questo articolo? In questi giorni migliaia di studenti italiani stanno sostenendo l’esame di maturità. Nella prima prova ci sono state molte tracce di attualità storica. Secondo una ricerca però, la maggior parte dei programmi scolastici sono incompleti. Ne parliamo con due esperti di storia contemporanea, Marco De Nicolò e Giulia Albanese.
Nella giornata di ieri, 21 giugno, gli studenti hanno affrontato la prima prova di maturità. Tante le tracce che hanno toccato personaggi e temi storici: ‘L’idea di nazione’, con un testo tratto da Federico Chabod; il libro ’10 cose che ho imparato’, l’ultima opera-testamento di Piero Angela e un brano di Oriana Fallaci tratto da ‘Intervista con la storia’ del 1974. Tutti argomenti che richiedono una certa conoscenza dell’attualità che però tre quarti dei maturandi non possiede. A dirlo è un’indagine condotta da Skuola.net su un campione di mille maturandi e dalla quale emerge come solo il 26% dei ragazzi abbia affrontato in classe gli eventi più recenti del Novecento. Grandi penalizzate la storia e la letteratura.
“Tracce ostiche per chi non conosce la storia”
“Le pagine di Chabod saranno state una traccia ostica per gli studenti che non hanno avuto modo di seguire un corso completo di storia”, ci spiega Marco De Nicolò, professore ordinario di storia contemporanea e di storia dei partiti politici presso l’università degli studi di Cassino (Frosinone). “Lo stesso per ‘Intervista con la storia’ di Fallaci che richiederebbe una certa contestualizzazione del periodo in cui la giornalista ha intervistato i grandi di allora. La traccia su Piero Angela invece può essere stata più abbordabile”.
Una previsione confermata dalle scelte degli studenti: Federico Chabod è stato scelto solo dal 4% di loro, mentre sul brano di Oriana Fallaci si è cimentato il 9,8%. Effettivamente si è rivelato molto più accessibile Piero Angela, scelto dal 23,3% dei candidati. Eventi troppo recenti, almeno per il 47% dei maturandi che, secondo l’indagine di Skuola.net, non conosce gli avvenimenti successivi alla seconda guerra mondiale. Una “conseguenza immediata e inquietante di far vivere la storia come un mondo del passato che non ha legami con il presente”, commenta De Nicolò.
Esiste un problema nelle scuole: il tempo
Per capire i motivi di programmi scolastici incompleti, secondo Giulia Albanese, storica italiana e docente presso l’università di Padova, dovremmo puntare il dito contro il tempo dedicato a questa materia. “Spiegare e affrontare in maniera comprensibile e articolata un periodo di tempo lungo e così fondamentale per la comprensione del mondo attuale richiede una quantità di ore che non sono gestibili, tanto più da quando gli insegnanti non si possono limitare, correttamente, ad affrontare l’analisi della storia d’Italia ma devono dare delle chiavi di accesso e comprensione anche dell’Europa e del mondo”.
Docenti rimasti “indietro con i tempi”
Oltre alle poche ore dedicate alla storia, secondo Albanese c’è da tener presente che “la maggior parte dei docenti è stata formata in una scuola e in un’università in cui la storia si fermava, quando andava bene, alla seconda guerra mondiale e salvo interessi specifici e passioni del docente, si rischia di non avere le chiavi interpretative solide che richiedono non solo il sapere qualcosa, ma il poterlo insegnare agli altri”.
La storia piace agli adulti
Un altro aspetto riguarda i giovani. Solo il 22% degli studenti, secondo l’indagine di Skuola.net, decide di informarsi in autonomia su quanto non trattato in aula. In passato era più facile trovarsi a parlare di storia, specie in famiglia perché, secondo Marco De Nicolò “eravamo una generazione più coinvolta nel dibattito politico. Si leggevano giornali e questo aiutava ad alimentare un interesse non superficiale, a farsi domande che, spesso, venivano indirizzate in senso storico. Il mio interesse per la storia, ad esempio, nasce nell’infanzia, con i racconti di mia madre, soprattutto sul periodo di guerra e poi, dai 16-17 anni in poi, con l’impegno politico”.
Secondo l’esperienza di De Nicolò oggi il pubblico interessato alla storia è in maggioranza più adulto: “Ho visto molti giovani coinvolti in diverse occasioni di manifestazioni pubbliche di storia, sia come organizzatori di interventi pubblici, sia come fruitori. Prevale però sempre la presenza di un’età più adulta. La richiesta di storia c’è. Bisogna migliorare la risposta”.
Una possibile soluzione: “storia come spazio autonomo”
Una soluzione per affrontare anche la storia contemporanea esisterebbe. Secondo Marco De Nicolò: “La disciplina dovrebbe avere un suo spazio autonomo oltre a un irrobustimento delle ore a disposizione. Con la riforma Berlinguer, nata prima del nuovo secolo, si è disposto l’insegnamento del Novecento all’ultimo anno di corso. Siamo a un quarto del secolo successivo e ancora non si riesce ad andare, nei programmi svolti, oltre la seconda guerra mondiale. È necessario un ripensamento dei cicli, degli orari, della distribuzione temporale dell’insegnamento per le varie classi d’età, evitando eccessive ripetizioni”.
Questo perché “la conoscenza storica offre la possibilità di dare profondità temporale a ciò che avviene quotidianamente. In un’epoca in cui si è affermata una comunicazione che non appare particolarmente vocata ad affrontare la complessità, la storia è un grande antidoto al veleno della superficialità”.
Berlusconi è già storia contemporanea, in futuro forse si studierà anche la Covid
Si conviene che la storia contemporanea inizi con la Rivoluzione francese di fine 1700 e che, dopo 234 anni, non sia ancora terminata. Per questo motivo secondo i due esperti possiamo considerare Silvio Berlusconi un personaggio della contemporaneità: “Ho un corso di storia dei partiti politici”, dice Marco De Nicolò e prosegue: “Quando supero lo scoglio della fine dei partiti storici della Repubblica, come faccio a non trattare la nascita di Forza Italia, la tipologia di partito, le alleanze e soprattutto il suo leader? Naturalmente gli eventi e i personaggi più vicini a noi nel tempo sono più difficili da trattare”. Questo perché “il docente deve fare sempre uno sforzo che è proprio del suo mestiere e cioè mantenere, nella trattazione, il “distacco storico”.
Tra gli eventi più recenti che potremmo trovare sui libri di storia in futuro ci sarebbe anche la Covid che, secondo Giulia Albanese, potrebbe avere un grosso peso storico: “Credo che la caduta del muro di Berlino rappresenti un momento fondamentale di cesura storica, ma non è detto che la crisi del 2008 e la Covid non rappresenteranno, tra qualche anno e a posteriori, dei tornanti significativi. Bisogna aspettare un po’ di tempo credo per verificare l’effettivo peso nel più lungo periodo di questi passaggi”, conclude.