Perché leggere questo articolo: Nel braccio di ferro interno a Mediaset naufraga Andrea Giambruno. E Meloni lo scarica. Ma come sono i rapporti tra governo e Biscione?
Mediaset ha segnato un crocevia personale decisivo per Giorgia Meloni? Non entriamo nel merito della separazione tra la premier e l’ex first gentleman Andrea Giambruno, conduttore Mediaset pizzicato in fuorionda espliciti da Striscia La Notizia, ma sottolineiamo il fatto che l’incidente può sicuramente cambiare i rapporti tra l’esecutivo e il Biscione, emittente “governista” a targhe alterne. Ergo tra Meloni e la famiglia Berlusconi orfana del Cavaliere. “Garante” con una fidejussione da 90-100 milioni di euro dell’attività politica di Forza Italia.
Schiaffo o assist? Nel dubbio, un avvertimento da Mediaset a Meloni
Le letture del caso Giambruno e delle sue conseguenze dirompenti date finora sono state essenzialmente due. La prima è quella del “colpo” alle spalle che avrebbe, per una vendetta interna a Mediaset, scoperchiato la slavina. E andrebbe letta, dunque, come una sorpresa per Meloni, data da Repubblica come frastornata per la rivelazione pubblica delle presunte tresche di Giambruno e per le conseguenze internazionali d’immagine della crisi.
L’altra lettura è quella data da Paolo Madron sul suo profilo Twitter: “Siamo sicuri che lo sputtanamento di Giambruno sia fatto da Mediaset, quindi da Marina e Piersilvio [Berlusconi, ndr], contro la Meloni o non invece con la Meloni?”, ha sottolineato il giornalista. Questa chiave di lettura vede l’ipotesi dell’uscita “controllata” di Meloni dalla relazione con Giambruno, da settimane figura scomoda che aveva rifiutato la condotta di diverse sue colleghe giornaliste ai tempi della massima pubblica esposizione dei consorti. I ben informati ricordano che Barbara Palombelli si astenne a lungo dalla politica nei momenti di massima attività del marito Francesco Rutelli; stesso discorso per la cronista politica del Corriere della Sera Gianna Fregonara, moglie dell’ex premier Enrico Letta.
Le esternazioni del gaffeur Giambruno nei mesi scorsi, quale che sia la verità, avevano già creato grattacapi a Meloni. E in qualunque modo siano uscite le rivelazioni, è chiaro che l’episodio mostri un dato di fatto fondamentale: “Io sono Giorgia” deve tenere conto dell’impero dei Berlusconi, Mediaset in testa. I cui destini si intrecciano attivamente con quelli del governo.
Mediolanum e Vivendi, gli occhi dei Berlusconi sulle politiche di Meloni
Essenzialmente Marina e Piersilvio Berlusconi, quest’ultimo nella carica di amministratore delegato di Mediaset, possono usare come asset il loro impero mediatico per creare, nel sistema del centrodestra, un contropotere all’arrembante galassia meloniana. Il motivo è condizionare l’agenda dell’esecutivo su almeno due fronti.
Nel breve periodo, i Berlusconi vogliono che Meloni non espanda la tassa sugli extraprofitti bancari che ritengono possa colpire Mediolanum, banca tra le più attive del Paese e ritenuta tra gli asset più amati dal padre Silvio. All’assemblea di Confindustria, a settembre, Marina Berlusconi ha attaccato la misura sottolineando che “la norma solleva diversi dubbi, compresi quelli costituzionali, e potrebbe rendere l’Italia meno attraente per gli investimenti”, prefigurando future manovre di Forza Italia per annacquarla.
La vera partita però riguarda il Biscione stesso. Il tema ha a che fare con la triangolazione tra governo italiano, fondo americano Kkr e Telecom-Tim. L’alleanza tra l’esecutivo e gli americani di Kkr può portare all’uscita dei francesi di Vivendi dall’operatore nazionale di telecomunicazioni. Ma una valutazione attorno ai 20 miliardi di euro per Tim e le sue infrastrutture darebbe mano libera a Bolloré, astuto finanziere corsaro a lungo scontratosi con Silvio Berlusconi, per scalare Mediaset e completare il sogno di una “conglomerata latina dei media” estesa tra Franca, Italia e Spagna. Realizzando, con cuore francese, l’antico sogno del defunto Cavaliere.
Fumo negli occhi per gli eredi dell’ex premier. Fininvest ad oggi controlla il 49,68% di Media for Europe, l’azienda olandese che gestisce Mediaset. Poco più del 4,5% è in mano a Vivendi, azienda che con il capitale da Tim potrebbe iniziare a scalare la prima conglomerata privata dei media televisivi partendo dal 26% del capitale rastrellabile in Borsa.
Il nodo golden power: perché Mediaset non può fare guerra a Meloni
L’ipotesi della guerra aperta a Meloni da parte di Mediaset/Fininvest è annacquata dalla necessità dell’azienda di saper esercitare pressione senza mai uscire dal solco dell’attenzione del premier. La quale è l’unica figura che in caso di scalata attiva di Vivendi a Mediaset potrebbe esercitare quel golden power capace di mantenere in mano ai Berlusconi la più importante creazione del Cavaliere. Magari ottenendo in contropartita un via libera di Mediaset a un ruolo primario della Rai, su cui nell’estate 2024 il governo farà le nomine, nel dossier dell’integrazione tra Rai Way e Ei Towers per le comunicazioni. In cui Viale Mazzini e il Biscione sono chiamati a collaborare.
Bastone e carota
Dall’andamento della programmazione Mediaset nei prossimi mesi si capirà quanto di questo confronto andrà nella direzione di una crescente pressione e quanto verso un accordo. E si farà chiarezza sul vero ruolo dell’affaire Giambruno, che in casa Mediaset appare una pedina sacrificabile, in nome della sua hybris, al più grande disegno dei rapporti tra la famiglia Berlusconi e Meloni.
Del resto, Mediaset adotta la strategia del bastone e della carota. Al terzetto di conduttori meloniani “duri e puri” formato da Nicola Porro, Mario Giordano e Paolo Del Debbio gli innesti di figure come Myrta Merlino e Bianca Berlinguer, e di ospiti critici delle linee dell’esecutivo come Alessandro Orsini sugli esteri, mostrano una volontà di soppesare amicizia e distanza. Un atteggiamento che se si amplierà, dopo la manovra, la dialettica nella maggioranza può contagiare anche una Forza Italia “sussidiata” attivamente dai fondi della famiglia Berlusconi. E che nei rapporti industriali sull’asse Mediaset-Mediolanum plasma la complessa relazione a cavallo tra pubblico e privato attorno cui ruotano le posizioni della destra italiana. A prescindere da Giambruno.