Home Politics Meloni, si fa presto a dire “rimpasto”

Meloni, si fa presto a dire “rimpasto”

Meloni alle grandi manovre in Europa tra Orban, nomine e Pnrr

Perché questo articolo potrebbe interessarti? La premier è attratta dalla possibilità di un rimpasto, ma i margini di movimento sono stretti: o procede con singole sostituzioni di ministri dimissionari oppure deve salire al Colle per un nuovo incarico. Un’eventualità, quest’ultima, non molto gradita alla stessa leader di Fratelli d’Italia.

Rimpasto è la parola che più si sta facendo strada tra i corridoi di Palazzo Chigi. Il caso Boccia – Sangiuliano, in quel di Piazza Colonna, ha lasciato una scia più lunga del previsto e che sta ancora oggi generando i suoi effetti. A partire dai dubbi dello stesso presidente del consiglio, Giorgia Meloni, sull’opportunità di continuare con l’attuale squadra di governo. Alcuni nomi, come quello dell’ex cognato e attuale ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, non avrebbero più il gradimento della premier. Indiscrezioni in tal senso sono apparse giorni addietro su IlFatto. C’è poi Raffaele Fitto, titolare degli Affari Europei, con le valigie pronte per andare a Bruxelles dove farà parte della commissione Ue. Inoltre, i casi giudiziari legati a Santanché e Salvini non fanno dormire sonni tranquilli. In poche parole, se Meloni vuole cambiare la squadra di governo questo è il momento apparentemente più propizio.

Ma cos’è un rimpasto?

Ma perché si parla proprio di rimpasto? Questo termine sottintende una rivisitazione di nomine e incarichi all’interno dell’esecutivo, senza però passare dal Quirinale per avere un nuovo incarico. Meloni cioè vorrebbe cambiare squadra ma senza vedere, nei futuri annali di Palazzo Chigi, dei numeri romani accanto al suo nome: niente cioè Meloni II o Meloni III, la leader di Fratelli d’Italia ha come obiettivo quello di arrivare a fine legislatura con il governo più longevo della storia repubblicana. Un vero e proprio cruccio della premier, un modo per dimostrare di essere riuscita a garantire una stabilità mai vista prima.

Il rimpasto si può fare?

La domanda sorge però spontanea: tecnicamente, il rimpasto è possibile farlo? Per la verità, il termine non è inserito in alcun articolo della Costituzione. La Carta non lo prevede, ma non lo vieta. Il motivo per cui non si parla ufficialmente di rimpasto è legato alla concezione stessa della figura del presidente del consiglio.

Il numero uno dell’esecutivo infatti è, in primo luogo, un coordinatore delle attività e della linea politica del consiglio dei ministri. Non può quindi nominare i ministri (questo compito spetta al presidente della Repubblica), né può pretendere le loro dimissioni. In Italia, sono i sindaci e i presidenti di regione ad avere questa facoltà, essendo a capo di amministrazioni basate sul modello “presidenziale”. Non di rado il termine rimpasto è infatti affibbiato alle giunte comunali o regionali.

Ma a livello nazionale la situazione è diversa. Se il presidente del consiglio sottopone al presidente della Repubblica la nomina di nuovi ministri nel bel mezzo di una legislatura, il capo dello Stato potrebbe anche chiedere una verifica di maggioranza. Come capitato al governo Berlusconi IV nel 2011, con Napolitano che ha voluto vederci chiaro dopo la nomina da parte del cavaliere di nove nuovi sottosegretari a seguito della ricomposizione della maggioranza.

Cosa può fare oggi Meloni

Un rimpasto di proprio pugno dunque, deciso sulla propria volontà di ritoccare in corsa una parte della propria squadra, il presidente del consiglio non può farlo. Nel 2011, alla fine Berlusconi ha evitato il passaggio parlamentare ma in quel caso si trattava comunque di un rimescolamento delle carte che riguardava più i sottosegretari che i ministri.

Nel 2016 un discorso analogo è avvenuto con il governo Renzi, a seguito dell’ingresso in squadra di sette sottosegretari e di un nuovo ministro. Al Colle c’era già Mattarella, il quale però non ha chiesto verifiche per via di un recente voto di fiducia al Senato a favore dell’esecutivo. Un altro importante precedente riguarda ancora Silvio Berlusconi e risale al 2005.

Nell’aprile di quell’anno, con il centrodestra ampiamente sconfitto alle regionali, la maggioranza è entrata in subbuglio. Si è parlato anche in quel caso di rimpasto e di necessità di modificare l’assetto del governo. Il rimpasto si è poi effettivamente effettuato, ma il cavaliere ha dovuto prima fare un passaggio al Colle, dove ha rassegnato formali dimissioni. Poi, grazie all’ampia maggioranza parlamentare, Berlusconi non ha avuto difficoltà la settimana dopo a ripresentarsi dall’allora presidente Ciampi per ottenere il nuovo incarico.

Sono quindi queste le strade che Giorgia Meloni potrebbe prendere: singole sostituzioni chirurgiche, indolore come quella che ha riguardato la sostituzione del ministro Sangiuliano con Giuli, oppure andare al Quirinale con una nuova lista di ministri e ottenere quindi un nuovo incarico.

Cosa accadrà nelle prossime settimane

Ma, come detto prima, Meloni vorrebbe evitare una crisi di governo seppur pilotata e orientata a riassegnarle un nuovo incarico. Come coniugare allora le sue velleità di rimodulare il governo con la possibilità di evitare la salita al Quirinale? Probabilmente è questa la domanda delle domande in queste ore a Palazzo Chigi. È probabile che il tanto agognato rimpasto alla fine si tramuterà in singoli avvicendamenti tra alcuni ministri con le valigie pronte. Sostituzioni con le quali però, volta per volta, la leader di Fratelli d’Italia proverà a ridisegnare gli equilibri della maggioranza in viste dei prossimi delicati mesi.