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I fastidi di Meloni e le conseguenze della strage di Cutro sul governo

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Perché potrebbe interessarti questo articolo? La tragedia di Cutro ha causato effetti politici pesanti anche nel rapporto tra governo Meloni e opposizioni. La posizione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, potrebbe non essere molto salda. Le indiscrezioni parlano di una presidente del Consiglio infastidita rispetto a quanto sta accadendo nell’esecutivo. E all’orizzonte si scorge la parola rimpasto.

Una Giorgia Meloni infastidita, non furiosa, almeno non ancora. E che sta pensando a come cambiare passo nei prossimi mesi sui vari dossier che arriveranno sul tavolo del governo. Lasciando presagire che un futuro ritocco alla compagine ministeriale non è poi così fantascientifico. Insomma, fastidio e sguardo rivolto al futuro.

Piantedosi e la tragedia di Cutro: il punto

Così viene descritto lo stato d’animo della presidente del Consiglio dopo la tragedia di Cutro e le affermazioni del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha lanciato l’appello a fermare le partenze: «Non partirei se fossi disperato», ha dichiarato. La bufera sulle sue parole, con le dimissioni chieste in coro dalle opposizione, si unisce alla necessità di fare chiarezza sui drammatici fatti accaduti tra sabato e domenica.

Sulla vicenda c’è un’inchiesta della magistratura in corso, ma gli effetti politici non attendono certo i tempi della Giustizia. «Piantedosi? Poteva usare altre parole. Capisco che di mestiere era un prefetto e non un comunicatore, però…», spiega un parlamentare del centrodestra a True-news.it, lasciando trapelare come i malumori nei confronti del titolare del Viminale. E nel corpaccione della maggioranza in molti, a microfoni spenti, non celano il disagio, a patto di non essere citati. L’ordine dall’alto è quello di cercare una strategia di difesa per Piantedosi, spostando l’attenzione «sul problema sbarchi» e non «sulle dichiarazioni».

Cosa pensa Meloni sul caso-Piantedosi

Nessuno, in realtà, mette in dubbio le capacità del ministro nemmeno off the record: «È stato un bravo prefetto», è il refrain. Ma c’è chi non sottace un altro elemento: «Solo che la responsabilità politica e istituzionale è diversa da quella tecnica». Insomma, deve imparare a gestire la situazione, anche sotto il profilo comunicativo. Il problema è che il tempo per l’apprendistato è scarso: i media vigilano, le opposizioni sono ringalluzzite dalle polemiche, così non viene concesso un rodaggio a chi occupa un incarico governativo.

A un certo punto, tra i non detti inizia ad agitarsi una domanda: «Meloni può chiedere la testa di Piantedosi?». Qui le idee sono articolate. «È infastidita da tutto questo», fa sapere un esponente del suo partito. Quale sia lo sbocco, però, non è facile da prevedere: ci sono delle implicazioni politiche da tenere in considerazione. Su tutte c’è il fatto che il ministro dell’Interno ha la protezione politica della Lega, in particolare del leader Matteo Salvini, che vede nel Viminale un interlocutore privilegiato. Ancora di più in materia di immigrazione. Insomma, con le mani libere la premier avrebbe dimissionato un ministro quantomeno incauto nell’affrontare la tragedia. Ma le alleanze richiedono un confronto diverso.

Governo: l’orizzonte del rimpasto

Allora la prospettiva, tra qualche mese, è quella di una «messa a punto del governo», è la formula usata per non far ricorso all’espressione rimpasto. «È tutto partito di corsa, una valutazione si potrà fare più avanti». Certo, l’orizzonte è quello di scavallare almeno l’estate per aggirare l’accusa di difficoltà ad andare avanti. E soprattutto la “manutenzione” non dovrebbe suonare come una bocciatura per i ministri silurati.

Un’operazione complicata. Anche perché, in linea di massima, sulla graticola ci sono quasi tutti esponenti degli alleati, insieme a Piantedosi in quota Lega c’è il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, spesso nell’occhio del ciclone, e Gilberto Pichetto Fratin di Forza Italia, che ha sollevato malcontenti per come ha condotto la trattativa in Europa sulle svolte green. Il rinvio dell’addio ai motori endotermici delle auto è comunque un risultato che gli garantisce un po’ di serenità. E su questo punto un esponente di Forza Italia avverte: «Quando si mette mano alla squadra di governo, si parte da un punto ma non si dove si arriva».