Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il premier britannico Rishi Sunak ha annunciato elezioni anticipate nel Regno Unito: nel voto ad emergere, molto probabilmente, saranno i rivali laburisti. Una pessima notizia per Giorgia Meloni, visto che Palazzo Chigi ha puntato molto sull’asse tra Roma e Londra in questi mesi. Specialmente sul fronte dell’immigrazione e degli accordi per mandare i migranti in Paesi terzi.
Un azzardo, forse gettato nell’agone politico per giocarsi il tutto per tutto, sapendo di essere tutt’altro che favorito nelle intenzioni di voto: si può sintetizzare così la scelta di Rishi Sunak, premier britannico che ha deciso di richiamare i suoi cittadini al voto con qualche mese di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato.
Nel Regno Unito le urne si apriranno il prossimo 4 luglio e i sondaggi dicono che, dopo 14 anni di regno ininterrotto dei conservatori, i rivali laburisti guidati da Kier Starmer sono pronti a riprendersi lo scettro del governo. Sunak, sapendo della probabile sconfitta, vuole giocare le sue ultime carte puntando su dati economici al momento incoraggianti per Londra. Ma forse è chiaro anche a lui di doversi preparare a un ritorno nelle fila dell’opposizione.
Si spezza l’asse più importante per Giorgia Meloni
Per Palazzo Chigi questa non è affatto una buona notizia. Il presidente del consiglio italiano, Giorgia Meloni, dal giorno del suo insediamento ha lavorato molto per creare un solido asse con Londra. O, per meglio dire, con Sunak. Perché in fondo, prima ancora di un rapporto tra capi di governo di Paesi alleati, lungo l’asse Italia – Gran Bretagna a prevalere è stato un rapporto di amicizia personale tra due capi di governo in linea su diversi argomenti.
Basti pensare alla lettera, scritta a quattro mani dai due diretti interessati, sull’immigrazione e sulla necessità di fare fronte comune contro i trafficanti di esseri umani e gli ingressi illegali nei rispettivi territori di pertinenza. Nel maggio del 2023 invece, a pochi giorni dall’incoronazione di Re Carlo, Sunak ha concesso a Giorgia Meloni il privilegio di entrare nell’abbazia dove si stavano ultimando i preparativi per la cerimonia in onore del nuovo sovrano. Un gesto, a livello umano e politico, altamente significativo.
Roma, in poche parole, ha trovato nella Londra governata dai conservatori trainati da Sunak un’alleata molto importante per la propria politica estera. Meloni ha senza dubbio messo in conto di dover prima o poi rinunciare a questo asse: anche a Palazzo Chigi sono consapevoli dei sondaggi non proprio edificanti per i conservatori e sapevano che, a prescindere delle decisioni di Sunak, il Regno Unito sarebbe stato chiamato alle urne a breve.
Non ci si aspettava probabilmente un dover salutare così in fretta un governo così vicino. Giorgia Meloni quindi, dovrà adesso prepararsi a una prematura fine di un asse così lungamente e reciprocamente coltivato.
L’asse sull’immigrazione
La vicinanza con Sunak ha dato forse input e spinta al governo italiano a portare avanti una nuova strategia sull’immigrazione. E, in particolare, a credere sul progetto di poter trasferire i migranti al di fuori sia del territorio italiano che di quello comunitario. Meloni ha infatti puntato molto sull’accordo con il governo albanese di Eddy Rama per impiantare sull’altra sponda dell’Adriatico almeno due hotspot.
Senza il precedente di Sunak, probabilmente Palazzo Chigi non avrebbe mai lavorato in questa direzione. L’uscente premier britannico ha infatti recuperato il progetto del predecessore Boris Johnson relativo alla possibilità di portare i migranti in Ruanda.
Agganciandosi ai piani di Londra, Meloni ha potuto trovare un terreno se non spianato quantomeno non impervio per portare avanti i suoi piani. E, anzi, ha potuto presentare il suo progetto come “meno estremo” rispetto a quello di Sunak: solo una parte di migranti infatti verrebbe accompagnata fuori. E non nel cuore dell’Africa e a migliaia di chilometri di distanza, ma in Albania e dunque a pochi passi da Otranto e dai confini Ue.
Che fine farà il progetto di Meloni in Albania?
Sunak non ha mancato di dare il suo apporto ai piani di Palazzo Chigi. Del resto, se per il capo dell’esecutivo italiano è stato fondamentale agganciarsi a un precedente, per il premier britannico è stato importante in patria dimostrare di non essere l’unico ad agire nella direzione di mandare i migranti fuori.
Non è un caso se ad Atreju 2023, nelle prime file, sedevano proprio sia il conservatore Sunak che il socialista Rama, il premier albanese che senza battere ciglio (e in cambio di soldi e appoggi politici per l’ingresso di Tirana nell’Ue) ha dato il proprio benestare a un progetto sostenuto da due leader di centrodestra.
Adesso però tutto potrebbe essere messo in discussione. Starmer, il leader laburista che scalda i motori in vista di un ingresso a Downing Street, ha già lasciato intendere di voler ridimensionare il piano di Sunak. E di non voler proseguire sulla strada di mandare nel cuore dell’Africa i richiedenti asilo.
Si potrebbe però pensare che, oramai, sia a Roma che a Tirana l’accordo sugli hotspot meloniani è stato raggiunto e chiuso. Tuttavia, stando a quanto dichiarato da una delegazione del Pd inviata in Albania e capitanata da Orfini, lì dove avrebbero dovuto già sorgere le strutture c’è ancora grossomodo campagna: “Gli hotspot dovevano aprire entro il 20 maggio – si legge in una nota dei rappresentanti dem – ma lì non c’è nulla, solo qualche ruspa a un paio di operai”.
Senza l’apertura delle strutture e senza più il precedente britannico a cui appellarsi, il piano dell’esecutivo Meloni rischia, nel medio periodo, di infrangersi. E questo, forse, è soltanto uno dei motivi per cui la fine anticipata dell’era Sunak a Londra potrebbe creare grattacapi in quel di Palazzo Chigi.