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Meloni piantata in asso anche da Orban

Meloni alle grandi manovre in Europa tra Orban, nomine e Pnrr

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il premier ungherese Viktor Orban ha rotto gli indugi e ha formato un nuovo gruppo europeo. iI suo obiettivo è quello di riunire quei conservatori e quei sovranisti contrari agli aiuti a Kiev e al Green Deal. Così facendo, Giorgia Meloni tra i conservatori e Marine Le Pen tra i sovranisti rischiano di rimanere isolate.

Nelle ore che hanno preceduto il suo insediamento quale presidente di turno dell’Ue, il premier ungherese Viktor Orban ha gettato nell’agone politico la sua nuova creatura europea. Si tratta del nuovo gruppo, o aspirante tale, che siederà tra i banchi di Strasburgo. Presentato a Vienna mentre a Bruxelles il tricolore ungherese veniva issato negli edifici del consiglio europeo per dare il via al semestre, il nuovo gruppo si chiamerà “Patrioti per l’Europa”.

Chi siederà al fianco di Orban

La nuova compagine vedrà al proprio interno, in primis, ovviamente il partito di Orban. Ossia Fidesz, formazione che dal 2010 guida la maggioranza in Ungheria e che nel 2021 è stata espulsa dal Partito Popolare Europeo per via della graduale virata verso destra imposta dallo stesso Orban. I dieci eurodeputati di Fidesz, saranno affiancati dai ciechi di Ano, il partito fuoriuscito dal gruppo liberale Renew e guidato dall’ex premier ceco Andrej Babis.

La presentazione del gruppo a Vienna non è stata casuale. Orban infatti si è assicurato l’appoggio anche del Fpo, lo storico partito della destra sovranista austriaca. Si tratta della formazione un tempo guidata da Hider. E fino a ieri considerata tra le colonne portati di Identità e Democrazia, il gruppo dove siedono Marine Le Pen e Matteo Salvini.

Brutte notizie per Meloni

L’annuncio di Viktor Orban non è stato certo recepito come una novità positiva da parte di Giorgia Meloni. Il presidente del consiglio per lungo tempo ha coltivato il sogno di unire la destra europea. O, almeno, la destra conservatrice. Quella cioè non così moderata per essere organica al Partito Popolare Europeo, ma nemmeno così estrema come quella di Le Pen e di Identità e Democrazia.

Per questo, nel corso degli ultimi anni, Giorgia Meloni ha provato a corteggiare politicamente Viktor Orban. Rimasto senza un gruppo europeo di riferimento dopo l’espulsione dal Ppe. Le premesse in tal senso sembravano significative. Spesso, specialmente da una certa parte della stampa del Vecchio Continente, Meloni e Orban sono stati associati e sono stati considerati alleati.

Non solo. Il premier ungherese è stato negli anni scorsi l’unico alleato in Europa del governo polacco di Morawiecki, membro del Pis e organico al gruppo Ecr, il gruppo dei conservatori europei trainato per l’appunto da Giorgia Meloni. Dunque, c’erano le condizioni per veder sorgere una destra conservatrice guidata dal capo dell’esecutivo italiano e condotta alle soglie della nuova commissione europea.

La nuova destra di Orban

Meloni e Orban sono stati associati anche di recente. Quando entrambi hanno rappresentato gli unici governi contrari alle nuove nomine decise nell’ultimo consiglio europeo. In particolare, il presidente del consiglio italiano si è astenuto sulla riconferma di Ursula Von Der Leyen e ha votato contro la nomina del nuovo presidente del consiglio europeo e del nuovo alto rappresentante della politica estera Ue.

Orban è andato contro tutte e tre le designazioni, compresa quella di Von Der Leyen. Tuttavia, alla vigilia dell’inizio del suo semestre di presidenza, il premier ungherese ha alla fine deciso di seguire un’altra strada rispetto a Giorgia Meloni. Forte dell’appoggio di Ano e Fpo, Orban ha in mente di guidare direttamente lui una nuova destra.

I partiti al suo fianco hanno in comune due elementi specifici. Da un lato, una posizione più moderata sugli aiuti all’Ucraina e le sanzioni alla Russia. Dall’altro un secco rifiuto del piano relativo al Green Deal, ossia il programma per la transizione ecologica ed energetica. Non a caso, Orban nel presentare la formazione ha parlato di tre parole chiave. “Occorre – si legge nelle sue dichiarazioni – pace, ordine e sviluppo, mentre tutto ciò che ottengono gli europei dall’attuale élite di Bruxelles è la guerra, i migranti e la stagnazione”.

Così Orban prova ad accreditarsi tra conservatori e sovranisti

Per formare un gruppo europarlamentare però, occorrono 23 deputati provenienti da almeno 7 Paesi membri. Dunque, Orban deve pescare da altri quattro Stati. Ma la ricerca non sembra così affannosa. Hanno dato la propria disponibilità i portoghesi di Chega, anche loro attualmente all’interno di Identità e Democrazia, così come i deputati slovacchi vicini al premier Fico.

Da Bruxelles, come sottolineato su EuroNews, stanno emergendo voci anche di trattative tra Orban e i sopracitati polacchi del Pis. Questi ultimi hanno già chiesto e ottenuto un rinvio delle prime riunioni di Ecr nella nuova legislatura europea, forse proprio per valutare la prosecuzione della loro alleanza con Fratelli d’Italia e gli altri partiti conservatori.

L’impressione è che, partendo da una base comune costituita da una critica all’attuale posizione europea sull’Ucraina e sulla transizione energetica, Orban voglia accreditarsi sia tra alcuni membri dei conservatori che dei sovranisti. Isolando da un lato Giorgia Meloni e, dall’altro, Marine Le Pen.

La disponibilità di Salvini

Anche perché dall’Italia è arrivata una chiara apertura della Lega. Matteo Salvini, alla notizia della presentazione del nuovo soggetto politico, ha lasciato intendere senza mezzi termini che il Carroccio è interessato: “Il gruppo di Orban mi sembra la strada giusta da seguire – si legge nelle sue dichiarazioni – occorre unire chi mette al centro lavoro, famiglia, sicurezza, futuro dei giovani e non finanza, burocrazia e austerità”.

A questo punto, occorre chiedersi quale sarà il destino di Identità e Democrazia. Ma soprattutto, i dubbi riguardano il futuro assetto dell’intera destra: la nuova destra di Orban andrà ad assorbire per intero Identità e Democrazia oppure, al contrario, darà il via a un ulteriore frazionamento in grado di disperdere le forze (e i voti) in vista dell’apertura della nuova legislatura a Strasburgo?