Perché leggere questo articolo? La breve e controversa storia del mercato tutelato mostra come di tutele verso i consumatori ce ne siano sempre meno. Ben venga togliere un sistema che non fa pagare meno, anzi.
Lunedì 27 novembre si è deciso di mettere la parola fine al mercato tutelato. O meglio, nel decreto-legge in materia di energia non è stata inserita la proroga, il che fa dunque sì che il regime verrà meno nel 2024 (il 1° gennaio per le bollette del gas, il 1° aprile per l’energia elettrica). La fine non è arrivata inaspettata, ma la notizia ha comunque scatenato un pandemonio di opposizioni, che poggiano su basi abbastanza infondate. Il primo motivo è che il mercato tutelato non conviene più. Il secondo è che sono anni che è così: la sua breve e controversa storia lo dimostra.
Il mercato che non tutela più
Il passaggio al mercato libero sarà gratuito e non prevede interventi tecnici sui contatori. Non è obbligatorio farlo in anticipo. L’ARERA – l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – ha previsto un sistema di passaggio graduale al libero mercato anche per chi non lo farà autonomamente il prossimo anno. Quindi, anche dopo la fine del mercato tutelato, i consumatori avranno delle garanzie senza che la fornitura venga interrotta. Fermo restando, e non è poco, che il mercato libero è decisamente più conveniente di quello tutelato.
Le offerte del mercato libero sono più convenienti. Il Sole 24 Ore ha spiegato come “nel 2022” – un anno insolito, però, quella della crisi dei prezzi dell’energia – “chi era a libero mercato con i prezzi fissi ha pagato meno” rispetto a chi era nel mercato tutelato. I dati dell’Arera dicono che nel 2022 gli utenti sul mercato libero hanno pagato un prezzo medio dell’energia di 282 euro al megawattora, rispetto ai 402 MWh dei clienti sul mercato tutelato. Il mercato libero prevede poi sconti, promozioni, punti fedeltà e altre opzioni legate al marketing. Inoltre, mentre i prezzi del mercato tutelato cambiano ogni tre mesi, nel mercato libero si può firmare un contratto a prezzo bloccato o indicizzato.
Breve e controversa storia del mercato tutelato
Il processo di liberalizzazione del mercato dell’energia iniziò con il cosiddetto “decreto Bersani” del 1999, che recepiva la legge europea per la creazione di un mercato unico dell’energia nell’Unione Europea. Nel 2007 il mercato dell’energia in Italia venne ufficialmente liberalizzato con la creazione di un mercato libero, in cui qualsiasi fornitore di energia può decidere di operare e in cui gli utenti possono decidere a quale venditore rivolgersi.
Il mercato tutelato venne comunque mantenuto come alternativa, per garantire un periodo di transizione la cui conclusione è stata rimandata più volte, l’ultima lo scorso anno appunto per la crisi energetica. Entro le scadenze di gennaio e aprile tutte le persone che ancora hanno un contratto di fornitura sul mercato tutelato devono scegliere un’offerta nel mercato cosiddetto libero, e quindi o cambiare fornitore o accettare una nuova offerta del proprio. Il mercato tutelato rimarrà disponibile solo per alcune categorie protette, i cosiddetti utenti vulnerabili. Persone con più di 75 anni, persone con ISEE entro gli 8.107,5 euro, persone che vivono in abitazioni di emergenza dopo eventi calamitosi, e persone con disabilità.
Il mercato tutelato e l’intermittenza della politica
Sullo sfondo anche la questione politica, se possibile ancor più intermittente delle forniture energetiche. La – ampiamente annunciata – fine del mercato tutelato ha rimescolato gli equilibri in Parlamento. Elly Schlein si è ritrovata nella stessa posizione di Matteo Salvini. Entrambi schierati per il rinnovo del mercato tutelato. Eppure tutti e due i partiti avevano votato a favore di questa misura. L’approvazione del Pnrr, durante il governo Draghi è stata votata sia da Lega che Pd. Salvini, in particolare, ha messo nei guai il governo di cui fa parte. Il Ministro per il Pnrr Fitto si è trovato a giustificarsi. “Non abbiamo scelto noi. La colpa è del governo Draghi”. L’inopportuna – dal punto di vista economico e storico – polemica di Salvini trova però la sponda di tutta l’opposizione, composta quasi in toto da partiti che facevano parte del governo Draghi. Una politica alla canna del gas.