Perché questo articolo potrebbe interessarti? Nikos Christodoulides è il vincitore delle elezioni presidenziali di Cipro. L’ex ministro degli Esteri ha avuto la meglio del diplomatico Andreas Mavrogiannis. Tanti i nodi che dovrà sciogliere il nuovo leader, dalla corruzione all’immigrazione. Ed è proprio quest’ultimo tema ad interessare particolarmente l’Italia. Come e quanto influirà sugli interessi italiani l’elezione del nuovo presidente cipriota?
Il ballottaggio delle elezioni presidenziali di Cipro ha messo di fronte una certezza e un outsider. Da una parte l’ex ministro degli Esteri Nikos Christodoulidis, un indipendente appoggiato da una serie di partiti centristi. Dall’altra il diplomatico Andreas Mavrogiannis, sostenuto invece dal partito di sinistra Akel.
Nikos Christodoulides, 49 anni ed ex ministro degli esteri, ha vinto il ballottaggio con il 52% delle preferenze, superando Mavroyiannis, che ha riconosciuto la sconfitta, congratulandosi con lo sfidante. Al primo turno Christodoulidis aveva ottenuto il 32% dei voti mentre Mavroyiannis il 29,6%.
Il vincitore dovrà adesso gestire diversi nodi spinosi, alcuni dei quali rilevanti anche per l’Italia. In primis, nell’ottica italiana, c’è ovviamente l’immigrazione, un tema particolarmente sentito anche a Cipro. Per rendersene conto basta leggere i numeri diffusi da Nicosia, secondo cui il 6% delle 915.000 persone che vivono nella parte meridionale dell’isola sono richiedenti asilo. Una cifra record in tutta l’Unione europea.
È per questo che il governo cipriota farà di tutto per limitare gli ingressi ed incrementare i rimpatri. L’Italia osserva con interesse, cercando di capire quanto e come le politiche del nuovo presidente di Cipro potranno influire sul “proprio” flusso migratorio.
Il nodo immigrazione
Lo scorso novembre, l’Italia ha sottoscritto una dichiarazione congiunta sui flussi migratori insieme a Malta, Grecia e, appunto, Cipro. Le autorità dei quattro Paesi – Paesi di “primo ingresso” in Europa per i richiedenti asilo – hanno chiesto a Bruxelles un accordo su un meccanismo di condivisione degli oneri.
Questi governi, infatti, si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo. “Non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali. Soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti”, si legge nel documento.
Nel quale, inoltre, si sottolinea il fatto che ogni Stato deve “esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera”.
Al netto della volontà di coordinarsi con gli altri partner e con l’Ue, a Cipro la situazione ha pressoché raggiunto il limite. Lo scorso dicembre Nicosia ha ricollocato in Germania 48 dei 500 richiedenti asilo promessi nell’ambito di un nuovo “meccanismo di solidarietà” dell’Ue.
Cipro, che lo scorso anno ha registrato il maggior numero di richiedenti asilo pro capite, sostiene di essere in prima linea nei flussi migratori irregolari che interessano l’Europa. Le autorità cipriote hanno dichiarato di aver rimpatriato quasi 7.000 migranti dal loro territorio nel corso del 2022.
A ottobre, più di 18.000 persone avevano presentato domanda di asilo. Si tratta di un aumento di 5.000 unità rispetto alle oltre 13.000 richieste dell’intero 2021.
Le relazioni con Ankara
C’è poi il discorso riguardante il rapporto con la Turchia. Cipro è stata divisa nel 1974, da quando Ankara ha inviato truppe conquistando una parte settentrionale dell’isola in risposta ad un colpo di stato orchestrato dall’allora giunta al potere ad Atene volto a unire il paese alla Grecia.
I colloqui di pace sono bloccati dal 2017 e tra i ciprioti crescono le preoccupazioni che la separazione possa essere formalizzata. Christodoulides intende affrontare la questione della divisione sull’isola anche a costo di adottare una linea dura. Mavrogiannis avrebbe potuto invece sostenere soluzioni alternative o di convivenza.
La partita energetica
Sul fronte energetico, Cipro gioca un ruolo chiave. Con la Russia fuori dal mercato europeo, Nicosia potrebbe sfruttare il promettente giacimento Aphrodite per incassare lauti compensi. Le compagnie americane Chevron ed Exxon, Royal Dutch Shell, French Total, Korean Kogas, Israeli Delek e molte altre hanno firmato accordi con Cipro per lo sviluppo di gas offshore. Il punto è che Ankara intende sostituire Mosca e diventare l’hub energetico prediletto dell’Europa.
Ebbene, le tensioni con tra Cipro e la Turchia influiscono sulle prospettive dei giacimenti di gas cipriota. Il Ministero degli Esteri turco ha più volte accusato Nicosia di aumentare le tensioni svolgendo unilateralmente attività di esplorazione e violando i diritti dei turco-ciprioti.
Non a caso, nel recente passato le navi da guerra turche hanno intimidito e cacciato le navi che lavoravano per conto dell’italiana Eni e della francese TotalEnergies, con l’obiettivo di far deragliare l’esplorazione del gas naturale nelle acque cipriote. Resta da capire se e quanto il terremoto che ha colpito il sud della Turchia possa in qualche modo ridimensionare le ambizioni di Recep Tayyip Erdogan.
Sponda o competitor: l’Italia osserva
Christodoulidis e Mavrogiannis avrebbero agito nella stessa direzione. Seppur con modalità e parole chiave differenti, i due candidati alla presidenza cipriota avevano intenzione di chiudere, o quanto meno limitare, il rubinetto dei richiedenti asilo. Pena: il collasso socio-economico di un Paese che già deve fronteggiare altri gravi problemi.
Su tutti: la piaga della corruzione, il processo di pace deragliato con la Turchia per la parte settentrionale di Cipro, la crisi economica determinata dall’aumento dei prezzi. Anche perché da queste parti l’inflazione ha toccato quota 10,9%, ossia il massimo degli ultimi quattro decenni. Provocando disordini industriali e un raro sciopero generale, il 26 gennaio, per le richieste di aumento salariale.
Il fresco scandalo sui passaporti in cambio di contanti ha invece colpito e affondato il governo guidato da Nicos Anastasiades, che si dimetterà dopo 10 anni al potere.
Impossibile, dunque, continuare ad accogliere richiedenti asilo in un simile contesto. Se questo è il quadro, il prossimo presidente cipriota si ritroverà di fronte a due strade. La prima: continuare a giocare di sponda con Italia, Malta e Grecia per chiedere un meccanismo più equo per condividere pesi e oneri dei flussi migratori. In tal caso, Nicosia diventerebbe un partner importante per Roma per aumentare la pressione su Bruxelles.
La seconda strada, difficile ma non impossibile, porta invece al possibile scontro con gli altri governi. Se l’Ue dovesse continuare a mostrarsi sorda alle richieste di aiuti di Cipro, ecco che la piccola isola potrebbe ragionare in totale autonomia.
In che modo? Riducendo l’arretrato delle domande pervenute, scoraggiando i richiedenti asilo e blindando le proprie frontiere. A quel punto, se le navi non potranno più attraccare nei porti ciprioti potrebbero decidere di andare oltre. Fino a raggiungere l’Italia.
Le relazioni economiche tra Italia e Cipro
A proposito di Italia e Cipro, le relazioni economiche tra i due Paesi sono emblematiche. Nel 2020 secondo l’OEC Cipro ha esportato servizi in Italia per un valore di 131 milioni di dollari, con servizi finanziari (122 milioni), altri servizi alle imprese (4,57 milioni) e trasporti (3,43 milioni) a fare da padroni.
Nello stesso anno, viceversa, l’ Italia ha esportato 775 milioni di dollari a Cipro. I principali prodotti dell’export italiano sono petrolio raffinato (114 milioni), barre di ferro grezzo (54,3 milioni) e altre forniture (28,8 milioni). Negli ultimi 25 anni le esportazioni dall’Italia a Cipro sono aumentate a un tasso annualizzato del 2,75%, passando dai 393 milioni del 1995 ai 775 milioni nel 2020.