Non c’è più tempo da perdere. Milano deve tornare a correre. A maggior ragione dopo aver perso quasi un anno e mezzo a causa della paralisi generale provocata dalla pandemia di Covid-19. Sia chiaro: tutto il mondo ha pagato un prezzo altissimo, ma il coronavirus ha lasciato cicatrici particolarmente profonde là dove sorgevano i principali hub economici e commerciali del pianeta. Metropoli abituate a fungere da locomotive dei loro rispettivi Paesi si sono improvvisamente ritrovate bloccate, e questo ha generato molteplici effetti. Se, da un lato, vecchi modelli di business sono andati in malora, dall’altro sono sorte nuove e interessanti possibilità da sfruttare.
Il bivio delle grandi città d’Europa
Adesso che le fasi più complicate dell’emergenza sanitaria – coincise con restrizioni, lockdown e blocchi di vario tipo – sembrerebbero essere ormai alle spalle, Milano e i suoi fratelli sono pronti a ripartire.
Nel caso di Milano, possiamo dire che il capoluogo lombardo si trova oggi più che mai di fronte al famigerato “bivio” del quale tutti parlano. Già, perché all’orizzonte ci sono due eventi che potrebbero (e dovrebbero) fungere sia da traino di ripresa che da trampolino di lancio per attirare nuovi investimenti internazionali e, al contempo, ottenere ulteriore visibilità agli occhi del mondo intero.
Stiamo parlando dei Giochi olimpici invernali del 2026 e di una seconda Expo. Tanto nelle varie fasi di organizzazione che nella loro realizzazione vera e propria, Milano avrebbe molto da chiedere e tantissimo da dare. Usiamo tuttavia il condizionale, perché per sbloccare le potenzialità della città occorreranno lungimiranza, pragmatismo e previdenza. Detto altrimenti, occorreranno specifici piani d’azione, concordati con ampio anticipo dagli attori cittadini e nazionali. Anche perché, senza una road map, difficilmente Milano tornerà a riveder le stelle.
L’accelerazione di Expo e il brusco stop pandemico
Certo è che nel 2015, in occasione della prima Expo cittadina, tutto andò per il meglio. Risultato: nel giro di pochi mesi la città cambiò pelle, dando la percezione di essere diventata una “grande capitale europea”. Da quel momento in poi, oltre che per le sfilate di moda, per l’attività economica e finanziaria, per le eccellenti università e per il Salone del mobile, Milano iniziò ad attrarre turisti per la visibilità che aveva guadagnato. Una visibilità che si sarebbe ulteriormente rafforzata con l’arrivo nella metropoli di grandi brand internazionali, come Apple e Starbucks. Una visibilità da implementare, così da toccare ogni settore economico. Ebbene, nel momento cruciale di questa trasformazione, proprio mentre la metropoli lombarda stava per diventare una business city a 360 gradi, il Covid-19 ha interrotto il processo.
Dalla stagnazione al rilancio
Teatri, università, musei, attività commerciali, ristoranti, bar e luoghi di ritrovo, grandi eventi, fiere: complice la diffusione del coronavirus, questi e tanti altri luoghi hanno subito chiusure traumatiche. Il telelavoro e il blocco degli spostamenti hanno fatto il resto, svuotando la città nel vero senso della parola.
Milano ha però le carte in regola per continuare ad essere la vetrina perfetta per l’internazionalizzazione dell’Italia. Basta citare un paio di numeri: un terzo delle imprese lombarde (fino al dicembre 2020) si trova a Milano (305.395); il settore finanziario garantisce più di 150mila impieghi e ha un valore aggiunto di quasi 24 miliardi di euro; tra il 2017 e il 2020 la piazza finanziaria di Milano ha scalato diverse posizioni, passando dal 54esimo al 38esimo posto; il 17% delle start-up del Paese sorge all’ombra della Madunina (oltre 2mila); tra il 2020 e il 2030 dovranno essere investiti ben 13,5 miliardi di euro nel settore immobiliare (la metà nel residenziale). Forte di questi e tanti altri esempi, il capoluogo lombardo dovrà prendere al volo il treno che porta ai Giochi olimpici invernali del 2026 e ad una seconda Expo. Entrambi gli eventi citati potrebbero fornire a Milano la spinta per riprendere il percorso interrotto tra il febbraio 2020 e il gennaio 2021.
Quanto alla reputazione come centro di talenti – secondo il QS Best Cities Ranking, la classifica delle migliori città studentesche al mondo – Milano complessivamente arretra da 40esima nel 2019 a 46esima nel 2021, tuttavia si conferma una riconosciuta città universitaria a livello internazionale.
Le frontiere della città
Le frontiere di espansione della città, nel periodo post pandemico, passano essenzialmente per tre direttrici: in primo luogo, la ripresa strutturata del circolo degli investimenti in capitale fisso ad alto valore aggiunto che hanno guidato la corsa della città. Centrali nel famoso dibattito che ha animato l’Italia a fine 2019 circa il ruolo del centro ambrosiano come presunto “freno” alla ripartenza del Paese. Il recente report di AssoLombarda “Milano Città Globale” certifica che la ripartenza della città, al pari di tutti i grandi centri urbani, è più lenta rispetto al territorio nazionale con un recupero del PIL rimandato al 2023.
In secondo luogo, promuovendo uno sviluppo diffuso su tutti i suoi quartieri e territori, permettendo una distribuzione generalizzata del progresso e dello sviluppo che eviti sia un’incontrollata corsa alla gentrificazione sia l’apertura di scenari di crisi in contesti di periferia.
In terzo luogo, padroneggiando le sfide fondamentali della transizione ecologica e del digitale mettendo al servizio della popolazione uno stile di vita sostenibile e una maggiore vicinanza tra servizi e persone non complicato da problematiche strutturali per la popolazione. In questo campo, giocherà un ruolo decisivo la capacità di Milano di essere centro d’attrazione e moltiplicazione dei talenti e del patrimonio intellettuale, imprenditoriale e culturale italiano.
Milano deve saper tornare a produrre egemonia
Milano, insomma, deve saper tornare a produrre egemonia. Mediando tra la sua corsa solitaria e la sua natura di “polmone” per la crescita del resto del Paese per acquisire una leadership strutturale nella ripartenza. Così da tornare a correre al fianco delle grandi città d’Europa, se non più velocemente. Scegliendo al bivio tra stabilizzazione e decollo definitivo la strada più competitiva ma promettente. Un obiettivo per cui servirà una sinergia totale tra istituzioni locali, regionali e nazionali per poter capire i benefici di un rinnovato “modello Milano”.
(a cura di Federico Giuliani e Andrea Muratore)