Sono nato a Porta Genova e chi conosce Milano sa che porta Genova non era il luogo della movida di adesso. No, era un posto dove c’era un mercatino dove tu compravi le robe rubate. Mio padre che mi regalò la prima bici l’aveva pagata mille lire e dopo due settimane mi è stata rubata. Allora sono ritornato là e l’ho ricomprata per mille lire. Questa era la Milano che dove io sono nato. Sono stato molto fortunato, molto fortunato. Ho conosciuto delle persone straordinarie perché io ero un giocatore di pallavolo Powervolley, la squadra di serie A di Milano di volley che quasi nessuno di voi conosce. Ero un giocatore di pallavolo ed ho frequentato un sacco di professori i quali un certo punto mi hanno detto: “ma che cosa farai nella vita?” Io pensavo di diventare un insegnante di educazione fisica. Avevo ottenuto la mia prima laurea all’ISEF, ho cominciato a insegnare al Gonzaga finché un giorno è arrivato qualcuno che mi ha detto: “Ma è vero che tu parli sei lingue?”. Io le parlottavo perché avevo i compagni di squadra di cui cercavo di imparare la lingua. E così sono stato preso da una multinazionale, sono andato a lavorare con loro e dopo di che mi hanno mandato in giro per il mondo. E sono stato fortunato perché in tutto il mondo e ho conosciuto un sacco di persone.
“La cosa di cui vado orgoglioso? Aver dato visibilità agli invisibili”
Tenete presente che, al di là della pallavolo, ho una vita normale. Io adesso di mestiere che cosa faccio? Sono amministratore di un po’ di aziende che sono che quotate in borsa. Un giorno ho incontrato una persona che mi chiese: “mi dai una mano a portare a Milano in serie A?”. Io all’epoca vivevo negli Stati Uniti ma poi ci siamo abbracciati e lì è iniziata l’avventura. Ho comprato una squadretta che faceva la serie B e poi siamo andati in A2 in A1 fino a vincere il titolo europeo. Oggi Milano è la più forte squadra giovanile che c’ è in Italia e abbiamo vinto l’under 15, l’under17 e siamo arrivati terzi nell’under19. Ma non è di questo che voglio parlare. La cosa importante che abbiamo fatto è il progetto “volley for all” che ha coinvolto quelle persone che esistono ma che nessuno sa che esistono. Si tratta di una squadra di ragazzi normali che gioca insieme a quelli che hanno qualche complicazioni. Io poi non sapevo che esistesse uno sport che si chiama sit-in volley riservato alle persone senza gambe pensato per tutte quelle persone che giocano sedute per terra. Non sapevo che esisteva una nazionale italiana di ragazze sordo mute e non sapevo e quindi vi lascio immaginare la bellezza di questo nostro progetto. La cosa di più vado orgoglioso è stata quella lì quella di avere dato visibilità degli invisibili.