Perché leggere questo articolo? Javier Milei vuole ingraziarsi a tutti i costi gli Usa. E per questo obiettivo, che gli serve a sbloccare i prestiti Fmi, spinge sul sostegno a Kiev.
Javier Milei strizza gli occhi all’Ucraina e al sostegno al governo di Kiev per concupire gli Stati Uniti e, di conseguenza, il Fondo Monetario Internazionale? Il Financial Times ha lanciato la notizia che il presidente argentino, leader de La Liberta Avanza, il partito di destra anarco-capitalista da lui guidato, sia pronto a chiamare un summit delle nazioni latinoamericane favorevoli al governo di Volodymyr Zelensky.
Il sogno del presidente? Essere l’anti-Lula
Un tentativo di presentarsi, nel continente, come l’anti-Lula, puntando sul sostegno a Kiev e a Israele contro il “terzomondismo” del presidente brasiliano e di mostrare a Washington che i prestiti a Buenos Aires, in prospettiva, sono ben indirizzati.
L’inizio mandato è stato assai contraddittorio per Milei. Il presidente ha festeggiato a gennaio il primo surplus mensile dell’Argentina dopo dodici anni. Ma al contempo ha visto l’inflazione salire al 250% e, soprattutto, l’agenda di riforme iper-liberiste di apertura dell’economia bloccata in Parlamento. Milei rischia di dover aspettare il dicembre 2025, mese in cui si terranno le elezioni legislative, per promuovere la sua agenda. Nel frattempo dovrà mediare. E sperare nel migliore dei modi di “incassare” il sostegno dell’Fmi, che ha già sbloccato una rata a favore dell’Argentina.
Milei? Vuole ingraziarsi gli Usa
Milei spinge per spostare l’ambasciata argentina in Israele a Gerusalemme, sostiene il governo di Benjamin Netanyahu, vuole promuovere l’asse con Zelensky, che a dicembre è venuto alla sua inaugurazione, e addirittura mira a dollarizzare l’economia del Paese. Una sola stella polare è il centro di questo disegno: gli States, “il maggiore azionista del Fmi”, nota il Ft, in una fase in cui “il fondo valuta quanta flessibilità concedere al governo di Milei nei prossimi anni sul prestito di 44 miliardi di dollari che il paese sta lottando per ripagare, e se concedere o meno prestiti”.
L’Argentina, che con Milei ha frenato sul suo ingresso nel gruppo dei Brics di cui Lula è uno degli animatori assieme a Vladimir Putin e Xi Jinping, è fermamente filoamericana: “venerdì scorso il presidente ha ospitato Antony Blinken, segretario di stato americano, a Buenos Aires, ma il giorno successivo Milei è volata nel Maryland per parlare a una conferenza politica conservatrice e ha abbracciato nel backstage il rivale del presidente Joe Biden per le elezioni del 2024, Donald Trump“.
In quest’ottica, l’obiettivo di Milei è ricordare che c’è spazio per l’Occidente nel Sud Globale, che su molte questioni, dall’Ucraina a Gaza passando per la guerra navale nel Mar Rosso, sembra scegliere piuttosto le parti più ostili al campo occidentale. E agli Usa in particolare.
Milei, capofila dell’Occidente del Sud del mondo
Milei ci prova con grande agitazione e con la smania di essere il leader più occidentale dell’emisfero australe. Spinge su quei Paesi che possono apparire “gendarmi” del mondo liberaldemocratico e capitalista laddove la globalizzazione neoliberale è discussa. Si pensi all’Ecuador di Daniel Noboa, all’El Salvador di Nayib Bukele, a un’ampia serie di Paesi che vanno dal Perù al Guatemala, per restare in America Latina.
Frammenti filo-occidentali di cui Milei vuole essere il capofila. Per tenere uno spiraglio spalancato e parlare più al mondo che al suo interno. Restano le contraddizioni di un’agenda che non avanza. E un presidente che deve fare soprattutto interessi esterni per ottenere il minimo obiettivo pensabile: sopravvivere politicamente alla fine della luna di miele con l’elettorato. Dall’idea di abbattere lo Stato con la motosega a un obiettivo ben più realistico. Ma anche di questi ridimensionamenti vive la politica.