Anche il Financial Times si è occupato del caso di Monfalcone, la cittadina friulana nota per i cantieri navali ove da diversi mesi il sindaco Anna Maria Cisint, della Lega, porta avanti una dura campagna contro la presenza di luoghi di culto musulmani non registrati come moschee. Cisint, non nuova a un braccio di ferro continuo con la comunità islamica locale, in passato aveva provato a vietare la pratica dell’uso dei burkini da parte delle donne musulmane locali nella spiaggia di Monfalcone. A novembre due locali utilizzati come luogo di preghiera da cittadini di religione islamica sono stati chiusi. Al contempo, Cisint si è rifiutata di concedere lo spazio alla comunità musulmana per un luogo di culto regolare.
“Noi” e “loro”: la retorica che non fa bene a Monfalcone
Il dettaglio? La popolazione musulmana rappresenta un terzo degli abitanti di Monfalcone. E il motivo non è un qualche tipo di immigrazione selvaggia o minaccia ai nostri valori, come le indicazioni della zelante sindaca sembrano adombrare. La vera causa ha un nome: Fincantieri. Il gigante italiano della cantieristica navale ha nel paese friulano un hub importante per la sua produzione e si appoggia a molte ditte che tramite contratti di appalto e subfornitura si appoggiano a manovalanza straniera, soprattutto del Bangladesh. Gli immigrati del Paese nel delta del Gange è la capitale mondiale della cantieristica navale volta alle demolizioni. In Friuli Venezia-Giulia hanno trovato un settore di sbocco per il loro lavoro.
Il 28,7% dei circa 30mila abitanti di Monfalcone è straniero. Degli stranieri oltre 4.100, poco meno della metà, sono bengalesi. Cisint spesso ha un’uscita standard di fronte alle richieste dei musulmani locali di un luogo di preghiera: “Le regole ci sono e vanno rispettate. Anche da loro”. La retorica “noi contro loro” non fa bene alla convivenza sociale: si pensa alla moschea chiesta dai bengalesi locali e dai musulmani di altra provenienza come a una minaccia di chissà quale portata. Ma questo non rischia di far altro che creare artificialmente quelle tensioni che si teme possano emergere con la concessione di spazi ai musulmani. I quali, non a caso, hanno messo in scena la prima protesta contro Cisint proprio poco prima di natale.
I musulmani della città cercano uno spazio
Va ricordato che a Monfalcone la Chiesa Ortodossa, centro della comunità rumena e moldava che conta oltre 1.200 cittadini, ha sede in una galleria commerciale e, come mostrano le rilevazioni fatte con Google Maps, anche la Chiesa di Gesù Cristo e dei Santi degli Ultimi Giorni ha una sede in un locale che potrebbe essere senza problemi adibito a spazio commerciale. Non servirebbe un grande spazio per concedere un’area ai cittadini musulmani. Un fatto che sarebbe anche benefico per le ragioni di sicurezza: visti i patti tra lo Stato e l’Unione delle Comunità Islamiche Italiane, una regolare garanzia di un luogo di preghiera fornirebbe il miglior antidoto contro qualsiasi proliferazione di idee radicali.
“La Comunità musulmana di Monfalcone”, ha notato Il Manifesto, “chiede di poter pregare in un cortile ma arriva un secco «no» perché la sindaca ha il suo refrein: sempre attivissima sui social e non solo, batte e ribatte sulla «evidente radicalizzazione» facendo notare che durante le funzioni chissà cosa dicono perché non parlano in italiano. Intanto, al centro culturale islamico Darus Salaam viene spedita una lettera con alcune pagine del Corano bruciate.”
L’autogol economico del sindaco di Monfalcone
Ma come ha ricordato il Ft nel suo servizio, la chiusura “noi contro loro” danneggia anche l’economia. Il quotidiano della City di Londra non nega che nella popolazione di Monfalcone ci sia chi ha timore per l’aumento della popolazione di cittadinanza straniera. Tuttavia, ““Se non ci fossero gli stranieri, Monfalcone sarebbe un deserto”, dice al Ft Roberto Antonelli, presidente della locale Confcommercio.
Il Ft ricorda infatti che “gli immigrati stranieri hanno rivitalizzato l’economia della città e sostenuto il mercato immobiliare locale aprendo nuovi piccoli negozi e affittando o acquistando appartamenti a beneficio dei proprietari immobiliari di lunga data della città. In un Paese in cui molte scuole e reparti maternità stanno chiudendo per mancanza di domanda dato il crollo del tasso di natalità italiano, Monfalcone ha visto anche un numero crescente di nuove nascite, principalmente dovute a famiglie migranti”. Su questo fronte, molte associazioni invitano a vigilare sui problemi dei subappalti e del caporalato nei gangli dell’indotto di Fincantieri. L’azienda ha rafforzato sul fronte la vigilanza e la presenza sul territorio aprendo anche alla costruzione di servizi quali gli asili nido per i figli dei dipendenti e dei lavoratori locali.
Gli stranieri di oggi sono gli italiani di domani
Insomma, negare che ci possano essere frizioni nella fase di confronto tra società di accoglienza e nuove comunità che arrivano in un Paese sarebbe ingenuo. Ma la campagna anti-Islam del sindaco Cisint a Monfalcone rischia di creare problemi strutturali. Se i musulmani, soprattutto bengalesi, non sentiranno più Monfalcone come casa a essere compromessa potrebbe essere la società del centro giuliano. Ma anche una fetta consistente della sua economia è legata alla capacità di accogliere la diversità. Monfalcone nei suoi cantieri impiega persone provenienti da 67 Paesi diversi. Sono gli operai che hanno rinverdito i fasti della cantieristica navale. Espandendo alla città la tradizione, tutta triestina, di aprirsi al mondo attraverso il mare.
Chi amministra questa città ha davvero voglia di compromettere la posizione della città creando un “noi contro loro” dove ormai, per la struttura della società e dell’economia monfalconesi, esiste sono un “noi”? La domanda si pone considerato il fatto che i monfalconesi di origine straniera di oggi sono i padri degli italiani di domani. Musulmani, ortodossi, atei che siano è un dato di fatto. ““L’Italia non ha bisogno solo di lavoratori. Abbiamo bisogno di lavoratori con le loro famiglie, di lavoratori con bambini, di persone che diventino italiani e diventino la prossima generazione“, dice al Ft il rettore della Bocconi Francesco Billari. Un dato di fatto che tutti dovrebbero ascoltare. A partire dall’amministrazione di Monfalcone.