Perché leggere questo articolo? Giunta alla conclusione, l’80esima mostra internazionale del cinema di Venezia è un evento dedicato totalmente della settima arte. Sul red carpet sfilano tanti attori di Hollywood e nostrani, ma anche influencer, attivisti, modelli, personaggi di show televisivi e, ancora, Youtuber. La loro presenza è voluta dai brand ma è spesso mal vista dal pubblico. Tuttavia gli ‘opinion leader’ al festival ci sono sempre stati e, che piaccia o no, contribuiscono all’esistenza dell’evento.
Personaggi inaspettati alla mostra del cinema di Venezia. L’ex re di Jugoslavia, Pietro II, arriva con la consorte. Ma c’è anche la scrittrice Geraldine Brooks che “cerca di creare degli occhiali da sole con alcune stelle marine, di moda”, almeno in quel periodo, nel 1951. In quell’anno, in cui si celebrava la 12esima edizione della mostra internazionale del cinema di Venezia, oltre alle persone del settore, venivano invitati anche duchi, marchesi, dive e stelline. Un’abitudine già presente dalle primissime edizioni e che nell’attuale (l’80esima), giunta ormai al termine, non si è persa ma anzi, si è trasformata.
La partecipazione al festival di persone che non hanno direttamente a che fare con il cinema crea però ancora molte polemiche e domande sul loro ruolo in un contesto simile. Per capire meglio la situazione, True News ha parlato con Giacomo Manzoli, professore di cinema, fotografia, televisione presso l’università di Bologna e con Cristina Simone, consulente e docente di social media marketing e influencer marketing.
Gli influencer ci sono sempre stati
“Gli ‘influencer’ alla Mostra del Cinema ci sono sempre stati”, spiega Giacomo Manzoli. “All’epoca influenzavano per il loro stile di vita, il loro modo di vestirsi, di atteggiarsi, di parlare e venivano chiamati celebrity o vip. Nei filmati dell’Istituto Luce sulle prime edizioni della mostra, vediamo personaggi che non usavano i social, ma la cui fama era legata a un modo di apparire, esattamente come accade agli influencer di oggi”.
Sulla bocca di tutti era, negli anni ’60, la modella e attrice Rossella Schiaffino, definita (in uno dei video che cita Manzoli) come ‘la pin up della celluloide’ e che, accompagnata da mamma Jasmine “deve rifare l’uscita dall’aereo con cui è arrivata perché il primo ingresso non è piaciuto ai fotografi che le hanno scattato poi le solite 2735 fotografie”. E ancora, era stata invitata al Lido anche Christina Jorgense, una delle prime persone al mondo ad essersi sottoposte al cambio di sesso. Nominata donna dell’anno nel 1953, era a Venezia in quello successivo come ospite.
Oggi, proprio anche per i costi ingenti di una mostra di questo tipo (Il Sole 24ore riporta che il costo lordo della mostra del cinema 2023 è di 22,5 milioni di euro, di cui 16 milioni per l’organizzazione e l’ospitalità e di cui 13,5 milioni elargiti dal Ministero della cultura), l’evento necessita di sponsor che, in cambio, possono invitare gli ospiti che desiderano. Quando invitando gli influencer alla mostra del cinema, i brand si fanno rappresentare facendo sfilare il proprio ospite con abiti, accessori o prodotti del brand stesso. Ma perché oggi i brand scelgono proprio gli influencer?
Brand e influencer a braccetto
“I brand decidono di affidarsi a personaggi particolarmente seguiti sui social, essenzialmente, per guadagnare ulteriore visibilità, quella che appunto i “personaggi” social potrebbero portare a questi brand”, dice Cristina Simone. “In generale, però, e soprattutto in eventi del genere, la visibilità è reciproca: quindi il brand la porta al personaggio e il personaggio al brand. Più l’evento è importante, come lo è la mostra del cinema di Venezia, più il brand è famoso e più la scelta ricadrà, automaticamente, su personaggi altrettanto noti, famosi e seguiti a livello social”. Ma è anche una scelta di immagine poiché “se sono un brand famoso e ho molti follower, scelgo influencer molto seguiti, quanto o più di me, per mantenere il mio status quo o elevarlo”.
Non tutti gli influencer vanno bene
Scegliere un influencer però non basta perché, secondo Cristina Simone “i social offrono sì l’opportunità di poter parlare a tante persone e di comunicare con estrema facilità e velocità, ma dall’altro lato i follower, che sono persone, si aspettano, anzi sempre di più la richiedono, coerenza. Quindi i brand dovrebbero, almeno, scegliere influencer che hanno tra i vari interessi quello del cinema, che non significa essere un critico cinematografico”. E fa un esempio concreto: “Qualche anno fa mi sono occupata, per un mio cliente nella beauty industry, di una selezione di blogger da invitare alla mostra del cinema di Venezia e non avrei mai suggerito influencer che dicono di annoiarsi quando guardano un film! Il rischio? Non essere credibili nel racconto”.
“La cultura non si perde, viene prima”
La cultura non passerebbe in secondo piano. Manzoli assicura che la cultura c’è e viene anche prima degli sbarchi al Lido, degli autografi e dei red carpet. “E’ nel lavoro di scouting, di selezione, di programmazione, di valorizzazione e di formazione del pubblico che un festival è chiamato a fare. Una volta che il festival comincia, deve essere attraente e comunicare a più persone possibile quello che propone. Il cinema è tante cose: è arte, è cultura, è società, è comunicazione, è industria, è economia, è turismo, è politica. Chiunque abbia a che fare con questi ambiti in qualche modo ha a che fare con il cinema”.
“Favorevoli agli influencer: il cinema è di tutti”
Le polemiche sugli influencer a questi eventi, secondo Giacomo Manzoli, “sono funzionali al festival esattamente come gli influencer che le suscitano. Un festival è una vetrina. Si mettono in mostra dei film e tutto quello che ci sta attorno: attori, produttori, sceneggiatori, registi, cause e temi di cui i film trattano e così via. Se la vetrina non attira sguardi, se la gente non butta l’occhio e resta incantata a guardare, magari anche a causa di provocazioni, di richiami che poco hanno a che vedere con ciò che sta in vetrina, fatalmente non entrerà nel negozio e non comprerà quello che c’è dentro”.
“Dunque – prosegue Manzoli – il festival è soprattutto comunicazione del cinema. Lo è sempre stato, ma a maggior ragione adesso”. Quindi gli influencer vanno bene “purché siano influencer veri e non sedicenti tali, ovvero purché servano a portare la gente al cinema a vedere (anche) i film del festival. Ma questo lo scopriremo solo quando i film presentati andranno sul mercato”.
Dello stesso pensiero è Cristina Simone che crede che “tra gli invitati possano esserci sia i critici che parleranno a determinati target di persone, con un determinato linguaggio, anche tecnico; sia gli influencer che parleranno ad altre persone su altri mezzi e in altri modi. Penso che il cinema sia di tutti e non solo degli addetti ai lavori o dei critici cinematografici. Quindi sono estremamente favorevole alla loro presenza ad eventi così importanti. Gli influencer possono raccontare in un modo nuovo, moderno e interattivo l’evento e possono avvicinare i loro follower al cinema. Negli ultimi anni, dopo il 2020 in particolare, si parla sempre più di crisi del cinema e sono partite diverse campagne di sensibilizzazione per andare al cinema. Quindi gli influencer possono rappresentare un’ulteriore spinta in questa direzione”, conclude.
Il cinema è di tutti
E quindi, citando i video d’archivio dei primi cinegiornali della mostra, c’è spazio per tutti: “basta disporre di qualche bikini ridotto, di strani cappellini, di asciugamani di spugna, di qualche biglietto omaggio e di molto appetito per affrontare i cocktail e le cene d’obbligo. Venezia è tutta da conquistare. Delle programmazioni, delle retrospettive e di estetica se ne parla nei circoli ristrettissimi della mostra o sui giornali”.