Perché leggere questo articolo? C’è una sorpresa tra gli 11 paesi su 31 che superano la soglia del 2% del Pil Nato. Tra i maggiori contributori dell’Alleanza c’è anche la Grecia. Una serie di ragioni storiche e di politica recente non ne fanno poi un gran mistero.
Per anni è stato il Paese dei Colonnelli, adesso che è tornata democratica la Grecia resta armata fino ai denti. Se la minaccia di Trump di non difendere gli alleati Nato “morosi” dovesse rivelarsi veritiera, sarebbe tra i pochi membri dell’Alleanza che non avrebbero nulla da temere c’è. Di 31 Paesi che fanno parte della Nato, solo 11 spendono ad oggi più del 2 per cento del Pil nella Difesa. Tra questi, dietro solo gli Stati Uniti (3,49%) e la Polonia baluardo antirusso (prima col 3,9%) c’è la Grecia, che, incurante di un decennio di austerity lacrime e sangue, spende circa il 3,01% del proprio Pil. Il perchè è presto spiegato
Grecia e Turchia, alleati rivali
Secondo l’indice del Military Strength Ranking, il budget totale della Grecia è di 6 miliardi di dollari: è il trentatreesimo paese nella classifica mondiale. La spesa greca per le acquisizioni militari da sola dovrebbe raggiungere 1,5-2 miliardi di euro all’anno entro il 2028. La Difesa prima di tutto. Un autentico dogma in Grecia, da sempre tra i primi Paesi della Nato per spese militari. Oggi ancor più: Atene vive il paradosso di doversi “difendere” da quello che teoricamente è una alleato, ma per secoli è stato il nemico storico. Anche la Turchia è un membro Nato, ma è un vicino più che ingombrante per la Grecia, da sempre.
La Grecia, per cominciare, si è resa indipendente proprio dalla Turchia, dopo una lunga guerra tra il 1821 e il 1830. Venendo a tempi più recenti, la Turchia resta la minaccia esterna più grave per la sopravvivenza della Grecia. Almeno a partire dal colpo di Stato a Cipro del 1974, quando l’isola venne divisa – come è ancora oggi – in due zone, una greca e una turca. Da cinquant’anni, la Grecia ha bilanciato politiche di contenimento e di deterrenza per contrastare la minaccia turca.
Minaccia che si è riacutizzata dopo le tensioni scoppiate a settembre 2020. Il casus belli è legato alle Zone economiche esclusive (Zee) nel Mar dell’Egeo, sulle quali Atene e Ankara sono arrivate anche a contrapporre le rispettive Marine militari. Per questa ragione il bilancio 2021 greco riserverà al settore militare un budget di 5,5 miliardi di euro, più del doppio rispetto a quello del 2020. Un aumento che ha scatenato non poche polemiche nel Vouli, il Parlamento monocamerale greco, che ha approvato la manovra a metà dicembre.
Il domino della Difesa: più armi che medicine
Così è iniziato un effetto domino, che sta portando all’esplosione del budget investito per il riarmo da parte di Grecia e Turchia. Ankara ha aumentato il suo budget per la difesa perché, oltre a tutelare “i propri interessi” nel Mar Egeo, è impegnata in Siria e in Libia. Nel 2022, il bilancio militare previsto era di 9,69 miliardi di dollari, cioè circa il 5 per cento del suo pil, ed è al ventiquattresimo posto nella classifica delle spese militari a livello globale.
Quando si dice correttamente che la Turchia ha il secondo esercito più grande della Nato dopo gli Stati Uniti si intende il numero di uomini a disposizione: sono 425 mila (c’è la leva obbligatoria da compiere tra i 21 e i 41 anni, dura un anno). In Grecia il personale militare attivo varia dalle 130 alle 140 mila unità, i riservisti sono di più rispetto alla Turchia, ma poi c’è una voce, le forze paramilitari, che scombussola un po’ i conti, perché secondo le stime i paramilitari turchi sono 150 mila, quelli greci 35 mila.
La Grecia si arma, incurante dell’austerity
Dopo anni di austerità imposta dalla Troika, la Grecia sta conoscendo un’importante crescita economia, intorno al 5% annuo. Questo ha avvantaggiato un incremento del 63% della spesa militare dal 2020. L’esercito ottiene 5 miliardi e mezzo, nel 2019 erano solo 3. Atene ha previsto un piano di investimenti da 10 miliardi di euro in dieci anni per comprare caccia e navi e assumere 15mila nuovi militari. Questo ha scatenato un dibattito in Grecia, con le opposizioni (su tutte Syriza dell’ex premier Tsipras) che denuncia come la crescita del bilancio della Difesa sia pagata con un taglio netto al cruciale settore della sanità. Il budget per la sanità scende di circa il 13%, a 4.257 miliardi di euro, contro i 4.829 miliardi di euro del 2020.
Difesa e lotta all’immigrazione
A ingrossare il bilancio della Difesa, c’è ovviamente il fatto che il dicastero si occupa anche del contrasto all’immigrazione clandestina. Che la Grecia realizza anche venendo a patti con Erdogan. “Nel 2021 abbiamo avuto l’afflusso di migranti più basso degli ultimi 10 anni, con 8.745 arrivi, livello che si è mantenuto costante anche nel 2022”, ha detto il ministro per l’Immigrazione Notis Mitarachi. E questo, accusa Atene, è avvenuto nonostante la Turchia abbia fatto di tutto per non rispettare gli impegni presi con l’Ue, aprendo e chiudendo in modo arbitrario i rubinetti dei migranti che cercavano di raggiungere l’Ue attraversando la terra ferma e l’Egeo.
L’obiettivo è bloccare la rotta balcanica che, secondo i dati Frontex, è quella che cresce di più registrando un più 136 per cento nel 2022. A proposito di Frontex, l’agenzia negli ultimi tempi è finita nei guai – tra le altre cose – proprio per avere coperto i respingimenti dei migranti da parte della Grecia. Ora, un esperto di immigrazione, Bernd Parusel dello Swedish Institute for European Policy Studies, ha proposto una soluzione controintuitiva: invece di ritirare Frontex in caso di violazioni dei diritti umani, Parusel propone di aumentarne gli effettivi nell’Egeo e in tutte le zone di confine, per monitorare con più attenzione cosa avviene. Ma che greci e turchi siano d’accordo appare parecchio difficile.
La Grecia fa sul serio
Il confronto tra Grecia e Turchia non si concentra solo sull’aspetto militare. La partita è anche diplomatica, con la Turchia che nel Mediterraneo appoggia il governo libico di Al Serraj e ha una posizione ambigua rispetto ai fronti caldi in Medio oriente. Così la Grecia ha stretto accordi con l’Egitto ma anche con l’Albania, l’Italia e Cipro. Il governo di Atene però si è spinto anche oltre, visto che ha stretto accordi militari con Paesi come gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, a cui Atene ha deciso di inviare missili Patriot. Un gioco di alleanze rischioso. Per questo, Atene sta correndo al riarmo. La Grecia fa sul serio, e l’ottenimento dalla guida della missione Aspides contro gli Houthi è un segnale.