Ha recentemente destato scalpore l’adesione del professor Barbero all’appello, firmato da oltre 350 accademici italiani, contro l’adozione del Green Pass nelle università italiane. Il docente di Storia Medievale all’Università del Piemonte Orientale, in un intervento durante il convegno della Fiom-Cgil, ha motivato la sua scelta definendo il certificato verde uno strumento ipocrita. “Un conto è dire ‘Signori abbiamo deciso che il vaccino è obbligatorio’ perché è necessario e di conseguenza adesso introduciamo l’obbligo’ – io non avrei niente da dire su questo. Un altro conto è però dire ‘no, non c’è nessun obbligo’, ma semplicemente non puoi più vivere, non puoi più prendere treni, non puoi più andare all’università. Io credo che Dante il girone degli ipocriti avrebbe trovato modo di riempirlo fino a farlo traboccare, scegliendo tra i politici di oggi”.
In questo breve passaggio c’è tutto Alessandro Barbero. Un’istituzione del mondo accademico, divenuto – in parte a sua insaputa – un personaggio mediatico, ma che rimane ancorato ai propri valori e non disdegna di esternarli pubblicamente. Il suo registro autorevole ma divulgativo, a tratti sarcastico e ammaliante, da anni ha conquistato telespettatori e ascoltatori del podcast che porta il suo nome. Il format “Alessandro Barbero: lezioni e conferenze”, secondo podcast più ascoltato in Italia nel 2020 dopo La Zanzara, è però stato creato senza scopo di lucro da un 26enne studente di Ingegneria Informatica, Fabrizio Mele, nella più totale inconsapevolezza del docente. “Quando ho iniziato a vedere numeri in crescita ho scritto subito una mail al Professore per spiegargli quello che avevo fatto. La sua risposta fu molto breve: gli faceva semplicemente piacere che internet fosse utilizzato per diffondere materiali in maniera gratuita”.
Sempre a sinistra
Il professor Barbero non ha mai fatto mistero di essere orgogliosamente di sinistra. “Da qualche parte devo avere la tessera firmata da Enrico Berlinguer. Ne sono felice perché in quel partito c’era la gente migliore che facesse politica in quel momento in Italia” ha dichiarato lo scorso anno intervistato da Daria Bignardi. Senza però risparmiare qualche frecciata all’attuale gruppo dirigente: “Ora quel partito non c’è più, come non ci sono più partiti come li intendevamo noi da giovani. La sinistra è rimasta prigioniera dei salotti, la tecnologia rischia di deturpare il paesaggio” ha dichiarato in una recente intervista a La Stampa. Lui invece, nonostante il successo, continua a prendere parte agli eventi dell’Anpi (Associazione Italiana Partigiani) e solidarizza – nel silenzio assordante di politica e sindacati – con i lavoratori in sciopero della Gkn: “Non deve passare in questo paese l’idea che si possa licenziare e chiudere una fabbrica dalla sera alla mattina”.
Chi è Alessandro Barbero
Barbero ha 61 anni e vanta un curriculum di tutto rispetto – allievo del grande medievista Giovanni Tabacco, è docente ordinario dal 2002 ed ha alle spalle decine di pubblicazioni scientifiche – non solo in ambito accademico. Nel 1996, con l’aiuto di Aldo Busi, ha vinto il Premio Strega con il romanzo Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo; sono seguiti numerose romanzi e saggi a tema storico che hanno riscosso il favore di pubblico e critica. Con decenni di anticipo sulla moda della public history, ha fatto fuoriuscire la trattazione storica dai ristretti circoli accademici: dal 2007 è volto fisso di trasmissioni televisive di storia di successo, da Superquark; a Il tempo e la storia, passando per Passato e presente e a.C.d.C. (facendo la fortuna del palinsesto di Rai Storia e dei curatori degli innumerevoli canali social che portano il suo nome).
Vita e opere di Alessandro Barbero
Senza nulla togliere alla sua formazione medievistica, da anni Barbero si cimenta con “altre storie” in grado di mettere in correlazione alcuni aspetti del passato con le vicende del presente. Così le invasioni barbariche possono essere uno spunto per riflettere sui fenomeni migratori contemporanei, le guerre d’Indipendenza per comprendere il concetto di italianità e quelle napoleoniche per il sentimento europeo.
Ma è quando analizza gli ambiti più scivolosi della storia contemporanea che viene fuori la coscienza dello storico, fedele alla linea di March Bloch – medievista e partigiano francese che analizzava “Il passato in funzione del presente e il presente in funzione del passato” – e di Gaetano Salvemini – storico antifascista che ha scritto “Noi non possiamo essere imparziali. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere”.
Senza curarsi delle critiche di molti storici della domenica e degli strilli sui giornali, il professore non ha remore a dire la sua su questioni che infiammano il nostro presente.
Quelle posizioni scomode di Alessandro Barbero
Da sempre attento a distinguere tra storia – una scienza sociale che si fonda sull’utilizzo dei documenti – e la memoria – una questione soggettiva che attiene alla sfera individuale, sociale e politica – Barbero si è speso contro la comparazione tra fascismo e comunismo, difendendo il collega Tomaso Montanari, che ha scritto sul Fatto Quotidiano come la Giornata del ricordo delle foibe “a ridosso e in evidente opposizione a quella della Memoria (della Shoah) rappresenta il più clamoroso successo” di una falsificazione storica di parte neofascista. “La falsificazione della storia da parte neofascista consiste nell’alimentare l’idea che nella Seconda guerra mondiale non si combattesse uno scontro fra la civiltà e la barbarie; […] ma che siccome tutti, da una parte e dall’altra, hanno commesso violenze ingiustificate, eccidi e orrori, allora i due schieramenti si equivalevano e oggi è legittimo dichiararsi sentimentalmente legati all’una o all’altra parte senza che questo debba destare scandalo”. Un feroce atto d’accusa a paragoni qualunquisti – quando non nostalgici – che non voleva certo negare il dramma dell’esodo giuliano dalmata dopo la seconda guerra mondiale, che è però costato al professore le critiche di molti quotidiani (anche liberali) e politici (anche di sinistra). Ma questo a Barbero non interessa.
Resta difficile capire perché, in un paese che a intervalli settimanali sforna 60 milioni di virologi, diplomatici, economisti e allenatori, uno storico preparato e acclamato dal pubblico non possa dire la sua su questioni del passato che continuano a influenzare il nostro presente.