Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Durante un’intervista con la CBS Papa Francesco ha rifiutato la possibilità che le donne servano come diacone o come membri del clero perché “fare spazio alle donne nella Chiesa non significa dare loro un ministero”: che ne pensano le teologhe? Ne abbiamo parlato con la teologa biblista Annamaria Corallo, Patrizia Morgante di Donne per la Chiesa, Kate McElwee di Women’s Ordination Conference, Carrie Frederick Frost del St. Phoebe Center for Deaconess e la pastora evangelica valdese Laura Testa.
Le dichiarazioni del pontefice circa l’ordinazione femminile al diaconato permanente hanno lasciato un profondo senso di delusione tra le donne – e in generale le persone – cattoliche di area progressista, ma non sono risuonate come un fulmine a ciel sereno. La possibilità di ordinare le diacone è in fase di discussione almeno dal 2016, quando proprio papa Francesco ha istituito una Commissione di studio apposita. L’argomento verrà affrontato anche durante la prossima sessione del Sinodo sulla sinodalità, che si terrà a ottobre 2024. Sembra quindi una questione aperta che il pontefice, però, chiude con un “no” secco. Per non parlare delle obiezioni che solleva l’ordinazione sacerdotale femminile. Ci sono delle motivazioni teologiche reali dietro questa resistenza?
La resistenza è pregiudiziale e non teologicamente fondata
Annamaria Corallo, teologa biblista e fondatrice del laboratorio transteista Il telaio di Lidia, ci offre una prospettiva teologica. “Sinceramente non mi pare ci sia un punto di vista teologico sulla chiusura della Chiesa cattolica romana su questi temi. Alla base c’è sicuramente una lettura letteralista della Bibbia, in particolare dei testi evangelici relativi all’ultima cena di Gesù col suo gruppo discepolare. Nel mio prossimo libro, dedicato all’eucaristia, parlerò proprio di questa lettura inadeguata e della sua miopia.
Il patriarcato tradizionalista è stato recepito come parte della tradizione e questo è abbastanza incredibile, visto che la parola “tradizione” indica l’azione della trasmissione di per sé dinamica dei contenuti della fede che, in quanto espressi in categorie storiche, dovranno sempre fare i conti con il divenire del linguaggio. La resistenza è pregiudiziale e non teologicamente fondata, dal mio punto di vista.
La storia della dottrina ha mostrato che non c’è praticamente molto che è impossibile da modificare. Un tempo la Chiesa cattolica supportava e difendeva lo schiavismo basandosi sulla lettura letteralista della lettera di Paolo a Filemone, per esempio. Nel tempo ci si è dovuti ricredere. Ma basti pensare all’elenco delle richieste di perdono che papa Giovanni Paolo II ha fatto durante il giubileo del 2000, per rendersi conto di come la Chiesa ha commesso errori di valutazione, spesso motivati da scelte di potere, per poi ritornare sui propri passi quando era inevitabile”.
Un diaconato diverso da quello degli uomini
Patrizia Morgante, presidente di Donne per la Chiesa, aggiunge un commento sulla svalutazione che la componente femminile cattolica continua a vivere. “Ci sentiamo un po’ sconcertate dal ‘no’ pronunciato da Papa Francesco sul diaconato femminile come ministero. Ci auguravamo che, avendolo messo a tema nella prima sessione del Sinodo, si sarebbe aperto un dialogo fecondo per giungere, finalmente, a un’apertura per le donne diacono. Il Papa vuole offrirci un diaconato diverso dagli uomini e non ne comprendiamo le ragioni, quando tante teologhe e teologi hanno affermato non esserci impedimenti all’ordinazione delle donne.
Vorremmo almeno che si aprisse un dialogo onesto con le diverse prospettive sul tavolo. La nostra associazione si prenderà un tempo di riflessione e discernimento per comprendere quali cammini intraprendere”.
Un tradimento del progetto sinodale
Nel mondo cattolico la richiesta da parte delle donne di accedere ai ministeri ordinati non è nuova. Women’s Ordination Conference (WOC) è un’associazione che lavora da anni per l’ordinazione femminile nella Chiesa cattolica. La sua direttrice esecutiva, Kate McElwee, esprime “grande disappunto per il fallimento di Papa Francesco nel riconoscere la profondità delle vocazioni delle donne e l’urgenza di affermare la loro piena uguaglianza nella Chiesa. In passato Francesco ha riservato la sua posizione di “porta chiusa’ all’ordinazione sacerdotale delle donne, lasciando la questione delle donne diaconi nelle mani delle commissioni di studio. […]
La Chiesa è attualmente nel bel mezzo di un processo di consultazione globale e in ogni continente si sono sentite richieste per un’equa inclusione delle donne in tutti gli aspetti della vita ecclesiale. Il commento di Francesco, arrivato pochi mesi prima dell’apertura della seconda assemblea sinodale a Roma questo ottobre, non è solo in disaccordo con le esigenze della Chiesa oggi, ma un tradimento del progetto sinodale di ‘camminare insieme’.
In questo spirito, la WOC invita Papa Francesco a incontrare le donne chiamate al ministero ordinato per cogliere più pienamente la loro sincera chiamata a servire la Chiesa. Chiediamo anche ai delegati sinodali di parlare con coraggio in questo momento”.
Vivere meglio la missione di amore e di servizio
Cosa accade nelle altre confessioni cristian? Proprio a ridosso della Pasqua ortodossa (nel 2024 è stata il 5 maggio), la Chiesa ortodossa ha visto al suo interno un notevole cambiamento. È è stata infatti ordinata diacona Angelic Molen dal vescovo dello Zimbabwe Seraphim Kykkotis. Questo traguardo è il frutto di un lungo lavoro di rinnovamento della Chiesa ortodossa, di cui anche il St. Phoebe Center for Deaconess ha fatto parte.
La sua portavoce, Carrie Frederick Frost, commenta: “Sebbene ci siano state alcune reazioni negative all’ordinazione, la stragrande maggioranza è stata molto positiva. C’è la sensazione in tutta la Chiesa ortodossa che ordinare le donne oggi come diacone sia fedele alla nostra tradizione e rispondente ai bisogni di oggi.
L’ordinazione nello Zimbabwe costituisce un prezioso precedente che altre chiese autocefale potrebbero scegliere di seguire. Personalmente credo che rinnovare l’ordine delle diaconesse per uomini e donne consentirà alla Chiesa ortodossa di vivere meglio la sua missione di amore e di servizio”.
Il corpo della donna che si dona è indecente
Laura Testa, pastora evangelica valdese di Verona, amplia lo sguardo considerando il contesto protestante. “Tra il mondo protestante e quello cattolico c’è una grande differenza. Per noi tutte e tutti i battezzati sono ministri. Noi non abbiamo il sacramento dell’ordinazione, quindi c’è una coincidenza tra la professione che si svolge e la professione di fede. Il credo e l’azione quotidiana corrispondono.
Fino agli anni ’60, nel mondo protestante, c’era un forte dibattito circa il ministero ordinato delle pastore. Si credeva che le donne fossero inadatte perché incapaci di svolgere gli studi. Molte però li completarono brillantemente, quando smisero di essere interdetti alla componente femminile negli anni ’50. Si sosteneva anche che il matrimonio si opponesse al ministero. Anche questa però era una ragione di controllo sociale, non teologico. Lo stesso vale per l’argomentazione secondo cui il magistero fosse incompatibile con la maternità.
Oggi le pastore nel mondo valdese, metodista e battista sono circa la metà del totale. C’è stato un cambiamento delle dinamiche di potere. Nel momento in cui si dà a una donna la possibilità di assumere un ruolo di conduzione, anche le altre donne della comunità saranno spronate. Noi abbiamo anche altri due ministeri. Quello diaconale, legato all’assistenza (non strettamente liturgica), e quello dei predicatori e delle predicatore, accessibili a donne e uomini.
La problematicità di distinguere una versione maschile e femminile del ministero – come si fa nel mondo cattolico – è legata alla distinzione tra sacro e profano. Il sacro è connesso con il maschile. Se Dio è maschio e tutto quello che è legato al sacro dev’essere maschio, non c’è spazio per il femminile. Se invece il sacro è il teatro della svariata grazia di Dio, qui uomini e donne si mettono liberamente a servizio.
Inoltre nel cattolicesimo (non nelle chiese protestanti) il corpo della donna è tradizionalmente visto come quello che subisce in misura passiva, ricevente e mai donante. La donna che si dona è una prostituta. Il corpo della donna che si spezza e si dona è indecente e non può essere associato al corpo di Cristo. È lo sguardo maschile che rende peccato ciò che guarda con cupidigia, non lo sguardo di Dio”.