Giorgia Meloni che chiude la campagna elettorale a Cagliari con toni enfatici, Matteo Salvini e Elly Schlein che battono l’isola passo dopo passo, Giuseppe Conte che si reca in Sardegna a urne chiuse e scrutinio aperto per “abbracciare” Alessandra Todde a prescindere dal risultato. La politica italiana non ha forse ampiamente sopravvalutato le elezioni in Sardegna? E, parimenti, non l’hanno forse fatto i media? Da chi cercava in Sardegna “prove” dell’esistenza di crepe nel centrodestra a chi valutava le prove del “campo largo” nell’alleanza M5S-Pd per la Todde, i media si sono scatenati.
L’Italia che parla sardo
Nelle scorse settimane tutti hanno imparato chi fossero Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari di Fratelli d’Italia, e la pentastellata Todde. Tutti hanno riportato alla loro mente il nome di Renato Soru, ex presidente della Regione, ex fondatore della piccola Silicon Valley nella terra dei nuraghi, patron di Tiscali e tornato candidato alla guida di un’insolita alleanza liberal-comunista con Azione e Rifondazione, in patto di desistenza per le prese di posizione ambientaliste e anti-Nato del candidato. E tutti abbiamo ricordato la lunga storia del Partito Sardo d’Azione, passato da Emilio Lussu a Matteo Salvini nel giro di un secolo. Giubilato dalla guida della Regione alla caduta del presidente uscente Christian Solinas.
Tutti, dunque, abbiamo avuto modo di sentire narrato, giorno dopo giorno, che la Sardegna è una terra a sé. E ciononostante si è sopravvalutato il peso nazionale di questo voto locale.
La Sardegna fa storia a sé
Intendiamoci: ogni voto regionale di per sé parla solo per il suo territorio. Ha valenza nazionale nella misura in cui gliela danno opinione pubblica, politica e mondo dell’informazione. Lungi da noi sminuire la Sardegna, sia ben chiaro, e i riflessi politici delle sue regionali giunte all’ultimo voto. Ma guai a vedere in quest’isola l’ennesimo, paventato “Ohio d’Italia”. Ovvero il territorio-laboratorio di formule poi valide a livello nazionale. L’isola sarda, lo insegna la sua storia dai Fenici a Gigi Riva, è abituata a fare storia a sé.
E lo fa anche nella politica odierna. In quale altra regione d’Italia, ad esempio, il centrodestra vede alleati il più nazionalista dei partiti, Fdi, a una formazione regionalista come il Psd’Az? Dove una faida politica famigliare come quella della famiglia Soru diventa dirimente nella rottura tra un potenziale candidato e il suo Partito Democratico, ove la figlia risulta invece candidata? Dove, appunto, Carlo Calenda potrebbe, dall’alto degli “Slava Ukraini!” pronunciati a Kiev, sostenere un avversario della presenza dell’Alleanza Atlantica sul suo territorio come Soru? E dove, appunto, il leader di Azione e Maurizio Acerbo si potebbero mai stringere la mano? Tutto questo solo in Sardegna.
Ogni voto ha sempre la sua storia. Specie quelli per le Regionali. Ove contano i nomi prima ancora dei partiti. Quelli dei candidati alla presidenza, ma anche la lunga schiera dei candidati al consiglio regionali, cacciatori di preferenze. In Sardegna, terra plurale e divisa tra area costiera e area montana, tra province difformi come sistema economico e sociale e tra il capoluogo Cagliari e tutto il resto questo conta a maggior ragione.
La Sardegna consapevolmente sopravvalutata
Eppure la Sardegna è stata sopravvalutata, forse consapevolmente. Perché in fin dei conti tutti potranno cantare a loro modo vittoria, come abbiamo spiegato su queste colonne. Tutti hanno avuto il loro, lungo quarto d’ora di notorietà e l’esito del voto promuove tutte le discussioni favorevoli al nuovo bipolarismo sempre più netto che condiziona la politica italiana.
Nel vuoto delle notizie nostrane, tra un mondo che cambia ed evolve e ci presenta i conti della grande storia, i media potranno a loro volta cantare vittoria per aver riacceso quel clima da elettoralismo puro che mira a trasformare ogni elezione in referendum. Ma l’Ohio, decisivo in passato per molte presidenziali Usa, resta oltre Atlantico. A noi restano, piaccia o meno, le Regionali. Nessuna delle quali potrebbe, oggigiorno, terremotare il governo di Roma. O dare giudizi definitivi sulla tenuta o meno delle coalizioni. In questo senso la Sardegna è stata consapevolmente sopravvalutata per testare rapporti di forza interni a coalizioni, campi politici e partiti stessi. Ma alla prova dei fatti, nel bilancio consolidato della politica italiana, il dato politico del voto sardo sarà una di tante postille nella note integrativa. Non la relazione sul suo stato di salute definitivo.