Perché leggere questo articolo? Non è un grande momento per le vignette. Quelle che un tempo erano il cuore della prima pagina sono sempre più relegate in fondo al giornale e al dibattito pubblico. I grandi vignettisti, come Staino e Altan, stanno scomparendo e le nuove leve faticano a far parlare di sé.
Non è un grande momento per le vignette. Staino è morto, Vauro va solo in tv e anche gli altri vignettisti non se la passano tanto bene. Un tempo era il cuore della prima pagina del giornale, il colpo d’occhio che incuriosiva, divertiva facendo riflettere. A volte causavano non pochi guai al giornale, ma le vignette erano una componente centrale. Oggigiorno sono ormai relegate a margine del giornale, e del dibattito pubblico. Se ne torna a parlare solo quando qualche sporadico caso eclatante. Insomma, non ci sono più i vignettisti di una volta.
Il 2023 dolceamaro delle vignette (a destra e sinistra)
La scorsa estate la vignetta si è ritagliata una momentanea ribalta – complice la pausa agostana del Parlamento – grazie a un lavoro di Mario Natangelo. Il vignettista del Fatto Quotidiano aveva ironizzato su Arianna Meloni – neonominata Responsabile della segreteria e sorella della premier – e suo marito, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. L’acceso dibattito ha rappresentato “l’estate di San Martino” delle vignette politiche italiane.
Per qualche giorno il Paese – quella sempre più minuta parte che si informa tramite giornali e televisioni – ne ha un po’ dibattuto, poi è tornato a ben altre faccende. Il prosieguo di 2023, invece, ha assestato duri colpi mondo vignette. Sempre in estate, Il Giornale ha licenziato il vignettista Alfio Krancic, che da vent’anni impreziosiva il quotidiano fondato da Indro Montanelli con una delle poche forme di satira divertente e intelligente che la destra ha saputo produrre nel nostro paese. Poi è scomparso Sergio Staino, uno degli ultimi grandi vignettisti politici. Il suo alter ego a matita, Bobo, era universalmente riconosciuto come la voce critica della sinistra italiana.
Tempi duri per i vignettisti
Un annus horribilis per i vignettisti di destra e sinistra. La morte di un grande maestro ha messo in luce il momento difficile della vignetta, in Italia ma anche all’estero. Non sono pochi i casi di vignettisti censurati o licenziati da autorevoli quotidiani, che dopo lo scoppio della guerra in Israele hanno interrotto lunghe collaborazioni a causa di vignette ritenute politicamente scorrette. Il New York Times ha addirittura annunciato di non pubblicare più vignette a tema politico.
Tornando all’Italia, sembra avvertirsi il problema contrario: i vignettisti faticano a catturare l’attenzione del dibattito pubblico. Le tasche degli editori dei quotidiani ringraziano: le querele dei politici sono sempre meno. Non è sempre stato così. “Forattini mi ha inventato” dichiarò il Divo Giulio Andreotti. Un omaggio al suo caricatore, Giorgio Forattini, a cui riservò l’onore di una ventina di querele in cinquant’anni di onorata carriera. Il vignettista 91enne di Repubblica, Stampa, Panorama e Giornale da tempo non ci fa dono dei suoi acuti schizzi. Forattini non disegna più e ha deciso di donare il suo sterminato archivio. A tenere alto il nome dei numi tutelari delle vignette è rimasto il solo Altan, che dal 1975 impreziosisce le prime pagine del Corriere della Sera, insieme all’altro grande decano dei vignettisti italiani, Emilio Giannelli.
Le vignette hanno fatto la politica italiana
Storicamente parlando, nel nostro Paese la satira ha avuto un ruolo importante di emancipazione culturale. I quotidiani l’hanno ben presto capito. Anche da un punto di vista pratico, il ricorso ai disegni rappresentava un escamotage ben più economico rispetto alle fotografie d’agenzia. La controcultura del Sessantotto ha fatto da volano ai vignettisti, disegnatori di un modo nuovo di fare politica. Da riviste cult come Re Nudo, Linus e Frigidaire, i disegnatori sono approdati ai principali quotidiani nazionali. La politica non ha sempre apprezzato, ma era parte del gioco. Un gioco che da qualche tempo si è spezzato, complice la crisi dei giornali, della politica e i nuovi media. Sempre più social, sempre meno satirici.