Perché questo articolo potrebbe interessarti? Tradizione dei governi italiani è quella di introdurre, durante i loro mandati, nuovi reati. Non fa eccezione l’esecutivo di Giorgia Meloni, che ha introdotto 15 nuove fattispecie di reato in 14 mesi: “Questo modo di fare – sottolinea su TrueNews l’avvocato Giuseppe Fornari – non fa il bene del Paese”.
Quando nell’agone politico si parla di episodi percepiti come gravi o importanti, spesso viene invocato l’intervento dello Stato. E, in termini più specifici, del legislatore. In poche parole, in alcuni casi anche a furor di popolo, viene chiesta l’introduzione di nuove leggi in grado di trasformare in reato ciò che più desta preoccupazione.
Molti governi in Italia in tempi recenti hanno agito in questa direzione. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni non è certo da meno. In 14 mesi di governo, sono stati introdotti 15 reati. Una media di poco più di un nuovo reato al mese. Ma questa strategia funziona realmente? Maggiori comportamenti penalmente rilevabili implicano davvero una migliore risoluzione delle principali problematiche? Secondo l’avvocato Giuseppe Fornari, non è questa la strada da seguire: “E lo si studia già al primo anno di università che l’inserimento nel codice di più reati non fa bene al sistema – dichiara su TrueNews – questo concetto soltanto i nostri legislatori non vogliono capirlo”.
Una “fabbrica” di reati: tutte le nuove norme introdotte da Meloni
Pochi giorni dopo l’insediamento del governo Meloni, è esploso il caso del rave party organizzato in provincia di Modena. Una maxi festa abusiva durata giorni che, per il neonato esecutivo, ha rappresentato la prima opportunità di mostrare il pugno duro contro comportamenti considerati socialmente pericolosi. Si è così arrivati all’approvazione, tramite il decreto 162/2022, del “reato di invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica”. È stato questo il primo dei 15 reati introdotti dall’attuale esecutivo.
Nel febbraio 2023, un altro episodio ha spinto il governo a varare un nuovo decreto con dentro una nuova fattispecie di reato. Il riferimento è al naufragio di Cutro, costato la vita a decine di migranti arenatisi con la propria imbarcazione a largo della Calabria. Circostanza che ha portato il governo Meloni a varare il cosiddetto decreto Cutro (formalmente si tratta del decreto 20/2023). All’interno è stato introdotto il reato di “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”.
Poi via via sono arrivate tutte le altre norme contenenti i nuovi reati. Come ad esempio il decreto che ha introdotto il reato di abbandono di rifiuti. Così come il decreto con il quale si è stabilito il “reato di natura contravvenzionale” contro chi abbatte, cattura o detiene orsi bruni marsicani. Anche questa è una norma arrivata dopo episodi molto discussi a livello mediatico. Con la legge 138/2023 invece è stato introdotto il cosiddetto “omicidio nautico”. Tre reati sono stati poi introdotti con il cosiddetto decreto Caivano. Un documento contenente il reato di stesa, ossia la pubblica intimidazione con uso di armi, il reato di porto di armi per cui non è ammessa licenza e il reato di inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori.
Il 26 luglio è stata approvata alla Camera la legge che estende all’estero la “punibilità del cittadino italiano che si macchia delle due fattispecie di reato della maternità surrogata e della commercializzazione di gameti”. Dulcis in fundo, il 16 novembre è stato varato il nuovo decreto sicurezza. Al suo interno sono contenute ben sette nuove fattispecie di reato. Tra queste anche l’induzione all’accattonaggio e l’occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui.
Il diritto penale come extrema ratio
Il filo comune delle norme sopra elencate è dato dall’introduzione di nuovi reati a seguito di episodi socialmente rilevanti o allarmanti: “Ma così non si risolve alcun problema – ha dichiarato a True News l’avvocato Fornari – anzi, in relazione proprio al recente decreto sicurezza posso dirle che la preoccupazione è data dall’introduzione di tanti nuovi reati che rischiano, tra le altre cose, di generare più confusione che altro”.
Quello di Fornari ai nostri microfoni è un attacco a tutto tondo contro l’attuale andazzo legislativo: “Il diritto penale deve essere pensato come extrema ratio – sottolinea – non possiamo pensare di introdurre una fattispecie di reato per ogni problematica, esistono altri strumenti per prevenire e reprimere alcuni comportamenti”. Secondo l’avvocato occorrerebbe intervenire in certi casi con le multe e con tutte le altre alternative già esistenti: “Soltanto dopo allora si può chiamare in causa il diritto penale – ha aggiunto Fornari – ci sono molti studi che dimostrano come l’introduzione continua di nuovi reati e il pensare di risolvere i problemi rendendo penalmente rilevabili alcuni comportamenti, non solo non migliorano la situazione ma addirittura la peggiorano”.
“Anzi – prosegue nella sua osservazione il giurista – io depenalizzerei alcuni reati, non li renderei più un affare del diritto penale. Vede, il concetto secondo cui il penale occorre considerarlo solo un’extrema ratio lo si studia già al primo anno di università. Gli unici che non lo capiscono sono i nostri legislatori”.
Poche leggi ma buone
La proliferazione di nuovi reati non è un vizio che riguarda solo l’attuale governo. Piuttosto sembra appartenere a un consolidato costume della politica italiana già dagli anni della Prima Repubblica. Del resto, rispondere a un evento o a una problematica introducendo pene più aspre o nuove fattispecie penalmente punibili dà il senso di un’azione più rapida. Quasi una vera e propria scorciatoia politica, grazie al quale il governo di turno può dimostrare all’elettorato di essere intervenuto in tempi molto brevi.
Non c’è evento emergenziale o avvertito come socialmente rilevante dall’opinione pubblica che non abbia visto, subito dopo, una cascata di nuove leggi. “Eppure – ha rimarcato ancora Giuseppe Fornari – basterebbe avere un quadro chiaro e semplice dei comportamenti penalmente rilevanti”. Poche leggi ma buone, verrebbe da dire. Anche perché, con nuovi reati da perseguire, verrebbe più difficile garantire l’applicazione delle misure. E, con esse, anche la certezza delle pene: “Inoltre – ha concluso Fornari – l’approvazione di nuove fattispecie da perseguire intasa l’attività dei tribunali”.