Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’Arabia Saudita è diventato il nuovo El Dorado degli investimenti. Il ricchissimo piano Vision 2030, annunciato nel 2016 dal principe ereditario Mohammed bin Salman, offre interessanti occasioni economiche da sfruttare all’ombra di Riyad. Tutti vogliono essere coinvolti. Ci sta provando anche l’Italia.
Lo scorso maggio, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha avuto un colloquio in videocollegamento con il ministro degli investimenti dell’Arabia Saudita, Khalid Al-Falih. Sul tavolo c’erano i rapporti tra Roma e Riyad, con l’implicita volontà reciproca di rafforzare le già solide relazioni economiche italo-saudite.
Al-Falih ha fatto sapere che il potente Fondo sovrano saudita (Pif, potenza di fuoco stimata in oltre 600 miliardi di dollari) è pronto ad investire in Italia. Tanti i settori potenzialmente coinvolti: dalla moda all’agroalimentare, dall’arredo alla farmaceutica. Senza dimenticare altri settori, quali la manifattura avanzata e la nautica, fino ad includere strette collaborazioni sulla transizione green e il digitale.
In attesa di capire cosa accadrà da qui ai prossimi mesi, il suddetto contatto è emblematico di come la partita saudita interessi anche il governo italiano. Non potrebbe essere altrimenti, visto che l’Arabia Saudita ha fame di investimenti e, al tempo stessa, è pronta ad investire oltre i propri confini.
Nasce proprio per questo Saudi Vision 2030, piano miliardario con il quale il regno saudita intende diversificare la propria economia. In Italia, intanto, è molto attivo l’intergruppo parlamentare di amicizia Italia-Arabia Saudita. Canale con il quale Roma spera di interloquire sempre di più con Riyad.
L'”amicizia” tra Italia e Arabia Saudita
L’intergruppo di amicizia in questione è lo stesso che, nel 2021, pubblicava un comunicato nel quale sottolineava “lo storico rapporto” tra i due Paesi, elevato ad una “solida cooperazione internazionale” tra due “interlocutori fondamentali per l’area del Mar Mediterraneo e del Medio Oriente sotto il profilo politico, economico, commerciale e culturale”.
Il gruppo spiegava inoltre che Vision 2030 dovrebbe essere considerato “un punto di riferimento anche per il nostro mondo occidentale” e “per tutta la comunità economica, commerciale e culturale internazionale”. Parole al miele, che lasciano presupporre la volontà italiana di non perdere l’appuntamento con le chance economiche incarnate dal piano saudita.
Non ci sarebbe niente di male nel promuovere il business tra Italia e Arabia Saudita seguendo i principi della realpolitik. Se non che i membri dello stesso integruppo d’amicizia sopra citato appartengono a partiti politici italiani che hanno spesso sbandierato il tema della violazione dei diritti umani e l’assenza di democrazia per prendere le distanze da attori non democratici.
Come ha sottolineato L’Espresso, la guida del veicolo è affidata al deputato di Fratelli d’Italia (FdI), Marco Osnato, che presiede la commissione Finanze. Gli altri parlamentari includono diversi membri di centrodestra. Come Salvatore Caiata, Giangiacomo Calovini, Grazia Di Maggio, Fausto Orsomarso, Cinzia Pellegrino, Fabio Rampelli e Sandro Sisler di FdI. I leghisti Elena Murelli e Stefania Pucciarelli. Roberto Pella, Catia Polidori e Francesco Rubano di Forza Italia. E pure Giorgio Lovecchio per i pentastellati e Mauro Del Barba per Italia Viva.
Il piano di Riyad
Dici Arabia Saudita e pensi al deserto, alle oasi circondate da palme e al petrolio. Tanto petrolio, lo stesso oro nero che, a suon di esportazioni, ha trasformato Riyad in una nuova potenza globale. Oggi le casse del regno saudita sono piene di denaro. E il principe ereditario Mohammed bin Salman è pronto ad utilizzarlo per cambiare faccia al Paese. Non solo dal punto di vista dell’immagine – l’Arabia Saudita è pur sempre un Paese dove i diritti umani sono distanti dagli standard europei – ma anche da quello economico.
Con il futuro green che inizia a fagocitare il presente, chi ha campato sempre di petrolio deve per forza di cose cambiare strategia. Da qui la proposta di un piano miliardario, Vision 2030, pensato appositamente per diversificare il sistema economico nazionale e sviluppare settori di servizio pubblico, come infrastrutture, sanità, istruzione e turismo.
Roma vorrebbe ritagliarsi uno spazio d’azione. Nel 2022, le esportazioni dell’Arabia Saudita verso l’Italia hanno toccato i 7,4 miliardi di euro (6,6 miliardi legati al comparto energetivo). Allo stesso tempo, il Belpaese ha spedito a Riyad 1,2 miliardi di euro in apparecchiature e macchinari, 373 milioni in cibo e vino, 234 milioni in mezzi di trasporto. Il totale fa 4 miliardi di euro.
Vision 2030 potrebbe amplificare queste cifre. Fino a quanto, dipenderà dall’abilità di rispondere presente alle varie occasioni che si verificheranno da qui ai prossimi anni. Preferibilmente evitando imbarazzi o contraddizioni. Certo è che la narrazione sul regno saudita è destinata a cambiare.