Dal 2017 al 2019 su 259 omicidi in Italia, 131 sono stati commessi da persone che detenevano armi legalmente. Novantuno invece quelli in ambito mafioso e 37 durante rapine o furti. “Oggi in Italia è più facile essere uccisi da un legale detentore di armi che dalla mafia o dai rapinatori”, ha detto Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal), parlando il 23 luglio a un incontro da remoto dal titolo “Armi in Italia: l’illegittima offesa”, durante il quale sono intervenuti, oltre Beretta, anche Luca Di Bartolomei (Saggista, autore di “Dritto al cuore”) e Gabriella Neri (Presidente di “Ognivolta” onlus, l’associazione fondata da parenti e amici di Luca Ceragioli e Jan Hilmer, uccisi proprio il 23 luglio di 11 anni fa a Massarosa (Lucca) all’interno della Gifas Electric da un collega di lavoro, con problemi di salute mentale e con una regolare licenza per armi sportive. Armi sportive o da caccia che diventano strumento di morte nei femminicidi, durante liti in strada o per vendicare torti subiti.
Armi e licenze, il tema torna d’attualità
Dopo il caso di Voghera, con l’assessore comunale alla Sicurezza Massimo Adriatici che ha ucciso, con la sua pistola detenuta legalmente, Jouns El Bossettaoui, torna d’attualità il tema delle armi possedute con regolare licenza. Per difendersi, sentirsi più sicuri, rispetto alla propria sicurezza personale e talvolta, alla percezione della stessa. Percezione che, secondo l’indagine Censis-Federsicurezza nel rapporto sulla “Filiera della sicurezza in Italia” pubblicata ad aprile 2021, porta il 90,9% degli italiani adulti ad adottare almeno un sistema di sicurezza a difesa della propria casa. Due italiani su tre hanno una porta blindata all’entrata della propria abitazione (65,7%), il 37% ha un sistema di allarme, uno ogni tre ha le inferriate alle porte o finestre (32,8%), il 30,3% ha una videocamera e il 19,6% ha installato una cassaforte in cui tiene gli oggetti di valore.
Armi in senso stretto? I cittadini che hanno un’arma da fuoco dentro casa sono il 9,6% del totale ma il Censis nota anche che la legge sulla legittima difesa non sembra aver trasformato gli italiani in un popolo di sceriffi facendone aumentare le richieste di licenze e porti d’arma.
Vigilanza privata, un settore in espansione anche in Italia
Qualcosa però negli anni è successo. Se l’ultimo rapporto 2021 non dà indicazioni specifiche, quello precedente redatto nel 2018 fotografa un aumento importante di armi e società di vigilantes. Nel 2017 il settore della vigilanza privata propriamente detta contava su 1.594 imprese, in crescita dell’11,3 per cento dal 2011 e del 2,4 per cento nell’ultimo anno, per un totale di 64.443 dipendenti. Aumentati del 16,7 per cento dal 2011 e del 3,2 per cento dal 2016, con una media di 40 operatori per ogni azienda.
Se si aggiungono le aziende per la sorveglianza non armata ecco che i dati disponibili mostrano l’andamento “esplosivo” del mercato della sicurezza negli ultimi anni: le imprese attive sono 1.424 contro le 215 del 2011, con una crescita del 562,3 per cento. Nello stesso periodo i dipendenti sono passati dai 3.478 ai 21.761 del 2017, aumentando del 525,7 per cento. Va specificato il trend è trainato soprattutto da imprese della vigilanza non armata, come i servizi di piantonamento e portierato che negli ultimi tempi hanno assunto anche carattere industriale a tutela di impianti e stabilimenti e in qualche caso utilizzati anche per risolvere le vertenze sindacali con i lavoratori, come nel caso della FedEx o della GKN.
Licenze (e porto d’armi) in aumento anche in Italia
Ad ogni modo il boom di settore accadeva mentre i reati denunciati in Italia diminuivano (passando dai 2,7 milioni del 2008 ai 2,2 milioni del 2017, seppur non in maniera costante ogni anno) ma aumentavano le licenze per porto d’armi: 1,4 milioni nel 2017, con un più 20,5 per cento dal 2014. Si tratta soprattutto di licenze per caccia e sportive che il rapporto di Federsicurezza e Censis del 2018 mette in relazione però “con i successi dei nostri tiratori nelle diverse competizioni internazionali”, pur sottolineando che è “difficile non mettere in relazione questo aumento della voglia di sparare anche con la diffusione della paura e con la tranquillità apparente che può derivare dal saper maneggiare un’arma da fuoco”.
Armi da fuoco più diffuse nei piccoli centri
Se si aggiungono le licenze per difesa personale (18.452), le guardie giurate (56.062) e gli operatori di corpi di polizia e forze armate emerge come circa 1,9 milioni di italiani possiedono regolarmente almeno un’arma da fuoco. Quasi 4,5 milioni di persone, fra cui 700 mila minori, se si tiene conto del “fattore” famiglia come potenziale moltiplicatore.
La descrizione degli sceriffi di se stessi che cercano sicurezza fai-da-te? Chi vive nei piccoli centri inferiori a 30mila abitanti è più probabile che prenda questa scelta rispetto a chi vive nelle grandi aree urbane: 11,3% i primi e “solo” il 7,6% di chi abita in città con più di 100mila abitanti. Nei comuni fra 30mila e 100mila residenti invece la percentuale passa all’8 mostrando la diretta proporzionalità fra “isolamento” e “insicurezza”. A livello socio-economico sono le persone benestanti a dotarsi di armi proprie e altri strumenti come sistemi di vigilanza o telecamere, circa il 17,8 per cento della platea.