Perché leggere questo articolo? Prende il via a New York la settimana di Alto Livello dell’Onu. Più di 130 leader mondiali si riuniscono per non decidere nulla su Ucraina, Palestina e riforma delle Nazioni Unite. Una passarella quasi del tutto ininfluente.
Ogni settembre, New York si trasforma nella capitale mondiale della diplomazia. Più di 130 leader mondiali – tra cui anche Giorgia Meloni – si riuniscono nel Palazzo di Vetro dell’Onu per la Settimana di Alto Livello dell’Assemblea Generale, un appuntamento che dovrebbe essere il culmine del dialogo internazionale. Ma, anno dopo anno, le aspettative vengono sistematicamente disattese. Le risoluzioni concrete sono poche. I risultati su temi cruciali come il conflitto in Ucraina, la questione palestinese e la riforma dell’ONU sono scarsi. Questo rito annuale è ormai poco più di un teatro politico, dove le parole suonano vuote e le promesse restano sulla carta.
Ucraina, la diplomazia Onu paralizzata tra sanzioni e retorica
Il conflitto in Ucraina, che ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa, sarà uno dei temi caldi dell’Assemblea Generale. Tuttavia, è improbabile che emerga una soluzione concreta. I leader occidentali continuano a denunciare l’aggressione russa e a promettere sostegno militare e finanziario a Kiev. Dal canto suo, Mosca insiste sulla sua narrativa di autodifesa contro la presunta espansione della Nato. Ma questi discorsi sono già noti e nessuno si aspetta che un dibattito nel contesto dell’Onu possa spostare l’ago della bilancia.
L’Assemblea Generale, pur essendo un forum inclusivo dove ogni Stato ha diritto di parola, manca di potere vincolante. Le risoluzioni che potrebbe adottare hanno solo valore simbolico. Il Consiglio di Sicurezza, l’organo che realmente decide, è paralizzato dal diritto di veto della Russia, rendendo qualsiasi iniziativa sulla crisi ucraina inefficace. E mentre i leader mondiali discutono tra brindisi e foto di rito, la guerra sul campo continua, senza segni di una pace duratura.
Palestina: promesse vuote e silenzi assordanti
Da decenni, la questione palestinese è al centro delle riunioni internazionali, ma la situazione sul terreno continua a peggiorare. I leader arabi e i rappresentanti dell’Autorità Nazionale Palestinese – recentemente finita al centro delle polemiche per presunti legami con la strage del 7 ottobre – ripeteranno le loro denunce contro l’occupazione israeliana, chiedendo il rispetto delle risoluzioni ONU che prevedono la creazione di uno Stato palestinese indipendente. Ma queste richieste cadranno, come sempre, nel vuoto.
Israele, sostenuto dagli Stati Uniti, ignora da anni le risoluzioni ONU e continua a espandere gli insediamenti nei territori occupati. Anche quest’anno, nessuna risoluzione significativa o iniziativa diplomatica verrà adottata per mettere fine a un conflitto che affonda le sue radici nel XX secolo. Mentre i leader mondiali si scambiano strette di mano a New York, in Palestina le tensioni si intensificano e la prospettiva di una pace giusta e duratura sembra sempre più lontana.
La Riforma dell’ONU: Un Sogno Infranto
Da tempo si parla della necessità di riformare le Nazioni Unite per renderle più rappresentative ed efficaci. L’attuale struttura, eredità della Seconda Guerra Mondiale, non riflette più l’equilibrio geopolitico del XXI secolo. Paesi emergenti come India, Brasile e Sudafrica chiedono un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, mentre altre nazioni vorrebbero limitare il potere di veto per evitare che una singola superpotenza possa bloccare decisioni cruciali.
Nonostante queste richieste, la riforma dell’ONU resta un miraggio. I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito e Francia – non hanno alcun interesse a cedere il loro potere. La questione viene discussa ogni anno, ma non si va oltre dichiarazioni di principio e promesse di “valutazioni future”. Il sistema resta dunque in stallo, prigioniero di una logica obsoleta che paralizza l’azione internazionale.
Onu, un forum che ha perso la sua centralità
In un mondo sempre più frammentato, le Nazioni Unite hanno perso la loro centralità come forum di risoluzione delle crisi globali. In passato, l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza erano luoghi dove, seppur con difficoltà, si cercavano compromessi e si costruivano coalizioni per affrontare sfide comuni. Oggi, invece, i grandi dossier internazionali vengono gestiti altrove: nei summit del G20, nei negoziati bilaterali o attraverso alleanze regionali.
La debolezza strutturale dell’ONU è aggravata dall’incapacità dei leader di agire in modo collettivo. Le divisioni geopolitiche sono più forti che mai, con Stati Uniti e Cina in competizione per l’egemonia globale, e l’Unione Europea che fatica a trovare una voce comune. La Settimana di Alto Livello si riduce così a un palco dove ognuno recita il proprio monologo, senza ascoltare davvero l’altro.
Un’occasione mancata
La Settimana di Alto Livello dell’Onu dovrebbe essere un’occasione per affrontare le sfide globali con spirito di cooperazione e senso di responsabilità. Invece, si è trasformata in un circo diplomatico, dove le parole contano più delle azioni e i problemi restano irrisolti. Mentre i leader mondiali si riuniscono a New York per scambiarsi sorrisi e strette di mano, i conflitti continuano, le disuguaglianze aumentano e il pianeta affronta crisi che richiederebbero un’azione collettiva e urgente. Senza una vera volontà politica, però, la Settimana di Alto Livello resterà un rituale vuoto, l’ennesima occasione mancata in un mondo che non può più permettersi di perdere tempo.