Perché questo articolo ti potrebbe interessare? A pochi giorni dalla morte del Papa emerito Benedetto XVI, vengono riaperte le indagini sul caso Orlandi. La coincidenza potrebbe far ben sperare. Eppure non è detto che il Vaticano voglia la verità.
A pochi giorni dalla morte del Papa emerito Benedetto XVI, la Santa Sede ha annunciato la riapertura del caso Orlandi, generando un notevole dibattito e il sospetto che i due avvenimenti siano legati. La scomparsa di Emanuela Orlandi è tornata recentemente sotto i riflettori grazie alla docuserie di Netflix Vatican Girl. È avvenuta nel giugno del 1983, quando Orlandi aveva 15 anni, eppure resta irrisolta a quarant’anni dal fatto.
La riapertura del caso e la morte di Ratzinger. Coincidenze?
È da tempo che i familiari di Orlandi chiedono la riapertura del caso e il procedere delle indagini, considerando anche nuove documentazioni raccolte. La sua scomparsa si intreccia a maglie strette con il pontificato di Ratzinger e con il caso Vatileaks 1. Si tratta di una serie di scandali dovuti alla diffusione di informazioni riservate dal Vaticano nel periodo che va dal 2012 al 2015.
La riapertura arriva quindi dopo la morte del Papa emerito, su cui grava la mancata denuncia si una serie di abusi su minori messi in luce dal report redatto a Monaco di Baviera nel gennaio del 2022. A ciò si aggiunge il libro Nient’altro che la verità pubblicato da Georg Gänswein, arcivescovo ed ex segretario di Ratzinger. Il volume racconta della negligenza e dell’omertà con cui Benedetto XVI ha osservato le forme di violenza interne all’istituzione religiosa.
Sembra dunque che la riapertura del caso Orlandi sia destinata a distogliere l’attenzione pubblica e far dimenticare il grande scandalo degli abusi nella Chiesa, recentemente stimati, seppur con notevoli lacune, in un report della CEI.
Un meccanismo che ritorna
Il riavvio delle indagini a un periodo così ampio di distanza rispetto allo svolgimento dei fatti non è per nulla nuovo tra le dinamiche vaticane. Lo stesso è avvenuto in passato all’interno di vicende che hanno attirato fortemente l’attenzione dell’opinione pubblica; per poi essere naufragate tra il silenzio e l’attesa, nello scorrere del tempo. È ciò che è avvenuto con l’attentato di Ali Agca a Papa Woytila, il fallimento del Banco Ambrosiano e lo IOR.
Proprio Ali Agca, che nel maggio del 1981 ha colpito Giovanni Paolo II con un’arma da fuoco, si è espresso sulla scomparsa di Orlandi. Ha sostenuto infatti, in un confronto con il Corriere, che “La spiegazione umana del caso si può capire in qualche misura analizzando i fatti. Devo gridare pubblicamente al vertice Vaticano: liberate Emanuela Orlandi dal convento di clausura dove vive e prega serenamente”.
Il Orlandi ha le stesse dinamiche dello scandalo IOR
Molti rallentamenti hanno subito anche gli accertamenti sull’Istituto per le Opere di Religione (IOR), solitamente chiamato Banca Vaticana e guidata per vent’anni dall’arcivescovo Paul Marcinkus, in relazione al fallimento del Banco Ambrosiano e alle pratiche illecite che hanno coinvolto la criminalità organizzata. Il tutto si connette con la morte del banchiere Roberto Calvi avvenuta nel 1982; dichiarata dopo le prime indagini suicidio è stata poi definita un omicidio, ma di cui ancora oggi sono sconosciuti gli autori. Dagli scandali finanziari alle sparizioni, i casi controversi vengono riaperti dal Vaticano al momento giusto per distogliere l’attenzione e mantenere le acque torbide attorno ai temi più caldi per la Chiesa. Una ripresa delle indagini, quindi, che non sempre vuole la verità.