Il 2 agosto 1980 alle 10.25, 23 chili di tritolo fecero deflagrare una bomba che uccise 85 persone e ne ferì oltre 200: quella della Stazione di Bologna è la più sanguinosa strage della storia della nostra Repubblica. Una pagina tutt’altro che chiusa e che ancora necessita di molti tasselli di verità. Nel corso di processi decennali e complicati è stata appurata la matrice neofascista dell’attentato, ma restano ancora da scoprire mandanti e depistatori. Come ogni anniversario, familiari delle vittime, istituzioni e cittadini comuni hanno sfilato per il capoluogo emiliano e chiesto verità per un puzzle che non è ancora stato composto.
“Sono trascorsi 41 anni, ma molte ombre non sono ancora state dissipate” ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La democrazia italiana venne colpita al cuore da un attacco concepito da menti ciniche, tuttavia l’impegno per la verità c’è ed è forte” ha scritto il capo dello Stato. Presente alla commemorazione, nonostante i giorni delle complesse trattative per la riforma della giustizia che porta il suo nome, la Guardasigilli Marta Cartabia ha sottolineato come il processo attualmente in corso possa far compiere un passo in avanti verso la ricostruzione dei fatti e sia una necessità per l’intera storia del paese. “Bologna non è solo uno snodo geografico ma dell’intera storia d’Italia”.
Proprio il 2 agosto di quarantuno anni dopo, il presidente del Consiglio ha firmato una direttiva che dispone la declassificazione del segreto di Stato degli atti sulla Loggia P2 e sull’organizzazione Gladio, due soggetti che hanno avuto un ruolo cruciale nei cosiddetti “anni di piombo” nel nostro paese dal 1969 ai primi anni Ottanta.
P2 e Gladio, cosa sappiamo
Propaganda 2 fu una loggia massonica che, guidata dal venerabile maestro Licio Gelli, riunì politici, industriali e uomini delle forze dell’ordine in “Piano di rinascita democratica” il cui obiettivo era sostituire i vertici dello stato con gli aderenti alla P2, in una sorta di “golpe morbido” che ben presto invece diede luogo a episodio insanguinati. Gladio era un’organizzazione paramilitare, creata e armata dalla CIA, per difendere l’Europa da un’ipotetica invasione dell’Urss.
Dopo anni di depistaggi, segreti e processi, sono stati condannati gli esecutori materiali della strage: i terroristi neri Francesca Mambro e Giusva Fioravanti (che hanno sempre negato il loro coinvolgimento) e Luigi Ciavardini, insieme con Gilberto Cavallini (quest’ultimo solo in primo grado). Resta da definire la posizioni di altri otto potenziali responsabili, insieme con gli innumerevoli depistatori. Cinque di loro sono deceduti: su tutti, il venerabile maestro Licio Gelli, il suo braccio destro Ortolani e il giornalista Tedeschi. Restano alla sbarra -nel nuovo filone del processo iniziato lo scorso aprile a porte chiuse e trasmesso in streaming per ragioni sanitarie- Paolo Bellini, l’ex ufficiale dell’arma Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia, l’amministratore del condominio di via Gradoli che fu covo prima delle Br e poi dei Nar. Il primo settembre ci sarà la prossima udienza di un processo che il presidente dell’associazione vittime, Paolo Bolognesi, ha definito “epocale, l’ultima occasione per provare a far emergere la verità su chi finanziò e provocò quell’orrore”.
P2 e stragi, la strada per la verità è complessa
Nonostante la direttiva per il desecretamento voluta da Mario Draghi – per legge solo il Presidente del Consiglio può decidere di apporre, dopo aver motivato al Copasir le ragioni, il segreto di stato oppure di toglierlo – la strada per la verità resta molto complessa. Innanzitutto, le operazioni di desecretazioni, ovvero di recupero di documentazione per poi “versarla” nell’Archivio centrale dello Stato, sono molto lunghe. Come ha dichiarato lo stesso Bolognesi in un’intervista al Post, spesso la documentazione perviene in maniera parziale, annerita in molte parti e spesso è complesso metterci mano: “A dire la verità finora dalle desecretazioni non abbiamo ottenuto molto. Le verità emerse sono sempre venute fuori in fase di indagine e processuale”.
Tra le desecretazioni più importanti sulle vicende terroristiche del nostro paese ci sono i documenti del caso Moro (su iniziativa di Prodi nel 2008) e di Piazza Fontana, Gioia Tauro, Peteano, Questura di Milano, Piazza della Loggia, Italicus, Ustica, Rapido 904 (deciso da Renzi nel 2014). Nel 2014 all’Archivio di Stato arrivarono anche documenti sulla Strage di Bologna, “Si videro arrivare i documenti smembrati, senza aver partecipato al lavoro di recupero e di assemblamento. Difficile capire dove e come metterci le mani. Speriamo che questa volta sia diverso” ha commentato al Post Bolognesi.
Dento milioni di faldoni, impolverati e disordinati, si celano le memorie di molti segreti della Repubblica che devono ancora essere rivelati. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha reso noto a maggio 2020 che saranno versati all’Archivio storico di Montecitorio i documenti dei lavori della commissione parlamentare d’inchiesta sul Sifar, l’ex intelligence italiana che venne travolta da uno scandalo nel 1964. Ci sono i documenti di 131 sedute, oltre 500 ore di riunione e 5mila pagine di verbali. La storica archivista della Commissione P2 Piera Amendola ha commentato al Fatto Quotidiano come ci sia “molta roba, materiale preziosissimo che non può essere disperso”.
Commissione inquirente, documenti ancora segreti
Rimane ancora il segreto sui documenti della Commissione Inquirente, nata nel 1953 e sostituita dal Tribunale dei ministri. Al suo interno ci sono 300 procedimenti su reati ministeriali, la storia della corruzione politica della prima Repubblica. Una storia segreta, eccezion fatta per le scarne relazioni al Parlamento. A partire dalla XI legislatura tutta la documentazione acquisita dalle commissioni di inchiesta è stata informatizzata, ma si attende una liberalizzazione di molto materiale: su tutti quello della Commissione parlamentare di inchiesta sul caso Sindona – tra il 1980 e il 1982. Resta infine complesso ipotizzare un’apertura dei faldoni relativi al Comitato parlamentare servizi segreti che da 40 anni conserva le vicende della nostra intelligence. Riferisce periodicamente al Parlamento ma le sue sedute e la documentazione acquisita sono segrete.