Sono dieci i candidati sindaci per le prossime elezioni comunali di Parma. Ma otto guarderanno da bordo campo la partita che si combatterà tra Michele Guerra, schierato da centrosinistra (tranne Azione); ed Effetto Parma, il movimento creato e guidato dal sindaco uscente Federico Pizzarotti, e il candidato di centrodestra Pietro Vignali. Sostenuto però solo Lega e Forza Italia, ma non da Fratelli d’Italia.
Pizzarotti ha cancellato i Cinque Stelle
Vignali è stato il predecessore di Pizzarotti, dimessosi nel 2011 per il coinvolgimento in alcune vicende giudiziarie. Lo scandalo che lo travolse fece da apripista alla vittoria del Movimento Cinque Stelle, che nel 2012 conquistò la sua prima città capoluogo d’Italia.
Nel 2016 Pizzarotti venne prima sospeso e poi espulso dal Movimento Cinque Stelle. La sua colpa? Non aver informato il direttorio pentastellato (leggi Grillo, Casaleggio e Di Maio) di aver ricevuto un avviso di garanzia per abuso di ufficio per una questione legata alla gestione del Teatro Regio.
L’anno dopo, mentre Pizzarotti si ripresentava e si riconfermava sindaco con la sua Effetto Parma, nella città ducale cominciava il rapido declino del Movimento. Inchiodato nelle urne a un misero 3% nel 2017, e il cui simbolo non sarà neppure presente nella competizione del 12 giugno prossimo.
Pizzarotti ha imparato il mestiere
L’accordo tra Pizzarotti e i partiti di centrosinistra (che non esprime un sindaco a Parma da almeno due decenni) si è trovato sul giovane docente universitario Michele Guerra, che è assessore alla cultura dell’amministrazione uscente.
Se Guerra, civico nella giunta in scadenza, venisse eletto, Pizzarotti, dicono a Parma, si rivelerebbe un mezzo genio politico: ha cancellato il M5s, è rimasto sul podio, ha imposto al Pd e a quasi tutto il centrosinistra un civico della sua giunta e ha vinto.
L’abilità di Pizzarotti, che secondo alcuni punta a un debutto sulla scena politica nazionale nel 2023, è anche quella di smettere subito gli abiti da barricadero, di grillino della prima ora. Per vestire quelli dell’amministratore che deve compiere scelte per la città che guida, mettendo da parte veti e preconcetti.
Il rigassificatore, da “mostro” a risorsa
Un esempio è quello del rigassificatore: mostro da abbattere per il Movimento cinque stelle, oggi, come ha scritto Simone Canettieri in un reportage per Il Foglio, “ogni anno lavora 162mila tonnellate di materiali (capienza massima 190mila).
Serve anche i cittadini di Reggio Emilia, cugini odiatissimi “dalla testa quadra”. In cambio restituisce energia elettrica e teleriscaldamento alla città ducale e non solo. Non c’è che dire: l’impianto da quando è stato acceso ha fatto un lavorone: ha chiuso il ciclo dei rifiuti e quello del M5s (senza rincari delle tariffe, anzi)”.
Il candidato di Fratelli d’Italia al 9%
Il sondaggio realizzato da BiDiMedia in collaborazione con Parmatoday. dà per scontato il match tra Guerra e Vignali. Anche se un buon piazzamento è attribuito a Priamo Bacchi (al 9%), candidato di Fratelli d’Italia che che sottrae voti proprio all’ex sindaco di centrodestra (Vignali si fermerebbe al 30%).
Secondo lo stesso sondaggio, riporta Parmatoday, “i voti in uscita dal Centrosinistra vanno essenzialmente a Dario Costi, candidato civico che recupera voti a destra e a sinistra ed è l’unico a crescere nettamente in questo sondaggio, pur rimanendo nettamente lontano dalla corsa per il ballottaggio.
Grande frammentazione, piccoli numeri
La grande frammentazione del primo turno produce un quadro spezzettato: al 3% troviamo Enrico Ottolini di Europa Verde, al 2,9% Roberta Roberti di Parma Città Pubblica. Giampaolo Lavagetto di Parma 2020 raggiunge il 2,7%, mentre Michela Canova di Parma Democratica il 2,1%.Gli altri candidati (Bui, Galardi, Adorni e Vilnò) raccolgono un complessivo 3,2%.