Nato il governo Meloni, i partiti della maggioranza sono al lavoro per plasmare la squadra dei sottosegretari. Partita, questa, fondamentale anche se meno coinvolgente di quella sui ministri. Ai sottosegretari spetta spesso la concessione di deleghe pesanti e l’opera di vigilanza su dossier strategici.
Per Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia la partita è strategica per consolidarsi nell’esecutivo. Per Noi Moderati si apre la prospettiva di inserirsi dopo la delusione della mancata concessione dei ministeri. Una quarantina le poltrone che si possono, al massimo, spartire tra sottosegretari e viceministri. Lo schema dovrebbe essere tale da garantire a Fdi la metà dei posti, alla Lega e a Forza Italia il 25% ciascuno. Nella sua quota Fdi si farà carico di concedere spazio alla coalizione centrista di Maurizio Lupi.
Un sottosegretario nominato viceministro, lo ricordiamo, può essere invitato dal Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con il ministro competente, a partecipare alle sedute del Consiglio dei ministri, senza diritto di voto, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia loro delegata. Dunque il rebus delle cariche parte proprio dalla determinazione di quanti viceministri avrano i vari partiti.
Fdi schiera i big come vice per i ministeri chiave
Il partito del premier ha prenotato due incarichi da viceministro: primo fra tutti quello di Maurizio Leo, destinato all’Economia dove ritroverà l’antica conoscenza Giancarlo Giorgetti con cui il rapporto è consolidato.
Si prevede che Leo, responsabile economia del partito, possa avere deleghe pesanti soprattutto in materia fiscale. Edmondo Cirielli sarà vice al ministero degli Esteri di Antonio Tajani. tra i pochi senatori chiamati a completare la squadra di sottogoverno.
La deputata calabrese Wanda Ferro, ex presidente della Provincia di Catanzaro, appare destinata al ruolo di vice di Gilberto Pichetto Fratin al Ministero dell’Ambiente e della Sovranità Energetica con deleghe legate soprattutto al primo tema. Paola Frassinetti, tra i big lombardi di Fdi, va in direzione di una carica pesante al Ministero dell’Istruzione, suo primo campo di competenza.
I viceministri di Lega e Forza Italia
La Lega vuole “blindare” invece le Infrastrutture guidate dal segretario Matteo Salvini e ha prenotato per Porta Pia un posto di viceministro a Edoardo Rixi, che lo fu già nel Conte I, durante la gestione di Danilo Toninelli. Rixi, raccontano fonti leghiste, vede come una rivincita personale il ritorno al Ministero. Da cui fu costretto a dimettersi per lo scandalo “Spese Pazze”, risalente ai tempi della Regione Liguria. Scandalo dal cui strascico giudiziario è uscito assolto in via definitiva.
Un’altra carica di peso sarà quella a Vannia Gava, destinata a essere, assieme alla Ferro, vice di Pichetto Fratin, con un’attenzione prioritaria ai temi energetici. Federico Freni sarà sottosegretario al Mef ma Meloni non vorrebbe aumentare eccessivamente il peso leghista e affidare al ticket Giorgetti-Leo la conduzione della macchina di via XX Settembre.
Per Forza Italia ballano tre nomi. Valentino Valentini è in bilico tra Sviluppo Economico e Difesa, ma è quasi certo che alla fine la sua destinazione sarà il dicastero guidato da Adolfo Urso e non quello di Guido Crosetto. Alla Difesa potrebbe finire l’atlantista di ferro Matteo Perego, in quota però di sottosegretario. Mentre sembra scontato il fatto che Francesco Paolo Sisto sarà il vice di Carlo Nordio al Ministero della Giustizia.
I sottosegretari di Palazzo Chigi
Per quanto concerne le deleghe che Meloni ha a disposizione, la più pesante è quella dell’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica depositaria del coordinamento dell’intelligence. Meloni vede con favore l’ipotesi di affidarla al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. L’alternativa sarebbe il consigliere diplomatico, Franco Talò.
Il principale stratega di Meloni nel partito, Giovanbattista Fazzolari, avrà la delega dell’Attuazione del Programma di Governo. Prenotata, invece, la delega all’Editoria dall’ex Presidente della Commissione di Vigilanza Rai, il forzista Alberto Barachini. Al Ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso sarà trasferita la pesante delega all’Innovazione tecnologica: sarebbe fuori il senatore Alessio Butti dato in pole per la carica ma su cui pesa il rischio, già citato, di uno sfaldamento della maggioranza per assenza dei senatori chiamati alle rispettive cariche.
Il toto-sottosegretari in via di definizione
Stabiliti i rapporti di forza e i vice-ministri, i partiti spartiranno poi nel più classico dei modi le cariche di sottogoverno.
All’Economia, dietro Giorgetti e Leo, ci sarà il leghista Freni come sottosegretario; un posto a testa per Forza Italia e Noi Moderati. Il partito di Sivlio Berlusconi starebbe pensando a un nome di tutto rispetto nella figura del 68enne ex presidente della Confederazione delle Associazioni della Piccola Industria (Confapi) Maurizio Casasco. Per i centristi è in pole Alessandro Colucci, ma a Roma c’è chi scommetterebbe anche su un ritorno a sorpresa di Enrico Zanetti.
Agli Esteri, con Antonio Tajani Ministro e Cirielli suo vice, si ragiona sul bresciano Paolo Formentini, già membro della Commissione Esteri e vicino agli ambienti della Nato e di Israele, in quota Lega come sottosegretario. Aperta la possibilità, se lo vorrà, a Ricardo Antonio Merlo, che col Movimento Associativo Italiani all’Estero ha ampliato il perimetro del governo e potrebbe tornare alla Farnesina dopo i due governi Conte.
Alla Difesa Crosetto dovrebbe avere Perego come sottosegretario, la Lega confermare Stefania Pucciarelli e Fdi puntare sul Responsabile Difesa Salvatore Deidda. Blindato il Turismo piazzando dietro a Daniela Santanché uno tra Gianluca Caramanna e Riccardo Zucconi, Fdi dovrebbe avere anche un nome di peso alla Giustizia in Andrea Delmastro, assieme al leghista Andrea Ostellari pronto a completare la squadra di Nordio e Sisto. Al Viminale, Matteo Piantedosi avrà due sottosegretari: Nicola Molteni della Lega è pronto a rientrare all’Interno, mentre Fdi promuoverebbe la giovane “pasionaria” torinese dalle posizioni nette sul crimine Augusta Montaruli.
Maurizio Lupi ha rifiutato un posto da sottosegretario alle Infrastrutture, di cui è stato Ministro, ma il pressing continua. In pole, con Salvini e Rixi, il segretario del Senato in quota Fdi Marco Silvestroni.
I meloniani dovrebbero poi presidiare la Cultura, dietro a Gennaro Sangiuliano, piazzando Federico Mollicone assieme alla rientrante leghista Lucia Borgonzoni.
Capitolo Sanità: Fabrizio Sala in casa Forza Italia avrebbe sorpassato Andrea Mandelli e si sposterebbe dunque da Milano a Roma come sottosegretario di Orazio Schillaci. Al suo fianco Andrea Costa di Noi Moderati è dato per certo. Francesco Lollobrigida, Ministro di Fdi dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, avrà un sottosegretario per partito alleato: lo schema per ora premierebbe Lorenzo Viviani (Lega), Francesco Battistoni (FI), Lorenzo Cesa (NM).
Le Commissioni certe
Dopo i sottosegretari sarà la volta dei presidenti di Commissione di Camera e Senato. Ad oggi fonti di centrodestra sentite da True News danno per fatto l’accordo sui numeri, non sui nomi: 11 presidenze a Fdi (6 Camera, 5 Senato), 7 alla Lega (4 Camera, 3 Senato), 5 FI (3 Camera, 2 Senato), una presidenza alla Camera a Noi Moderati.
Se Mollicone e Deidda non saranno sottosegretari, presiederanno in capo a Fdi la Commissione Cultura e Difesa della Camera, rispettivamente. Tra i nomi già spartiti, invece: Giulio Tremonti presiederà quella Bilancio e Emanuele Prisco quella Affari Costituzionali inn nome di Fdi; il leghista Alberto Bagnai quella Finanze di Montecitorio, il collega Stefano Candiani la Commissione Lavoro. Mandelli sarebbe dirottato in quota Fi alla Commissione Affari Sociali.
Al Senato, invece, carte coperte: bisogna capire quanti membri del Senato della maggioranza entreranno nel sottogoverno e delineare bene le carte per garantire la giusta esperienza in un posto delicato. E c’è competizione anche per l’ambizioso ritorno economico. Ministri e sottosegretari non prendono maggiorazioni di stipendio, ma continuano a guadagnare quanto i parlamentari. I presidenti di commissione no: ricevono circa mille euro di emolumenti in più rispetto al netto mensile di un parlamentare semplice. E non è da sottovalutare anche la possibilità di assumere staff e dare lavoro a tutti coloro i quali sono rimasti fuori dai giochi del 25 settembre. Il risiko è in movimento. E presto avremo tutte le truppe schierate nei territori presidiati dai partiti di governo.