Perché questo articolo potrebbe interessarti? Giochi ancora aperti dentro il Pd in vista delle Europee: “Non sappiamo ancora nulla”, commenta una autorevole fonte del partito a True News. Tutto ruota attorno alla possibile candidatura di Elly Schlein e alla sfida mai terminata con Stefano Bonaccini.
La questione più importante per il Partito Democratico, in vista delle elezioni Europee, riguarda la riserva da sciogliere o meno ancora nelle mani di Elly Schlein. La segretaria cioè che al momento non ha deciso se correre o meno per un seggio a Strasburgo. In molti la vorrebbero candidata, ma tanti altri invece hanno criticato l’idea stessa di ipotizzare un suo ruolo di capolista in una o in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali.
Il cerino in mano a Schlein non è dei più semplici da sistemare. In ballo non c’è soltanto una casella all’interno delle liste del Pd ma, al contrario, la questione sembra quasi propedeutica alle prossime decisioni del partito. Anche perché è forte l’impressione, sia tra i dem che tra gli addetti ai lavori, che le Europee potrebbero rappresentare il secondo round delle primarie dello scorso anno.
Il nodo di Schlein sulle Europee
Per capire come mai risulti così importante il nodo della candidatura alle europee della segretaria, basta rileggere le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dall’ex presidente del consiglio Romano Prodi: “Candidarsi dove sai che non andrai svilisce la democrazia – ha dichiarato – La destra lo può fare, i progressisti no”. Parole di un certo peso, specie se si considera che Prodi è di fatto uno dei fondatori del Pd, almeno sotto il profilo ideologico. Il riferimento dell’ex capo dell’esecutivo è alla forte possibilità che l’attuale premier, e leader di Fratelli d’Italia, Georgia Meloni sia della partita alle Europee.
Chi ricopre ruoli di parlamentare, ministro o capo di governo, non può sedersi tra gli scranni di Strasburgo. Sia Schlein che Meloni dunque non potrebbero poi andare a ricoprire il ruolo di europarlamentare. Per Prodi, il Pd non dovrebbe permettersi di fare un simile ragionamento. Non si dovrebbe assistere cioè alla presentazione di candidature che saprebbero più che altro di prove di forza da parte del segretario di turno. In poche parole, la vera questione è identitaria: il Pd dovrebbe confermarsi, secondo i molti esponenti dem d’accordo con le parole del professore, un partito progressista estraneo alle scelte del centrodestra.
La diretta interessata non ha deciso. Anche perché non sono pochi quelli che, sempre all’interno del partito, vorrebbero invece una sua candidatura alle europee. Soprattutto nell’ottica di un duello ravvicinato proprio in Europa con Giorgia Meloni. Occorre del resto ricordare che per le elezioni del parlamento di Strasburgo sono previste le preferenze. Dunque, tra le leader dei due più importanti partiti italiani, a livello di consensi, sarebbe possibile poi andare alla conta e vedere dove si posiziona l’asticella del gradimento elettorale.
Non solo, ma alcuni esponenti del Pd hanno dichiarato di veder bene Elly Schlein seduta in Europa: “Sarebbe un segno di forza se la leader del Pd decidesse di candidarsi per stare in Europa, per combattere la battaglia lì”, ha dichiarato ai cronisti il senatore Walter Verini. Dall’entourage di Schlein non sembra emergere molta fretta: il segretario del Pd deciderà quindi nelle prossime settimane.
Europee come primarie 2.0
La scelta del numero uno del partito potrebbe avere ricadute anche sugli attuali equilibri. È bene ricordare che l’era Schlein è iniziata da meno di un anno, da quando cioè il 26 febbraio 2023 l’attuale inquilina del Nazareno ha battuto alle primarie il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. Anche se quest’ultimo, in segno di “pace” è stato poi designato presidente del Pd, la sfida con Schlein non si è mai chiusa del tutto.
Lo si nota ad esempio dalle dichiarazioni di Bonaccini degli ultimi giorni. A proposito di una candidatura della segretaria, il capo della giunta regionale emiliana ha espresso non poche perplessità: “Immagino a breve Elly ci dirà cosa vorrà fare del suo futuro – ha affermato – Sarebbe incredibile che noi impedissimo alla segretaria del nostro partito di candidarsi, ma sarebbe sbagliata una candidatura a capolista in tutte le circoscrizione, perché lo fece Berlusconi e non va bene per quello che noi siamo, un partito plurale”.
Una punzecchiatura di non poco conto, andata avanti anche su altri temi quali quello relativo alla legge sul fine vita in Veneto. Argomento su cui si è spaccato sia il centrodestra che il centrosinistra. Bonaccini è intervenuto quasi in difesa di una consigliera dem veneta che si è astenuta dal voto e che per questo è stata molto criticata dai vertici del partito: “Io da sempre sono per una regolamentazione del fine vita – ha chiarito Bonaccini – però stiamo parlando di temi etici, per i quali ci vuole molto rispetto per le sensibilità. Io sono d’accordo, io la voterei, sono assolutamente favorevole, ma ho rispetto per chi non è d’accordo. E non credo che verranno prese sanzioni in Veneto, dove, del resto, la grande spaccatura è stata nel centrodestra e non nel centrosinistra”.
L’intervento dell’ex sfidante della Schlein sul Veneto non è stato forse un caso. Da Bologna si parla infatti sempre più insistentemente di una candidatura di Bonaccini nella circoscrizione del nord est, la quale comprende anche il Veneto. Una corsa verso Strasburgo potrebbe dare al presidente emiliano l’occasione per valutare il peso della sua corrente contro quella di Schlein.
Il duello tra i due avversari della primarie, potrebbe essere proiettato quindi in campo europeo. Sia in termini di valore delle preferenze ricevute dai due e sia, forse soprattutto, negli equilibri che emergeranno all’interno delle liste tra rappresentanti delle varie correnti.
La corsa verso Strasburgo degli amministratori
L’impressione comunque è che nel Pd i giochi siano ancora aperti e molto più che in altri partiti avversari, dove invece circolano più certezze in vista del voto per le europee: “Delle liste – commenta una autorevole fonte dem su True News – non sappiamo ancora nulla”. Un ruolo importante potrebbe essere assunto dagli amministratori. Sarebbero diversi i sindaci e i consiglieri pronti a concorrere per un seggio a Strasburgo.
Oltre a Stefano Bonaccini, i nomi più gettonati in tal senso sono quelli di Dario Nardella, Giorgio Gori e Antonio Decaro. Si tratta rispettivamente dei sindaci di Firenze, Bergamo e Bari. Il primo andrebbe a candidarsi nella circoscrizione dell’Italia centrale, quella che comprende anche Roma. Il secondo invece nel nord ovest e infine il primo cittadino del capoluogo pugliese dovrebbe essere destinato nella lista del sud Italia.
La scommessa sarebbe quella di puntare su persone che conoscono i territori e che possono portare la loro esperienza di governo e le loro preferenze. E c’è chi, non senza malizia, tra i circoli dem fa notare un elemento in comune ai quattro sindaci potenzialmente in lizza: il loro mandato da primi cittadini scade proprio nella primavera del 2024.
Pd tra conferme e volti nuovi: il punto nelle circoscrizioni
Se, in caso di conferma della propria candidatura, a Bonaccini verrà chiesto di trainare l’area del nord est in termini di preferenze, nel nord ovest oltre al già citato Gori sono in lizza altri nomi di peso. A partire dall’ex deputato Emanuele Fiano, dal capogruppo alla regione Lombardia Fabio Pizzul e dall’assessore milanese Pierfrancesco Maran. Saranno della partita anche gli uscenti Brando Benifei e Irene Tinagli.
Tra gli attuali eurodeputati invece non ci sarà l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. C’è poi, come sottolineato dall’edizione lombarda del Corriere della Sera, la questione legata a un’altra uscente, Patrizia Toia. Veterana di Strasburgo, essendo stata eletta nel 2004, la segretaria Schlein vorrebbe puntare su “volti nuovi” e dunque la sua candidatura potrebbe saltare. Ha già da tempo espresso invece la volontà di non candidarsi l’uscente, ed ex presidente del Piemonte, Mercedes Bresso.
Nel centro Italia, più che altrove, la vicenda legata alle intenzioni di Schlein influenza la partita sulla composizione delle liste. Oltre alla disponibilità di Nardella, sono poche le indiscrezioni emerse dalla circoscrizione che comprende la capitale. Partita invece già molto aperta al sud. Alcuni mesi fa la stessa Schlein aveva dichiarato l’intenzione di puntare sulla giornalista Lucia Annunziata, ipotesi poi naufragata dopo la smentita di quest’ultima. Si parla quindi di un altro giornalista, Sandro Ruotolo, e della riconferma dell’uscente Pina Picerno. Dalla Puglia, come detto, dovrebbe arrivare il sindaco di Bari. In Campania invece si parla della candidatura di Piero De Luca, figlio del governatore Vincenzo De Luca, non molto tenere negli ultimi giorni con la segretaria.
Pd nel Sud Italia: il ruolo di Cateno De Luca
Situazione ancora da definire nel collegio delle isole. Tutto dipende dal possibile accordo tra il Pd e Sud chiama Nord di Cateno De Luca. Una proposta irricevibile per una larga fetta dei dem siciliani, per via delle posizioni molto critiche dell’attuale sindaco di Taormina (e principale sfidante di Schifani alle ultime regionali) contro il centrosinistra fatte negli ultimi anni. Le trattative stanno andando però avanti. Tra le parti, potrebbe sorgere un matrimonio di convenienza: al Pd fa gola il pacchetto di preferenze che De Luca garantirebbe soprattutto nel messinese, mentre allo stesso De Luca servirebbe ospitalità in una delle liste più forti. La sua, radicata a livello locale, non supererebbe di certo lo sbarramento del 4% a livello nazionale.