Perché potrebbe interessarti? A due mesi dalle primarie, nel Pd è finito l’effetto-Schlein. Le correnti rialzano la testa e chiedono alla segretaria un cambio di passo e una maggiore inclusione nelle scelte politiche. Tra cattolici e riformisti, il cammino della leader non è agevole. Ecco il retroscena.
Finita la luna di miele per Elly Schlein con l’elettorato di centrosinistra, inizia la lunga traversata della guida al Pd. E le correnti, seppure sotto nuove vesti, tornano a far capolino, cogliendo la frenata nella crescita dei sondaggi. Tra richieste di un cambio di passo nelle proposte e quella di non spostare troppo a sinistra il baricentro del partito. A due mesi dalla vittoria alle primarie, infatti, la nuova segretaria inizia a fare i conti con i crescenti malumori interni, che peraltro fin dall’inizio erano a malapena sopiti dall’ala dei cattolici e da quella dei riformisti.
Pd: le richieste dei popolari a Schlein
Nei Palazzi, soprattutto alla Camera, si sta materializzando spesso Pierluigi Castagnetti, ex parlamentare e padre nobile della corrente dei “popolari”, eredi della tradizione del cattolicesimo popolare, che cerca di capire gli umori intorno al nuovo corso. Parla, si confronta, cerca di capire la direzione che sta prendendo il partito.
“Anche i messaggi di Prodi non sono all’insegna della benevolenza”, annota una fonte dem che non mostra grande apprezzamento per i primi passi della leader. Ma i mugugni stanno già uscendo allo scoperto, abbandonando il cono d’ombra dei retroscena, alcuni sono stati messi a verbale durante la direzione nazionale. E qualche ora fa, Silvia Costa, esponente di spicco dell’area ex Margherita, in un’intervista a Repubblica, ha chiesto a Schlein un approccio diverso: “Non deve cancellare le culture fondative del partito”.
I dubbi degli ex renziani
Intanto, quel che resta di Base riformista, la corrente degli ex renziani guidata dal presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, sta cercando di organizzarsi. Il rapporto con Stefano Bonaccini, sostenuto al congresso è ai minimi termini, tanto che l’area dell’ex ministro della Difesa è intenzionata a mettersi in proprio. La strategia del presidente della Regione Emilia-Romagna non è stata molto gradita.
“Il Pd deve iniziare a fare proposte, oltre che essere presente nelle piazze”, è il ragionamento che circola tra le minoranze interne, facendo riferimento all’attivismo della segretaria alle varie manifestazioni. Il punto è sempre lo stesso: Schlein è una movimentista, “più attenta ai diritti civili che a quelli dell’economia, su cui poi si vincono le elezioni”, ribadisce un esponente del partito che pure non si “ostile alla segretaria”.
Pd: la vacanza di Schlein
Di sicuro anche tra chi l’ha sostenuta non sono piaciuti alcuni scivoloni: l’annuncio di una “vacanza” dopo la formazione degli assetti interni. “Le persone su queste cose si incavolano, anche giustamente”, osserva una fonte interna: “Bastava staccare per qualche giorno senza sbandierarlo ai quattro venti durante una diretta Instagram molto seguita”. Infatti la leader è sparita dai radar mentre il dibattito sul Pnrr infiammava il governo e venivano diffusi i numeri del Def. Insomma, non proprio argomenti di second’ordine.
Ci sono altre scelte, più politichesi ma comunque annotate, che hanno quantomeno destato sorpresa nel Pd. Schlein ha infatti convocato prima la direzione nazionale e poi la segreteria, con l’incontro svolto simbolicamente a Riano, luogo del ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti. Un modo alla rovescia di agire “che dimostra come conosca poco il funzionamento del partito”, è l’analisi che viene data.
A chiudere il cerchio dei malumori, c’è la gestione delle notizie di stretta attualità. La freddezza sullo stato di salute di Silvio Berlusconi non è passata inosservata nell’ala più moderata del Pd, “con uno stile ben diverso da quello di Bersani che andò a trovare il leader di Forza Italia in ospedale”, ricorda qualcuno.