Perché leggere questo articolo? Ci mancava la peste bubbonica. Non bastavano guerre, crisi e cataclismi. Negli Stati Uniti la malattia infettiva che ha segnato il Medioevo è stata diagnosticata a un uomo. In Italia è debellato, ma abbiamo altri mali antichi di cui preoccuparci.
Carestie e guerre ne abbiamo da sempre in abbondanza. Almeno uno di quelli che Voltaire nel “Dizionario filosofico” considerava i tre ingredienti del mondo speravamo di averlo debellato. E invece ecco che – in questo 2024 sciagurato e bisestile – torna anche la peste. Precisamente in Oregon, Stato costiero degli Usa, che ha come capitale una certa Salem (che è solo omonima della città dei roghi alle presunte streghe nel Seicento, ma rimanda al tema piaghe storiche). A un uomo di mezza età della contea di Deschutes è stata diagnosticata proprio la terribile malattia infettiva. A causarla sarebbe stato il gatto dell’uomo, che gli ha trasmetto il batterio “Yersinia pestis”. Lo stesso che nel Medioevo falcidiò un terzo della popolazione europea.
La peste bubbonica arriva negli Stati Uniti
Ora la peste bubbonica arriva nel Nuovo Continente, terra flagellata dalle malattie infettive dai tempi della scoperta di Cristoforo Colombo. Stavolta però niente drammi. Le autorità del Oregon hanno già rassicurato sulle condizioni del paziente appestato (è proprio il caso di dirlo). Se la caverà con qualche giorno di antibiotici. E’ stato “curato nelle prime fasi della malattia“, secondo la dichiarazione dei medici che l’hanno assistito sebbene presenti “pochi rischi” per la comunità locale. “Tutti i contatti stretti sia della persona sia del suo animale domestico sono stati avvisati e a loro sono stati forniti i farmaci utili per prevenire la malattia“. Lo ha dichiarato il dottor Richard Fawcett, ufficiale sanitario locale. Ma come ci è arrivata la peste bubbonica in America?
In realtà non se n’è mai andata, anche se era dal 2015 che negli States non si registrava un caso di peste bubbonica. A spiegare come faccia a esistere ancora la peste bubbonica è il dottor Dan Barouch, direttore del Centro per la virologia e la ricerca sui vaccini presso il Beth Israel Deaconess Medical Center: “Il motivo per cui non è stato eliminata del tutto è perché esiste un serbatoio animale. I batteri possono infettare gli animali e, poiché non possiamo curare tutti gli animali in natura, questi resistono e possono causare occasionalmente un numero limitato di casi umani”. I rari casi umani spesso sono dovuti a morsi di insetti, come le pulci, che sono portatori del batterio, oppure dopo un contatto con un animale infetto. Infatti negli Stati Uniti gli ultimi sette casi sono stati registrati in aree rurali del Sud-Ovest e Nord-Ovest. E in Italia?
Le “nostre” influenza suina e vaiolo delle scimmie
Nel nostro Paese da tempo la peste bubbonica non è più un problema. Ma è meglio non cantare vittoria. A inizio anno due uomini, di 47 e 55 anni, sono deceduti per aver contratto un virus, quello della peste suina. Un’influenza virale comune tipo A, che da cinghiali e suini occasionalmente può infettare l’uomo. Solitamente senza provocare malattie gravi. Ben altra gravità, invece, ha un’altra malattia trasmessa all’uomo dagli animali: il cosiddetto vaiolo delle scimmie. La malattia ha causato una prima vittima italiana. Si tratta di un uomo di 50 anni in viaggio a Cuba.
Nonostante l’Oms abbia dichiarato la fine dell’emergenza sanitaria globale l’11 maggio 2023, quello che un tempo si chiamava monkeypox virus, non è sparito dal nostro Paese. Ne è la prova il focolaio segnalato nella prima metà di gennaio in Toscana (Firenze e dintorni) e di cui stanno emergendo ora alcuni dettagli. L’ultimo bollettino del Ministero della Salute ha fatto registrare circa mille casi di vaiolo delle scimmie confermati nel nostro Paese dall’inizio della pandemia. Stando ai Centers for disease control and prevention (Cdc) statunitensi, nel mondo si contano quasi 50mila casi totali di vaiolo delle scimmie. I decessi, però, si contano sulle si contano sulle dita di una mano (5), portando la letalità della malattia attorno a 1 caso su 10mila.
Identificato per la prima volta in un essere umano nel 1970 (un bambino di 9 anni in Repubblica Democratica del Congo), il mpox virus rientra in un sottoinsieme della famiglia Poxviridae, quella dei cosiddetti Orthopoxvirus, a cui appartengono anche il virus del vaiolo umano e il virus del vaiolo bovino. Viene indicato come il patogeno del vaiolo delle scimmie perché fu isolato per la prima volta nei primati non umani, ma si ritiene che il serbatoio animale responsabile della trasmissione siano i roditori.
Non solo peste: dobbiamo vedercela anche con dengue e scabbia
Se la peste non è più causa di epidemie da secoli, in Italia ci sono focali di altre malattie – spesso neglette – che sarebbe bene tenere sotto controllo. Su tutte la dengue. L’epidemia di febbre che sta colpendo diversi paesi nel mondo ha messo in allerta anche l’Europa. Così anche in Italia sono cominciati i controlli alle frontiere. Dall’inizio del 2024 il virus infettivo, trasmesso da alcune specie di zanzare, ha provocato 500mila contagi e 300 morti in Brasile e Rio de Janeiro ha istituito lo stato di emergenza a gennaio, mentre in Argentina il ministero della Salute ha dichiarato l’emergenza sanitaria a fine dicembre 2023. Gravissima situazione anche in Bangladesh, dove nel 2023 i morti da dengue sono stati più di 1.700. Sempre lo scorso anno, in Italia sono stati registrati 82 casi e in Francia 43.
La febbre dengue è una malattia infettiva endemica delle regioni tropicali, causata dal virus omonimo. I sintomi più comuni sono febbre, mal di testa, eruzioni cutanee simili al morbillo, dolori muscolari e articolari. Se l’infezione peggiora però, la dengue può causare emorragie e perdite di piastrine nel sangue che possono evolvere in shock circolatori e causare la morte. In Italia è poi tornata la scabbia. Resta una patologia banale, ma è assai contagiosa, soprattutto in contesti molto affollati come scuole e ospedali. Per curarla bastano dei semplici farmaci e shampoo efficaci e a basso costo. Il colpevole è un acaro parassita, lo Sarcoptes scabiei.
I 150 anni della lebbra e il “virus Toscana”
In questo 2024 da far tremare i polsi ricorre il 150esimo anniversario della scoperta del batterio di un’altra malattia antica, non dissimile dalla peste. Nel 1874, Gerhard Hansen identificò il Mycobacterium leprae, l’agente della lebbra. La malattia nel mondo è ancora diffusa, soprattutto in paesi poveri o con una storia allucinante. Questo è il caso delle Isole Marshall, autentico focolaio nel Pacifico e base americana fino al 1986. Gli abitanti hanno una convezioni con negli Usa. Il motivo? Le Marshall sono state poligono nucleare: per anni gli Usa hanno fatto test nucleari nell’atollo di Bikini, che porta ancora scorie radioattive. Paese che vai malattia che trovi. In Italia abbiamo il “virus Toscana”. Si chiama così perchè è stato isolato per la prima volta in Toscana nel 1971 a Monte Argentario. Lo diffondono i pappataci. All’uomo causano forme di encefalite e di meningite.