True-news.it rilancia l’appello di ADI – Associazione Dottorati e Dottorandi italiani – per chiedere al ministro dell’Università e della Ricerca della Repubblica Italiana, Anna Maria Bernini; al ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara; al ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo; e al ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, quanto segue:
- Aumentare il compenso per gli assegni di ricerca;
- Elevare il punteggio dei dottorati nei concorsi per la pubblica amministrazione rispetto al titolo di laurea magistrale;
- Un contratto di ricerca come per tutti gli assegnisti di ricerca d’Europa. Un contratto di due anni a una cifra che permetta una vita dignitosa, rinnovabile per altri due anni, con tutti i diritti dei lavoratori.
Non è un paese per dottorati
L’Italia non è un Paese per dottorandi e dottori di ricerca. Il 40% di loro – secondo i dati di una ricerca di Adi – non riesce a sostenersi con i budget previsti dagli assegni di ricerca. Ed è costretto a ricorrere agli aiuti dei genitori. La borsa di studio si aggira attorno ai 1200 euro, fino all’anno scorso era pari a 1132. I nostri ricercatori guadagnano la metà dei tedeschi e un terzo in meno dei francesi. Così l’esodo verso l’estero non si arresta: dal 2008 al 2019 l’Italia ha visto emigrare circa 14.000 ricercatori.
Chi resta in Italia si trova di fronte a un paradosso: il Miur ha aumentato il numero delle borse – sono pari a 19mila – ma non i compensi. Così per i dottorandi si prospetta un periodo di ricerca all’insegna della precarietà. Ma i problemi non finiscono qui. Perché i dottorati, nei concorsi per la pubblica amministrazione, hanno un punteggio pari a chi ha ottenuto la laurea magistrale. Da qui un problema di riconoscimento del titolo, fuori asse rispetto a quello che accade in Europa dove chi è dottore di ricerca ha percorsi agevolati che danno sbocchi dirigenziali. In Italia nei bandi non viene nemmeno riconosciuto. E chi vuole intraprendere un percorso di lavoro in Università è bloccato da una riforma del pre-ruolo che dimentica l’obiettivo dei contratti di ricerca.
Una petizione per aiutare la ricerca
La ricerca è il principale vettore di crescita del Paese. Ed è dimostrato da numerosi studi in campo macro-economico: porta ritorni in termini di benessere economico e sociale e di introiti che vengono restituiti all’intera società. Pensiamo alla sanità: la ricerca, nel pubblico o nel privato, è fondamentale, per la scoperta di nuove cure o la prevenzione di epidemie o pandemie. Il discorso vale anche per tutte le sfide che attendono la società come la lotta al cambiamento climatico o le implicazioni del progresso tecnologico. Per questo è fondamentale dare dignità ai dottorati e ai ricercatori italiani.