La sintesi è in una riflessione di Massimo Solari, avvocato cassazionista e scrittore: «Noi piacentini “normali” avremmo proprio voglia di tornare nel nostro anonimato e di non finire nella cronaca nazionale un giorno sì e l’altro pure». L’amaro commento è stato pubblicato all’indomani del terremoto politico-giudiziario che ha visto protagonista Piacenza e la sua provincia, in particolare la zona dell’alta val Trebbia.
Piacenza nuovamente al centro delle cronache
Non è la prima volta, infatti, che Piacenza finisce sulle prime pagine dei giornali nazionali. E quando è accaduto, è successo sempre per vicende poco edificanti. La prima volta fu nel 2013, sette anni prima che scoppiasse lo scandalo della caserma Levante dei carabinieri, primo (e per fortuna) unico avamposto dell’Arma a essere posto sotto sequestro nella storia d’Italia.
Nel 2013 il caso dei sei poliziotti spacciatori di droga
Nel 2013, infatti, era toccato a sei poliziotti in servizio alla Questura finire in manette nell’ambito di una maxioperazione antidroga: quattro di loro erano in servizio alla sezione narcotici della Squadra mobile, uno alla Digos e uno all’Immigrazione. Altri cinque agenti furono indagati a piede libero. I poliziotti, in collaborazione con una banda di spacciatori, organizzavano l’acquisto di cocaina e la successiva commercializzazione. Solo in seguito, per coprire il sistema messo in piedi, sacrificavano un corriere di secondo piano arrestandolo. Parallelamente allo spaccio di stupefacenti, rientrava anche l’attività di favoreggiamento della prostituzione. Utilizzando il loro status, i poliziotti fabbricavano false informative, così da consentire l’archiviazione dei procedimenti a carico dei loro sodali finiti nei guai. I protagonisti del giro di prostituzione erano donne e trans di origine straniera, alle quali venivano consegnati falsi permessi di soggiorno, per evitare la loro espulsione dall’Italia.
Piacenza, la lunga lista di reati dei carabinieri della Levante
Molte le analogie nel modus operandi dei carabinieri della “Levante”, arrestati nel 2020 nel corso della maxi operazione denominata “Odysseus”.
«Mentre Piacenza stava combattendo il Covid e contando i propri morti, un’intera caserma dell’Arma dei carabinieri durante il lockdown, nel più totale disprezzo e spregio delle regole, si è macchiata di reati gravissimi», furono allora le parole del capo della Procura piacentina Grazia Padella. I cinque militari più pesantemente coinvolti sono stati condannati nel luglio 2021 (la pena maggiore, 12 anni, è stata inflitta al capo del sodalizio criminale, l’appuntato Giuseppe Montella). I carabinieri arrestati erano accusati di spaccio, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali aggravate, peculato, abuso d’ufficio, rivelazione ed uso di segreti d’ufficio, falsità ideologica, perquisizione e ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata, truffa ai danni dello Stato.
Il meccanismo messo in piedi dalla banda mirava a eseguire più arresti possibili in modo da far apparire i carabinieri corrotti più efficienti di altri colleghi. Basavano gli arresti illegali su circostanze inventate che riferivano al magistrato di turno. Pur di apparire e pur di avere la droga non risparmiavano pestaggi, e in un caso perfino un sequestro di persona.
Caruso, il doganiere (e poi politico) vicino alla ‘ndrangheta
Un anno prima dell’arresto dei carabinieri della Levante, Piacenza era stata sconvolta da un altro arresto eccellente. Le manette erano scattate ai polsi del presidente del consiglio comunale Giuseppe Caruso, eletto nel 2017 con Fratelli d’Italia, dopo essere stato consigliere dal 2002 al 2012 prima di Alleanza nazionale e poi del Popolo delle libertà. Origini calabresi, Caruso venne arrestato con l’accusa di appartenere a una cosca di ‘ndrangheta, quella dei Grandi Aracri, che opera e domina in Emilia e controlla le attività illegali di Reggio, Piacenza e Parma.
Tutti i presunti reati attribuitigli, però, sarebbero stati commessi come funzionario delle Dogane di Piacenza, prima della sua rielezione in Consiglio comunale, quindi senza commistioni con il ruolo politico ricoperto, specificarono all’epoca dei fatti gli inquirenti.
Per l’accusa, Caruso aveva fatto entrare merce di una società della cosca senza far pagare l’Iva, oltre ad aver procurato una finta fattura per lavori mai eseguiti su un macchinario di una società mantovana legata alla ‘ndrangheta, che doveva giustificare un ritardo su una fornitura (legata a un finanziamento europeo da sei milioni di euro). Caruso venne sollevato immediatamente da ogni incarico politico direttamente dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
Illuminanti e profetiche appaiono oggi le parole di due magistrati, il gup Fiammetta Modica e il pm Luca Milani, seppure scritte in due momenti diversi.
Il gup: “Piacenza, illegalità e perbenismo”
Sui fatti della “Levante” Fiammetta Modica scriveva: «I fatti accertati in questa sede non restano un fatto isolato nella storia della città di Piacenza, nel recente passato altri episodi inquietanti sono stati portati all’attenzione dell’autorità giudiziaria, facendo emergere un preoccupante sistema di illegalità connaturato con il potere… Una città dalle tante facce, spesso vischiosa nei rapporti di potere, con una ricchezza diffusa, un’austera alacrità e un perbenismo imperante talvolta con radicate connessioni con il contesto criminale sommerso legato al mercato degli stupefacenti, della prostituzione e, ma non in ultimo, alla corruzione».
Parole, che come ricorda l’avvocato Solari, erano state durissimamente contestate dal deputato Foti (indagato nell’ultima inchiesta, ndr), che, scrivendo al ministro della Giustizia, le definiva «frutto di inaccettabili insinuazioni… di gravità e offensività inaudita» e chiedeva di procedere con l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti dello stesso Gup.
Il pm Milani: “Alta Val Trebbia, i cittadini proseguano le loro battaglie”
Luca Milani, nelle conclusioni dell’ordinanza dell’ultima maxi indagine scrive: “Solo all’esito dei processi che scaturiranno da questa indagine sarà possibile accertare in via definitiva i fatti e le responsabilità penali di ciascun indagato. Nell’immediato, si auspica che le risultanze investigative qui compendiate possano convincere i cittadini dell’Alta Val Trebbia e non solo a proseguire nelle battaglie a difesa del loro territorio, affinché in un giorno molto vicino tornino ad affermarsi in quelle meravigliose zone i valori della democrazia e del buon andamento della pubblica amministrazione”.
Val Trebbia, 6,8 milioni per un Polo scolastico inutile e dannoso
Sarà così? Leggiamo quello che scriveva alcuni mesi fa in una nota il Comitato Terme e Val Trebbia: “L’amministrazione di Bobbio (il sindaco è stato messo agli arresti domiciliari nell’ultima operazione, ndr) lo scorso 4 febbraio ha approvato il Programma Triennale delle opere pubbliche, con finanziamenti da regione, stato, da accensione di mutui e dal Pnrr. Il più importante, da 6,8 milioni di euro, riguarda un Polo Scolastico per insegnamento all’avanguardia, in corsa per i fondi Pnrr, con anfiteatro, auditorium, palestre, parcheggi, alloggi per studenti fuori sede. Di questo piano ambizioso ad oggi non è dato conoscere il perno, cioè il progetto didattico, senza il quale la definizione di “insegnamento all’avanguardia” rimane un’evocazione vaga. Una spesa di 6,8 milioni per edifici, muri, parcheggi, 10 alloggi per studenti esterni quando le iscrizioni al primo anno di superiori non garantiscono nemmeno la formazione di una classe”.
Il comitato proseguiva: “Il Polo Scolastico è stato approvato, il progetto c’è, ma nessuno in Consiglio Comunale l’ha in mano, nessuno chiede o spiega come il progetto edilizio risponda a necessità didattiche e a criteri di sostenibilità. Chi amministra il territorio della val Trebbia fa i conti con dissesti della montagna e con l’erosione del suolo agricolo, quei 10 cm di terreno superficiale che rendono possibili le coltivazioni. Quei 10 cm che per riprodursi impiegano 2mila anni. Perché non avviare progetti specifici ( Cop21 di Parigi) per mitigare l’erosione e tutelare le forme residue di agricoltura, che quassù a breve rischiano di scomparire. Gli edifici pubblici sono energeticamente dei colabrodo: la spesa prevista di 100mila eu per manutenzione, si riferisce all’efficientamento energetico degli edifici? A proposito di risorse. Sono destinati 60mila euro per raddoppiare la vasca con acqua solforosa del rio Foino, ma non un euro per concludere i carotaggi e definire la presenza di acque termali su San Martino. Il totale degli interventi è di euro 24.959.000: di questi il 20,7% va nel Polo Scolastico, il 20,3% per asfaltature, pavimentazioni, parcheggi, progetti di strade ; il 16% al recupero della chiesa di S. Francesco e il 17% al ripristino del ponte di Barberino. Alla fine è un gran lavoro per imprese edili. Con quanto valore aggiunto di innovazione, economia circolare e sostenibilità? La sostenibilità chiede cambiamenti culturali ed economici. Il compito della politica è gestire questi cambiamenti”.
ControTendenza Piacenza: “Basta corrotti e devastazione ambientale”
Rincara oggi la dose ControTendenza Piacenza, che per lunedì 14 febbraio, ha organizzato una “Passeggiata” con parola d’ordine PIACENZA DICE BASTA A CORROTTI E DEVASTAZIONE AMBIENTALE!: “Poche e isolate (e perseguitate) le voci che si sono levate negli anni contro le maxi circonvallazioni e i progetti di futuri maxi viadotti. Tante infrastrutture per favorire il turismo di massa (anche quello un vero dramma)? Non siate così ingenui. La direzione, chiaramente identificabile se si cerca una visione di insieme, è quella di rendere le nostre valli delle autostrade che portino a tempo record le merci dal porto di Genova ai magazzini di città. I due temi sono collegati e lo rimarranno, al di là degli aspetti criminali della vicenda specifica”.