Lo scorso 22 marzo la Camera ha discusso l’informativa urgente “sugli ulteriori rincari dei costi dell’energia e sulle misure adottate dal Governo per contrastarne gli effetti”. In una serie di punti all’ordine del giorno si è valutato lo stato delle cose, le possibili misure per contenere le dipendenze dalle importazioni russe e mitigare i costi. Il documento si spinge però anche ad analizzare i possibili scenari a breve, medio e lungo termine nel nostro paese in caso di interruzione delle forniture dalla Russia, che pongono problematiche diversi in base alla durata dell’eventuale interruzione.
Scenari nel breve, medio e lungo termine
Nel breve termine, grazie al miglioramento del clima con la bella stagione, si stima una riduzione della domanda per uso civile già a fine marzo, quindi anche una completa interruzione dei flussi dalla Russia da oggi non dovrebbe comportare problemi di fornitura interna. Nel medio termine però sarà necessario riempire gli stoccaggi al 90% – il nostro paese ha un sistema di stoccaggio di circa 18 miliardi di metri cubi, di cui 6 sono però bloccati l’uso strategico in caso di emergenza – per il prossimo inverno, così da controbilanciare le criticità legate ai prezzi elevati e ad un differenziale di prezzo che scoraggia lo stoccaggio, cosa già avvenuta con le prime aste dopo l’emanazione del DM stoccaggio: sono pressoché andate vuote.
A partire dal prossimo inverno, sarebbe necessario sostituire completamente 30 miliardi di metri cubo di gas russo con altre fonti. Secondo il governo ci dovrebbero volere minimo 3 anni. Per almeno i prossimi due inverni sarebbe complesso assicurare tutte le forniture al sistema italiano e occorre dotarsi di strumenti di accelerazione molto efficaci per gli investimenti che servono.
Stando alla relazione, a fronte di un consumo rimasto stabile (76 miliardi di metri cubi nel 2021), la produzione nazionale di gas si è ridotta da circa 15 bcm nel 2001 a circa 3 bcm nel 2021. Il 95% del gas è importato, con la percentuale di gas russo che è cresciuta in 10 anni dal 25 al 38%. L’Italia vanterebbe un sistema per l’approvvigionamento e il trasporto diversificato e abbastanza resiliente rispetto ad altri stati europei, che passa per Gas naturale liquefatto (13% del flusso nazionale) nei terminali di rigassificazione di Panigaglia, in quello galleggiante a largo di Livorno e in quello offshore a largo di Rovigo. A farla da padrone è però quello che arriva dai gasdotti: TAG (40% dei flussi, passa dall’Ucraina), TRANSMED (29% dal Nord Africa), TAP (10%, dall’Azerbaijan attraverso la Turchia), GREENSTREAM (4% dalla Libia), TRANSITGAS (3% dal Nord Europa).
Le misure al vaglio del governo
Nel corso delle ultime settimane il Governo si è mobilizzato per attivare misure con impatto a breve-medio termine, anche con missioni nei Paesi produttori, che si stima possano portare complessivamente a ridurre la dipendenza per circa 20 bcm l’anno. Si punta poi all’incentivazione del gas in stoccaggio e all’incremento della produzione a carbone o olio. Si ipotizzano però anche misure di controllo della domanda e di accelerazione dell’efficientamento energetico.
Il governo valuta interventi strutturali per sostituire la dipendenza dalle importazioni russe, come importazioni di energia elettrica dal Nord Europa, una nuova capacità di rigassificazione su unità galleggianti, realizzabili in 12-18 mesi, anche se ci sono poche navi esistenti in grado di svolgere questo servizio. Si valutano progetti rinnovabili offshore e onshore: la liberalizzazione del fotovoltaico per autoconsumo e l’agrofotovoltaico. Si pensa quindi allo sviluppo del biometano, all’incremento della produzione nazionale di 2,2 miliardi in aree quali Cassiopea, Canale di Sicilia, Marche. Infine prende piede l’ipotesi del raddoppio capacità TAP, ma ci vorrebbero quasi sei anni.
I costi
La tensione sui mercati ha anche determinato, dopo la forte diminuzione avvenuta nel corso del 2020, un vertiginoso aumento dei costi dell’energia: il gas naturale ha conosciuto un aumento quasi 8 volte; l’energia elettrica ha raggiunto i valori più elevati da quando la borsa italiana è stata costituita. All’aumento dei prezzi del gas fa poi seguito quello dei carburanti. Il Governo e il Parlamento sono intervenuti negli ultimi trimestri per attutire l’impatto dei rincari per 29 milioni di famiglie e 6 milioni di imprese, con un mix di misure per un valore superiore a 15 miliardi di euro in tre trimestri. Ma è improbabile che sia l’unico esborso richiesto all’esecutivo nei prossimi anni.
Infine, anche il documento conferma la discussione a livello europeo, il cossiddetto pacchetto REPowerEU, che prova a contrastare potenziali scenari inquietanti, che nel frattempo vengono messi nero su bianco dal documento: impatto sui prezzi residenziali e per piccole imprese, elevati costi energetici per imprese, tassazione di extra-profitti per finanziare le misure di supporto, aumento dei prezzi del mercato elettrico e delle tecnologie rinnovabili.