“Ho dovuto trovare un avvocato per le mie api” scherza. C’è una donna a Milano che lotta in solitaria per salvare le api dalla speculazione immobiliare. Lei si chiama Honorata Sombillo e la sua storia è come un film. Ci troviamo vicino Piazza d’Armi, un’area milanese abbandonata dietro l’ospedale San Carlo che, un tempo, era zona militare e ospitava un campo di addestramento per i giovani guidatori di carri armati.
Proprio qui, ai confini, cinquant’anni fa alcune persone hanno creato dei piccoli orti abusivi. Tra loro c’era Salvatore Minniti, un grande amante della natura ma soprattutto un apicoltore professionista che, per anni, si è preso cura delle sue cento e passa arnie, per poi vendere il miele prodotto nei mercati della città. E proprio durante una delle sue tante giornate di lavoro ha incontrato Honorata Sombillo – per gli amici Nene – sua cliente.
Una bellissima storia d’amore: Salvatore e Nene si sono incontrati e mai più lasciati, condividendo tutto, persino l’apicoltura. Nene ha infatti chiesto a suo marito di insegnarle tutti i trucchi del mestiere, così da permetterle di affiancarlo in un’attività in cui pazienza e passione per la natura la fanno da padrone. E ci è riuscita, perché oggi, nonostante Salvatore non ci sia più, conduce da sola la loro azienda apistica e, con costanza e dedizione, tutti i giorni si impegna a far sì che il piccolo mondo creato non si arresti mai. È diventata la custode. Di più: la Regina della api. Che preserva un angolo di paradiso dove fiori, alberi da frutto ed erbe aromatiche fanno da cornice a un paesaggio bucolico in centro città. Immerso nel verde e nei profumi tipici della campagna, è la dimora di un insetto che fa piangere i bambini quando punge, che può dare shock anafilattici, ma è fondamentale per il nostro ecosistema: l’ape.
“Di giorno al mercato e di pomeriggio dalle api” racconta Honorata a True-News. È una donna forte che, nonostante le minacce attualmente incombenti sulla sua attività, non perde mai il sorriso. La zona è oggetto di appetiti pubblici e privati. La speculazione immobiliare, come accade su ogni centimetro quadrato vergine di Milano “da valorizzare” ora guarda anche la Piazza d’Armi. Le ex aree militari abbandonate sono al centro anche di una ricca partita di investimenti pubblici del Recovery Plan. E il ritorno nel dibattito meneghino dell’ipotesi di fondere fisicamente, e non più solo amministrativamente, gli ospedali San Paolo e San Carlo incombe sull’area anche se per ora è un’ipotesi remota.
Il piccolo mondo di Nene ha tutto in regola. Anche Ats Milano la conosce e la supporta dopo i dovuti controlli. Questa oasi pullulante di natura è nata su 40 ettari di verde in una zona semi-centrale milanese di proprietà di Invimit, società del Ministero delle Finanze, il cui compito è quello di far fruttare gli immobili dello Stato. Nel 2020, il Comune ha definito 31,5 ettari del terreno “parco urbano” e i rimanenti “zona edificabile”. Pertanto, Nene si trova nel bel mezzo di una causa per difendere le sue api. Api che vivono nel capoluogo lombardo da più di mezzo secolo.
Nel frattempo, per difendere piazza d’Armi, nel 2015 è nata “Le Giardiniere del Parco di piazza d’Armi”, un’associazione di donne che sta facendo di tutto affinché questo piccolo polmone di Milano non venga spazzato via e rimanga un luogo verde e salutare per i cittadini. A questo scopo, Le Giardiniere hanno presentato il progetto “Rimani”, acronimo che sta per “Rigenerazione Manutenzione e Innovazione”.
“Le api vivono meglio in città”
La storia di Salvatore e Honorata dimostra non solo che le api possono vivere in città, ma anche che all’interno delle mura urbane sono molto più protette che altrove. Perché questi piccoli e colorati animali devono essere preservati, in quanto fungono da carburante per la natura. “Le api, come tanti altri insetti, impollinano i fiori e l’impollinazione è importantissima” spiega il giornalista e scrittore Dario Paladini autore del libro Io sto con le api. Conoscere, proteggere e amare un mondo in pericolo. Classe ’69, originario di Baggio, cresciuto a Corsico, apicoltore per passione, Paladini è un cronista da marciapiede di lungo corso. Divide le sue giornate fra la casa editrice Terre di Mezzo e l’agenzia stampa Redattore sociale dove racconta fatti, misfatti e retroscena del terzo settore meneghino, del welfare ambrosiano, della curia. Il resto del tempo lo passa in un cascinale sull’Appennino, in perenne fase di ristrutturazione. Ha raccolto storie come quella di Salvatore e Honorata e le racconta nel suo testo di recente pubblicazione in cui, grazie anche all’esperienza da apicoltore, svela aspetti di un insetto comune ma, nel concreto, poco conosciuto.
“Leggevo frequentemente che le api stanno facendo sempre più fatica a vivere perché a rischio a causa di elementi ambientali che rendono sempre più difficoltosa la loro sopravvivenza” racconta l’autore. Che, un giorno, dopo anni di ricerca sul web, ha deciso di buttarsi e di frequentare un corso di apicoltura. Nel 2015 ha infatti iniziato ad allevare api, acquistando le sue prime cinque famiglie. “Come il giornalismo, l’apicoltura s’impara facendola” aggiunge specificando che nel periodo vissuto a stretto contatto con gli insetti ha avuto modo di comprendere una cosa fondamentale: le api sono sentinelle dell’ambiente.
“Se preserviamo le api, preserviamo l’ambiente”
“L’impollinazione avviene ogni primavera/estate ed è questo che dà vita alla natura. Perché da qui nascono i frutti, i frutti hanno i semi e quando cadono, grazie ai semi, nascono nuove piante. La maggior parte della frutta e della verdura che noi mangiamo, sono impollinate dalle api” Purtroppo però, questi importantissimi ingranaggi del nostro ecosistema sono fortemente a rischio e i motivi sarebbero principalmente due. Con la sua esperienza da apicoltore infatti, Dario Paladini ha avuto conferma che in primis i cambiamenti climatici stanno modificando la qualità e la quantità del nettare, provocando non pochi problemi alle fioriture. “Un problema che si sta ripresentando da 7/8 anni consecutivi e che sta comportando l’assenza dell’allineamento tra la presenza di insetti e le fioriture, perché i primi hanno bisogno di nettare, il loro nutrimento, e le piante, avendo bisogno dell’impollinazione, lo emettono proprio per attirarli”.
Seconda minaccia per le api è l’uso – e abuso – dei pesticidi. Sempre più apicoltori infatti, soprattutto professionisti, stanno lasciando la pianura Padana dove viene praticata l’agricoltura industriale con un ampio uso di sostanze chimiche, per andare sulle colline o in città. Proprio in quest’ultima, ci sono parchi e giardini ricchi di fioriture e privi di pesticidi, habitat salutari non solo per le api. Perché ciò che sta accadendo loro allo stesso tempo coinvolge milioni di altre specie di insetti i quali, malgrado non siano molto amati e incutano timore, sono fondamentali per l’ambiente.
“Un gruppo di apicoltori piemontesi, con il Servizio Fitosanitario Regionale, sta raccogliendo da anni campioni di polline, miele, api morte e cera, riscontrando residui di pesticidi e diserbanti anche in periodi in cui tali sostanze in agricoltura non vengono utilizzate” spiega Paladini, specificando come questo sia un chiaro segnale delle condizioni del terreno che, ormai saturo, non riesce più a smaltire. “I terreni agricoli sono anche molto impoveriti e quindi non più in grado di assorbire tali sostanze che, è giusto specificare, sono quasi sempre autorizzate e utilizzate secondo le regole previste. Il problema, è che questo sistema di regole non è tutelante nei confronti della biodiversità”.
*di Eugenia Greco e Francesco Floris