Guerra, pandemia, social, talk show. È la fine del giornalismo? La sconfitta dell’informazione?
“Sono d’accordo soprattutto su un punto con l’editoriale del vostro direttore – dice a True-News.it Pietro Raffa, esperto di comunicazione, blogger e amministratore delegato della MR & Associati Comunicazione – bisogna rimettere al centro il giornalismo che rispetta i fatti e non le tendenze, che non dà spazio solo alle ali estreme per una questione di audience, insomma bisogna essere efficaci ma non per forza inseguire i trend”. A questo proposito, Raffa sfodera una citazione che rende bene l’idea di quello che sarebbe il dovere del cronista. “Se c’è uno che dice che piove e un altro che dice che non piove il giornalista semplicemente dovrebbe affacciarsi alla finestra”, sintetizza.
Nei talk-show spazio a posizioni irrazionali
E arriviamo ai talk show, per qualcuno dei circhi equestri, che però secondo l’esperto “ancora dettano l’agenda ai social”. E questo accade perché “nei talk show sempre più spesso viene dato spazio a posizioni irrazionali e non si tiene conto dei fatti, questo tipo di posizioni crea un dibattito polarizzato, con una dinamica che si riproduce sui social, dove i cittadini di solito commentano in tempo reale ciò che stanno guardando in televisione”.
Buon senso, non moralismo
“È chiaro poi che bisogna tenere in considerazione anche le esigenze del mercato, e tocca tenere in piedi un meccanismo anche economico – spiega Raffa – ma da qualche anno a questa parte ormai l’informazione non esiste più ed è stata sostituita dall’infotainment, che mischia informazione e intrattenimento”. Un circolo vizioso fatto di tre elementi: “Da un lato ci sono gli ascolti televisivi, poi ci sono i clic e le interazioni sociali, con il risultato che il pubblico si divide in blocchi e in tifoserie, spesso ignorando i fatti”.
E se l’informazione è sempre più intrattenimento, allora la politica è sempre più comunicazione. Raffa ci propone due esempi, Giuseppe Conte e Matteo Salvini. “Anche nei politici la dinamica è quella di inseguire le tendenze, leader politici che andavano a braccetto con Putin e lo esaltavano adesso cercano di cambiare radicalmente posizione intasando i propri social, l’esempio più palese è Matteo Salvini, ma è stato smascherato quando è andato in Polonia e il sindaco polacco gli ha mostrato la stessa maglietta con la faccia di Putin che Salvini indossava qualche anno fa”. Poi il segretario leghista infatti ha preferito centellinare le dichiarazioni.
Conte e la polemica sulle spese militari
“Su Conte c’è una difficoltà del M5s a trovare dei temi di cui parlare, dato che è un partito diviso e in una fase di transizione perenne, basti pensare che è passato in tre anni da un governo con la Lega a uno con il Pd, fino a uno con Draghi”, ragiona Raffa. “Per quanto riguarda le spese militari è una tecnica di costruzione del consenso, di ingegneria del consenso, spesso vengono fatte delle proposte che sono solo mediatiche, è la tecnica del ‘sotto il vestito niente’ ”, prosegue. E c’entra anche il modo in cui vengono presentate le campagne mediatiche: “Non conta tanto quello che dici, ma come lo presenti, se Conte avesse parlato di spese per la difesa anziché di spese militari molte persone avrebbero avuto un atteggiamento differente, di solito molti elettori non notano queste sfumature, ma parlando di difesa non ci sarebbe stato lo stesso effetto mediatico da parte di Conte”. Però in sintesi, conclude Raffa: “I leader adesso hanno picchi di consenso anche grazie alla comunicazione, ma già nel medio periodo calano, o perché non hanno rispettato le aspettative oppure perché hanno cambiato posizione troppo in fretta”.