“Hai fatto la scuola di giornalismo? Bravo. Adesso dimentica tutto e impara la professione. Il giornalismo televisivo si basa sulla ‘regola delle 5 esse’: sesso, soldi, sangue, sport…e ancora sesso”.
Per molti giovani aspiranti giornalisti il primo giorno in una redazione è il battesimo di un fuoco incrociato di (quelli che si spera diventeranno) colleghi più esperti intenti a dispensare consigli sulla professione, in barba a qualsiasi deontologia imparata sui manuali proposti dall’Ordine.
Il caso-Greta ed il corpo delle giornaliste
Ma lasciamo perdere le fumosità della dottrina ufficiale, per provare a concentrarci sulla carne, in questi giorni molestata in diretta televisiva, ma da sempre oggetto di una mirata strategia commerciale della quasi totalità delle redazioni tv del Paese. A ridosso e come paradosso della Giornata contro la Violenza sulle donne, la molestia subita dall’inviata di Toscana TV, Greta Beccaglia, ha riportato al centro della ribalta il corpo delle giornaliste.
Dopo il comprensibile polverone d’indignazione e la meno condivisibile apologia dello “sporcaccione” – anche se in tempi di fascisti, NoVax pentiti è diventata un cliché fin troppo proverbiale – l’attenzione mediatica sembra essersi spostata dal fatto in sé alla fin troppo radicata tendenza di fondo delle redazioni che sfruttano la prestanza fisica di giornaliste – ma soprattutto non – a cui il talento fa, nel migliore dei casi, da comprimario.
“Quando prenderanno giornaliste sportive brutte o sovrappeso?”
Per un velo che un molestatore vorrebbe spogliare, ce n’è uno che cade, riassumibile nel tweet della giornalista di Radio24 Marta Cagnola: “Chiamatemi quando prenderanno giornaliste sportive brutte o sovrappeso”. La riflessione sul criterio di selezione – come ha notato anche Concita de Gregorio – merita un approfondimento, visto che la statistica sembra confermare come sempre più editori, direttori e capiredattori, oltre a scegliere sempre più pin up, selezionano ragazze che non sono nemmeno giornaliste per presenziare in trasmissioni e servizi sportivi.
Una tendenza che comincia dalle grandi redazioni nazionali e si dirama fino alle piccole realtà locali che rappresentano – per riprendere l’editoriale di Selvaggia Lucarelli – “lo spaccato più genuino di questo Paese in cui la donna è presente in quantità massiccia in programmi sportivi, in una avvilente quota specifica che è, molto spesso, bella ragazza allo sbaraglio”.
Il modello “Figa-Time”: dai social alle redazioni tv
Il modello “Figa-Time” è stato codificato dai social network – insieme ad altri neologismi para sportivi come “bomberismo” e “ignorante” – che lo hanno semplicemente reso un modello imperante da tempo nelle redazioni televisive.
La legge delle 5 esse è nata in tv, s’intreccia coi social e, in questo viaggio al termine del giornalismo sportivo, si è riproposta anche sui giornali cartacei. Con buona pace delle giornaliste professioniste come Lia Capizzi, Giulia Zonca, Emanuela Audisio, Simona Ercolani. Se non le avete mai sentite nominare, non preoccupatevi: è il giornalismo sportivo italiano che è preoccupante. Le giornaliste brave non mancano, semplicemente non vengono valorizzate o meglio, non vengono messe in mostra.
Così s’innesta il circuito vizioso che mette giovani inesperte conduttrici non professioniste in pasto a un pubblico che non si aspetta competenza sportiva, ma bell’apparenza. Un vortice che si auto-alimentato al punto che non si capisce nemmeno più se è il caporedattore malizioso che alimenta il tifoso porco, o viceversa.
Veline e giornaliste: da Mediaset a Sky
La televisione non propone giornaliste, ma ex Veline come Melissa Satta, unica presenza femminile al Club di Sky Calcio Show. Il cui inserimento nel salotto di Caressa ha causato l’allontamento di una giornalista tout-court – ma ahi lei meno prestante – Alessia Tarquinio. Passando ai competitor la situazione migliora, ma solo parzialmente. Se Rai Sport, Amazon e Dazn hanno selezionato una ristretta cerchia di giornaliste – Paola Ferrari, Giulia Mizzoni, Giorgia Ferrari e perché no Diletta Leotta – Mediaset, in linea coi decennali dettami aziendali, ha precorso i tempi. IL biscione negli anni si è imposto come il capostipite nazionale della tendenza a elevare a opinioniste le soubrette: Luisa Corna a Controcampo, Alessia Fabiani a Guida il Campionato e Wanda Nara a Tiki Taka. La regola delle 5 esse s’impone con forza ancora maggiore in assenza di diritti tv: se non si possono guardare giocate, si guarda altro.
La sinossi dei curriculum o profili Linkedin – abbastanza assenti, per cui occorre ricorrere a Instagram, quello invece ben fornito – è ancor più impietosa quando dal nazionale si passa al microcosmo diffuso delle televisioni locali.
La “scuderia” di Sportitalia
Il non plus ultra dell’intrattenimento sportivo affidato a presentatrici prestanti è Sportitalia. Da più di 15 anni la tv capitanata da Michele Criscitiello con il contributo di Alfredo Pedullà si occupa di dinamiche calcistiche, con un focus sul mercato. Ma la grande attenzione dei telespettatori, il più delle volte, non è rivolta soltanto all’argomento in sé, quanto a chi lo sta raccontando.
Agata Alonzo è una modella, divenuta nota per la pubblicità di un cioccolato; Valentina Bonariva ha partecipato al Grande Fratello 15; Jolanda De Rienzo si è formata nelle redazioni locali della Campania prima del grande salto a Sportialia. Cos’hanno in comune? Nessuna di queste presentatrici è iscritta all’Ordine dei Giornalisti. L’unico volto noto lanciato dal fortunato format di Criscitiello a comparire in un albo è Elonora Boi, che figura come pubblicista dal 2012.
Un modello declinato dalle televisioni locali
Il modello ha riscosso successo, al punto da venir emulato in tutte le televisioni locali del paese. La costante rimane l’assenza di giornaliste professioniste nei programmi. Da “Le donne nel pallone” di Telenova, condotto da Stefania Cattaneo, Francesca Buriani e Denada Sheshi; passando per Marika Fruscio, presentatrice napoletana di Italia 7 Gold.
“Era la mia primissima volta in tv in diretta, mi chiamarono perché cercavano una bella ragazza che funzionasse sui social. Io venivo dal mondo della moda, avevo una mia rubrica ma il calcio per me era arabo, zero”. Ludovica Pagani di Bergamo Tv è stato uno dei più famosi casi dei rischi di figuracce in cui possono incorrere le presentatrici. “A un certo punto mi chiesero in che posizione era l’Atalanta e da lì iniziai a leggere tutta la classifica: Napoli quarantasettesima, Juventus quarantacinquesima… Nessuno mi ha interrotto, mi hanno detto ‘bravissima’ e durante la pubblicità mi hanno spiegato che si trattava dei punti ma che era uguale. Io sono tornata a casa tranquilla, ma poi è uscito tutto su Calciatori brutti”.
Al contrario a volte, la presentatrice fa del contesto extracalcistico la base della sua conduzione, rendendola un marchio caratteristico. Veronica Bagnoli di Teleromagna, ex Miss Ferrara e con una partecipazione a Temptation Island, è salita alla ribalta della cronaca per la rivelazione di un ritocchino e delle conseguenze che avrebbe scaturito nella vita privata, durante la conduzione di “Cartellino giallo”.
https://youtu.be/aMjXfuu23Mo