Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il leak del Pentagono, ma anche i jihadisti del Bataclan e i mafiosi. Non sarebbe la prima volta che un’azione criminale di enorme portata passa per le chat di videogiochi.
Gli analisti dell’intelligence americana – che poi altro non sono che membri del Dipartimento vittima di una delle più roboanti fughe di notizie del secolo – sono sicuri. Dietro il Pentagon Leak ci sarebbe una combriccola di adolescenti appassionati di videogiochi. Proprio attraverso Discord, una popolarissima chat di videogames in cui si accede solo per invito ma che vanta oltre 300 milioni di utenti nel mondo, la gran parte minorenni. Addio pizzini. Mafiosi, ma anche terroristi e spacciatori per discutere dei loro affari in santa pace non devono fare altro che giocare ai videogiochi. Nel popolatissimo e opaco mondo delle chat dei giochi online è possibile scambiarsi qualsiasi informazione in room riservate, e che non lasciano traccia perchè immediatamente cancellate.
Il mondo dei videogiochi
La prima ragione dietro al ricorso ai videogiochi da parte dei criminali è l’enormità di questo mondo. Un rapporto del 2019 del Global Games Market Report stima in 2,7 miliardi i giocatori del mondo. Un terzo della popolazione mondiale, al netto degli account falsi. Pensare di tenere sotto controllo piattaforme così affollate è pressoché impossibile. Lo scorso anno Discord ha generato interazioni tra oltre 300 milioni di utenti per circa 4 miliardi di minuti di conversazioni e 850 milioni di messaggi inviati ogni giorno.
I videogiochi nel 2021 – anche grazie al picco di utilizzo in pandemia – hanno mosso 159 miliardi di dollari. Un record che dovrebbe venire infranto dalle stime del 2023, in cui si dovrebbe addirittura sfondare quota 200 miliardi. E’ inevitabile che un macrocosmo così ricco faccia da terreno fertile per attività criminali. Non solo i classici phishing e cyberbullismo, e il meno tecnologico ma sempre redditizio spaccio di droga. Da tempo, dietro il mondo dei videogiochi si celano anche reati e organizzazioni ben più pericolose.
La propaganda dell’Isis sui videogiochi
Il lato oscuro delle chat dei videogiochi si spinge ben oltre razzismo, sessismo e incitamento all’odio. Come brutalmente scoperto in seguito agli attacchi terroristici di Parigi del 13 novembre 2015. Le ricostruzioni dei giorni immediatamente successivi hanno dimostrato come non ci sono prove che i terroristi abbiano utilizzato le PlayStation per comunicare. Negli giorni successivi agli attentati di Parigi, Sony aveva risposto pubblicamente al premier belga Jan Jambon, che aveva dichiarato come PlayStation fosse un veicolo dal monitoraggio difficile. Gli uomini dell’Isis sono però diventati esperti ci applicazioni di comunicazione.
Abbandonati i troppo controllati Facebook, Twitter e Instagram, e messo da parte il fin troppo conosciuto Whatsapp, sono diverse le app dove la Jihad cerca seguaci, con messaggi e comunicazioni che non sono così difficili da scovare. Tra queste anche quelle per i videogiochi. Discord è di gran lunga una delle app più utilizzate per il reclutamento dal Califfato. Nelle stanze per chattare i terroristi si riuniscono e festeggiano gli attentati avvenuti o ne invocano nuovi. Spesso, in gruppi dal nome inequivocabile come Al Baghdadi e Daesh, gli utenti iscritti postano link a messaggi di reclutamento e a testi fondamentalistici che sono di facile coinvolgimento per giovani e teenager in cerca di qualcosa da seguire.
La mafia caposcuola di videogiochi
Prima dello Stato islamico, un’altra associazione criminale, quella per antonomasia sembra aver scoperto il potenziale malvagio dei videogiochi. La criptomafia è quella branca della criminalità organizzata alla perenne ricerca di sistemi di comunicazione irrintracciabili da parte delle autorità. Negli anni, la mafia ha testato Anom, EncroChat, Sky Ecc. Ma non ha disdegnato l’utilizzo delle chat dei videogiochi. I videogames rappresentano un’arma particolarmente apprezzata dalle nuove mafie. La possibilità di creare canali di comunicazione segreti, e quella di far autodistruggere i messaggi, e non lasciarne in alcun modo traccia. La negazione della replicabilità infinita dei contenuti nel mondo digitale. Questo è esattamente ciò che serve a chi vuole che le proprie comunicazioni rimangano più che private, ovvero come mai avvenute.