Perché potrebbe interessarti? A Montecitorio sono state ritoccate le regolamento interno per adeguarle alla riduzione del numero di deputati. Ma le scelte più importanti per ridurre gli incarichi e limitare i cambi di casacca saranno discussi in futuro. Ed, eventualmente, alla Camera entreranno in vigore nel 2027.
Un nuovo regolamento alla Camera, che di nuovo ha davvero poco, perché si limita a fare manutenzione. Insomma, il minimo indispensabile. Restano intatti gli incarichi che attualmente garantiscono benefit, come auto di servizio e una ricca dote per ampliare lo staff; così come non viene posto un argine al fenomeno dei voltagabbana. Il motivo? L’entrata in vigore di reali, ed eventuali, modifiche è rimandata alla prossima legislatura.
Il nuovo vecchio regolamento della Camera
Teoricamente se ne riparlerà al 2027, visto che la legislatura è appena iniziata: un paradosso. La decisione è utile a salvaguardare lo status quo, senza sottrarre le poltrone già assegnate. Quello votato a Montecitorio è insomma un maquillage reso necessario dal mancato adeguamento, nella scorsa legislatura, del regolamento interno alla riduzione del numero dei parlamentari. Sotto la presidenza di Roberto Fico, l’operazione non è andata in porto e bisognava correre ai ripari. Con 400 deputati, l’imperativo era quello di rimettere mano almeno ai quorum per facilitare il lavoro della Camera. Ma, appunto, l’intervento messo in atto è stato impercettibile e sicuramente alquanto attento a non ridurre le poltrone.
Il presidente dell’assemblea e della giunta per il regolamento, Lorenzo Fontana, ha optato per il cosiddetto «doppio binario»: il primo è quello che riforma le norme per fare diventare esecutive fin dall’1 gennaio 2023. Si tratta del ritocco al ribasso di vari quorum per la presentazione di mozioni (le firme necessarie scendono da 10 a 7) o di interpellanze (le sottoscrizioni passano da 30 a 20) e così via. Il minimo sindacale a cui si poteva far fronte prima dello scioglimento anticipato delle Camere.
Il resto non cambia
Uno dei punti all’ordine del giorno in giunta era anche la riduzione del numero dei segretari dell’ufficio di presidenza per evitare la proliferazione numerica, che attualmente è consentita. È stata perciò congelata la richiesta della deputata del Movimento 5 Stelle, Valentina D’Orso. L’esponente pentastellata puntava ad «adeguare, in modo strutturale» la riduzione del numero dei deputati e la composizione dell’ufficio di presidenza.
Come? «Disponendo la riduzione del numero dei segretari». Certo, su questo punto non c’è la parola fine: se ne potrà riparlare nelle prossime settimane durante il confronto sul secondo binario. Ma con un paletto fissato: la riforma sarebbe esecutiva solo tra cinque anni (a meno di un ritorno anticipato al voto). Inoltre, sul tema c’è già lo scetticismo del Partito democratico. Secondo Federico Fornaro, che rappresenta i dem nella giunta, il carico di impegno dell’ufficio di presidenza potrebbe non calare con il minor numero di eletti. Fornaro ha comunque spedito la palla in tribuna, sostenendo che questa legislatura può essere una sorta di test per verificare se la riduzione delle poltrone può essere effettuata senza creare problemi al funzionamento dell’organismo.
Il regolamento per le commissioni alla Camera
Un discorso simile verrà fatto sulle commissioni: a Montecitorio, almeno per l’intera durata della legislatura appena iniziata, resteranno quattordici, senza l’allineamento con il Senato, che ha già varato una riforma per diminuire il numero, oggi sceso a 10. Dietro la saggezza di facciata c’è un comune interesse: oggi sono state assegnate le presidenze delle commissioni, che garantiscono un surplus di risorse per l’assunzione di personale e garantiscono uffici ad hoc.
Un prestigio a cui nessuno vuole rinunciare subito dopo l’insediamento. Anche perché bisognerebbe rivotare gli incarichi, spostando equilibri precari. E nemmeno la questione della costituzione dei gruppi subirà cambiamenti imminenti: non si interverrà sulla formazione di quelli in deroga, con numero inferiore a quello richiesto, che riguarda l’Alleanza verdi-sinistra, ma soprattutto Noi Moderati, capeggiato da Maurizio Lupi, che ha ottenuto una benevola interpretazione del regolamento.
Il cambio casacca
Senza tacere della mancata assunzione di misure per limitare i cambi di casacca. «Per evitare il nuovo regolamento impattasse sulle decisioni assunte, in fretta e furia, è stata preferita la soluzione del rinvio», fanno sapere a True-news.it fonti interne alla giunta. E resta aperto pure il capitolo sulle commissione bicamerali, che oggi richiedono la presenza di 40 componenti (20 deputati e 20 senatori), una cifra spropositata di fronte a un totale di 600 parlamentari. Il tentativo dell’ex deputato di Forza Italia, Simone Baldelli, nello scorso agosto, fu affossato. Creando un altro bug nel sistema parlamentare.