La notizia è da una decina di giorni che sta agitando non solo la Procura di Roma, ma anche altre, e un po’ in tutta Italia. A partire da Milano, dove il capo Francesco Greco lascerà l’incarico a fine anno. La storia da cui originano tutte le fibrillazioni è romana: il Tar del Lazio, con tre differenti sentenze, ha accolto i ricorsi contro la nomina di Michele Prestipino del procuratore generale di Firenze Marcello Viola e del procuratore di Palermo Franco Lo Voi. Prestipino ha già fatto ricorso al Consiglio di stato. La vicenda di Prestipino e Viola va a collocarsi all’interno dello scandalo Palamara: ed è proprio a causa di questo scandalo che – secondo alcuni – il Csm avrebbe deciso di cambiare opinione sulla nomina di Viola a Roma e preferirgli Prestipino. Fin qui, la normale battaglia politica nella magistratura.
Il problema è quel che il Tar scrive dando ragione a Viola e Lo Voi. Perché andando a leggere la sentenza (che alleghiamo qui integrale: PDF), ci si accorge che potrebbe avere potenzialmente un enorme impatto anche su altre Procure, come quella di Milano. Prestipino è infatti un aggiunto, mentre Viola è procuratore generale. E’ giusto che un aggiunto, dunque di grado “inferiore”, possa essere preferito a un procuratore generale, anche se di una procura meno importante? La domanda del ricorrente è chiara: “Il ricorrente evidenziava anche che, in base al vigente sistema ordinamentale il Procuratore Aggiunto Prestipino non può possedere l’ampiezza delle funzioni, con correlativa assunzione di responsabilità, nonché il complessivo bagaglio di attribuzioni che, invece, caratterizzano la figura del Procuratore Capo o del Procuratore generale. Il Csm aveva quindi irragionevolmente equiparato gli uffici ricoperti dai due magistrati, senza approfondire la motivazione sul punto”. Il Tar nell’accogliere il ricorso (dunque, dando ragione a Viola che afferma di non poter essere escluso contro un aggiunto, poiché è procuratore generale e dunque con un grado superiore), cirioleggia un po’, andando però a concludere: “Può ben inquadrarsi in linea generale l’impugnativa del ricorrente, che lamenta proprio l’illogicità e carenza di motivazione sull’erronea considerazione di dati di fatto della sua esclusione, “a monte”, dalla valutazione comparativa finale e la irragionevolezza dei presupposti di fatto che hanno portato a porre in risalto specifici dati curriculari del magistrato nominato, come poste a sostegno della decisione dell’organo plenario del CSM”.
Insomma: parrebbe che la motivazione che un procuratore generale è da preferire a un aggiunto sia ritenuta valida dal Tar. E dunque? Dunque se così fosse chiunque dovesse ricorrere – ad esempio – contro una possibile nomina (secondo alcuni, molto probabile), di Maurizio Romanelli a capo della Procura di Milano, potrebbe avere qualche chances. E – egualmente – se Viola, o più probabilmente Nicola Gratteri, procuratore capo (e dunque “superiore”, secondo il Tar, a un aggiunto), volessero competere per Milano, a essere favorito sarebbe un papa straniero. Insomma, un brutto colpo per l’autonomia milanese, da sempre un esempio per il resto d’Italia. Un colpo che potrebbe sconvolgere gli equilibri e tenere fuori dalla partita immeritatamente persone di grandissimo valore che sotto la Madonnina hanno dato dimostrazione di grande indipendenza.