Il governo è sdraiato sulle posizioni Coldiretti? Continua ad oltranza la protesta degli agricoltori della Tuscia. Manifestazione che, purtroppo, ha registrato anche una vittima. Per capire quale sia la vera natura della protesta e, soprattutto, come potrebbe agire l’esecutivo, abbiamo parlato con Amedeo Reyneri, professore di politiche agricole dell’Università degli Studi di Torino. Ecco cosa ci ha raccontato.
La protesta è basata su una percezione di un “ecologia punitiva” associata al nuovo Green Deal. Questo piano, promosso dall’Unione Europea, mira a rendere l’Europa climaticamente neutrale entro il 2050, promuovendo la sostenibilità ambientale e la riduzione delle emissioni di gas serra. Cosa ne pensa?
La protesta è sicuramente basata su una percezione di Green Deal punitiva nei confronti del mondo agricolo in quanto comporta un aumento dei costi da sostenere a fronte dei vantaggi che vengono percepiti come minori anche perché la Pac ha modificato il piano dei contributi lasciandoli invariati. Un fatto che è percepito comunque come punitivo. Ci sono anche altri elementi che emergono dalla protesta. Uno su tutti l’aumento delle tasse, l’aumento dell’Irpef che rende maggiori i costi da sostenere nel settore. Credo che ciò che viene richiesto è un allentamento della pressione delle misure che vengono imposte all’agricoltura europea e anche a quella italiana. Sarebbe necessario un allenamento dei vincoli di carattere burocratico.
In merito alle proteste il ministro Lollobrigida ha parlato di ingiustificata violenza mostrando massima solidarietà a Coldiretti. Secondo Lei non c’è mai stato un governo così vicino alle istanze di Coldiretti?
Riguardo alla posizione del ministro Lollobrigida, questi atti di ingiustificata violenza, che non è mai giustificata, bisogna mettere in evidenza che occorre dare una risposta più precisa ed essere maggiormente puntuali nei confronti delle persone che provengono dal mondo agricolo e dei redditi che vengono prodotti in questo ambito. La Coldiretti è anche condizionata dal fatto che una parte della protesta viene rivolta ai sindacati che vengono accusati di non difendere adeguatamente gli agricoltori. Se questo sia vero o meno, non spetta a me dire se sia vero o meno. Ma è vero che spesso una parte dei sindacati italiani è più attenta a certe parole chiave dei consumatori rispetto a quelle degli agricoltori. Questo sentimento è molto diffuso nella campagna italiana.
Rispetto alla questione del cibo sintetico su cui si è creato l’asse governo-Coldiretti, cosa ne pensa?
In merito al cibo sintetico posso affermare che quello non è definibile cibo sintetico ma carne coltivata. In questo momento siamo una fase scientificamente aperta e dobbiamo capire quanto e come questo prodotto può essere diffuso e garantire una certa sicurezza. Abbiamo avuto un insegnamento molto significativo, in passato abbiamo attaccato le colture geneticamente modificate senza avere un approccio scientifico, tecnologico e rigoroso a questo riguardo con il risultato di importare ogni anno milioni di tonnellate di prodotti geneticamente modificati senza poterli coltivare. Occorre un approccio scientifico alla scelta di coltivare o meno carne sintetica, che valuti i pro e i contro e questo dev’essere affidato all’autorità europea che si occupa della sicurezza alimentare. A livello nazionale dobbiamo essere attenti a preservare le tradizioni ma non dobbiamo chiuderci a priori. Oltretutto non possiamo immaginare che prodotti di carne di qualità o quelli che sono i più utilizzati perché a buon prezzo, come quella avicola, è molto difficile che possano essere erosi dall’impiego di carne sintetica. Ci vuole un po’ di realismo e un approccio di carattere scientifico.
In merito alla protesta, come risponderà, secondo lei, l’esecutivo?
Non saprei dire come risponderà l’esecutivo. Probabilmente gli esecutivi europei prenderanno atto della situazione di disagio e cercheranno di intraprendere azioni comuni che potranno essere presentate a livello di singole azioni come una presa di distanza da Bruxelles e dalle sue decisioni, però di fatto queste battaglie non si combattono in scala nazionale o regionale ma solo in sede di comunità europea. Si questo bisogna essere attenti. Se dobbiamo tutelare gli agricoltori italiani dev’essere fatto in tutte le sedi necessarie e e portando i numeri arrivando preparati agli incontri.