Perché leggere questo articolo? Joe Biden avrebbe dovuto rinunciare alla corsa per la Casa Bianca. Ma ormai è tardi. Ecco perchè il ritiro di Biden non è più possibile.
Panico. La copertina di Time di questa settimana è riuscita a raccontare con una sola immagine quel disastro chiamato Biden al dibattito di giovedì notte meglio di qualsiasi altro prodotto giornalistico. Le preoccupazioni di media e politica americana sulla capacità del presidente in carica di contendere la Casa Bianca a Trump si sono trasformata, per l’appunto, in panico. Al punto da mettere sul piatto l’ipotesi ritiro di Joe Biden. Opzione che però non è percorribile.
Biden di ritiro non vuol sentir parlare
C’è una sola persona che può convincere Joe Biden a rinunciare alla corsa. Ed è proprio Joe Biden. Perché il cambio in corsa possa avvenire, infatti, è necessario che sia Biden stesso a ritirarsi, perché avendo vinto le primarie Democratiche nessuno può sostituirlo contro la sua volontà. Il diretto interessato, se ci fosse ancora qualche dubbio, in questi giorni ha ribadito come di ritiro non voglia sentire parlare.
“Non mi candiderei di nuovo se non credessi con tutto il cuore e l’anima che posso fare questo lavoro” ha detto il giorno dopo il dibattito, durante un raduno dei Democratici. Biden ha poi smentito ogni voce di una sua possibile sostituzione come candidato alla presidenza dopo essersi consultato con i parenti più stretti radunati a Camp David. La riunione informale dovrebbe aver quindi sgomberato ogni possibile margine di convincimento per un ritiro di Biden. Anche perchè un cambio in corsa difficilmente potrebbe portare i democratici alla vittoria.
Un cambio in corsa funzionerebbe contro Trump?
Una delle principali carte usate dai sostenitori del ritiro di Joe Biden sono i sondaggi. Il presidente in carica è indietro rispetto all’ex presidente. Il gap però non è incolmabile. La CNN ieri ha pubblicato una rilevazione secondo la quale Trump sarebbe in vantaggio di sei punti. Biden è sempre stato costretto a inseguire nella corsa per la Casa Bianca. Ha uno degli indici di gradimento più bassi di sempre per un presidente a fine mandato (36%). Ma ha ancora qualche chance di ribaltare i pronostici. Cosa che un candidato cambiato in corsa difficilmente avrebbe.
La stessa rilevazione mostra come Trump anche in caso di ritiro di Biden batterebbe un eventuale candidato democratico. Secondo CNN avrebbe 2 punti di vantaggio sulla vicepresidente Kamala Harris, +5 sul governatore della California Gavin Newsom, + 5 anche sulla governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, +4 sul segretario ai trasporti Pete Buttigieg. Il dibattito è stato un disastro, ma non tutto è perduto per Biden. Ci sono ancora quattro mesi di piena campagna elettorale. In queste presidenziali i confronti si sono tenuti in anticipo rispetto alla storia. Il prossimo duello è previsto per il 10 settembre su ABC News.
Chi sta spingendo per il ritiro di Biden
L’opinione pubblica, soprattutto quella amica, ha però iniziato a muovere i primi passi contro Biden. Le prime pressioni sono iniziate sui media. All’indomani della sfida ha tuonato il New York Times, che ha pubblicato un editoriale intitolato “Per servire il proprio paese, Joe Biden dovrebbe ritirarsi“. Più mite invece il Washington Post che ha invitato il Partito Democratico a non farsi prendere dal panico. Anche perchè “un ritiro di Biden non garantirebbe una vittoria a novembre”, anzi: potrebbe amplificare le divisioni dentro al Partito Democratico, e il candidato scelto per sostituirlo potrebbe finire per essere anche lui debole e incapace di battere Donald Trump.
Il Partito ha mostrato sostegno a Biden, almeno formalmente. Nelle prime ore dopo il disastro Barack Obama, Nancy Pelosi e il governatore della California Gavin Newsom – indicato da molti come un possibile sostituto di Biden – sono corsi a mostrare supporto al Presidente in carica. In settimana, però, sono arrivate le prime rimostranze aperte da parte di esponenti dem. Come ricostruisce il Post, Sheldon Whitehouse, senatore del Rhode Island, si è detto “inorridito” dalla performance di Biden. Peter Welch del Vermont, ha criticato lo staff della Casa Bianca. Lloyd Doggett, deputato del Texas, è stato il primo esponente del Partito Democratico a chiedere ufficialmente il ritiro di Biden.
Pesci piccoli, che hanno però attirato la prima stoccata di peso. Nancy Pelosi ha trasformato il supporto incondizionato in dubbio. L’ex speaker della Camera ha detto che è “legittimo” chiedersi se lo stato di Biden visto al dibattito sia “un episodio o la normalità”. Per oggi è indetta alla Casa Bianca una riunione tra Biden e i governatori Democratici degli stati americani, con cui il presidente non ha più comunicato dopo il dibattito. L’argomento dell’incontro sarà appunto la salute e l’età di Biden.
L’unico lontano precedente
Scenari non incoraggianti, ma che il Partito democratico deve in qualche modo scongiurare. Lo dicono i precedenti, che di fatto non esistono. Se Biden optasse per il ritiro, toccherebbe alla convention Democratica tra il 19 e il 22 agosto decidere chi scegliere come candidato per il partito. L’unico scenario vagamente paragonabile riporta al 1968. L’allora presidente democratico Lyndon Johnson rinunciò a un secondo mandato nel marzo 1968. Ne seguì una convention drammatica che spaccò i democratici. Alla fine fu scelto Hubert Humphrey, che a novembre fu sconfitto da Richard Nixon. Insomma, provaci ancora Joe.