La natura – si sa – è madre, ma spesso anche matrigna. Infatti, nel momento in cui l’animale (teoricamente) più evoluto del pianeta non riesce ancora a venire a capo della pandemia di Covid-19, un altro virus già noto alle cronache torna a far parlare di sé. Si tratta dell’influenza aviaria, per la precisione del ceppo H5N1, di cui gli esperti – nel corso di questo inverno – hanno già diagnosticato migliaia di casi tra i volatili di Medio Oriente ed Europa. Secondo l’ultimo rapporto di BirdLife International, un’ONG diffusa in tutto il globo che si occupa della protezione delle specie di uccelli a rischio estinzione, in Israele sono morti ben 5.000 esemplari di gru, dopo che una nuova epidemia di aviaria si è abbattuta sullo Stato ebraico a dicembre 2021.
Aviaria, epicentro nella valle di Hula
“I primi segnali di un evento di massa sono comparsi negli uccelli selvatici intorno al 12-13 dicembre”, spiega Yoav Perlman, esponente di BirdLife in Israele. “L’epicentro è nella valle di Hula (estremo nord del Paese, a pochi chilometri dal confine con Siria e Libano, ndr). Tuttavia, nelle ultime settimane sono stati diagnosticati sempre più casi anche in altre zone del Paese, con un numero elevato di specie coinvolte diverse dalle gru, inclusi rapaci come la poiana comune e il gheppio eurasiatico”. Il ministro dell’Ambiente israeliano, Tamar Zandberg, ha definito l’incidente “il peggior colpo per la fauna selvatica” nella storia di Israele, ma l’epidemia ha colpito anche gli uccelli domestici. Gli agricoltori locali hanno dovuto abbattere mezzo milione di polli, causando gravi perdite in termini di indotto commerciale e persino suscitando timori per una possibile carenza di uova.
In Israele crisi di sicurezza nazionale
Gli esperti di BirdLife ricordano che esistono diversi ceppi di influenza aviaria. La maggior parte sono benigni e nel peggiore dei casi causano solo malattie lievi e circolano prevalentemente tra gli uccelli selvatici. Quando però si parla di allevamento intensivo del pollame, alcune varianti possono evolvere in virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (noti con la sigla inglese HPAI), che possono causare una mortalità massiccia nel pollame. Il ceppo H5N1 è particolarmente preoccupante: si tratta principalmente una malattia del pollame, ma può colpire anche gli uccelli selvatici.
Una volta appurata la gravità del problema, le autorità dello Stato di Israele hanno definito la questione come crisi di sicurezza nazionale, considerato il rischio per l’industria avicola e per gli esseri umani stessi. Finora, l’azione si è concentrata sullo smaltimento delle carcasse di uccelli e sul monitoraggio da vicino della diffusione dell’epidemia. Tuttavia, secondo Perlman, le autorità hanno impiegato troppo tempo per entrare in azione, il che potrebbe aver aumentato i tassi di infezione nella valle di Hula.
Aviaria, allerta anche nel Regno Unito
Il nuovo fenomeno non riguarda solo il Medio Oriente, ma anche il continente europeo, in particolare il Regno Unito. “L’H5N1 è responsabile dell’epidemia in Israele ed è simile al ceppo che ha colpito recentemente le oche Barnacle in Scozia”, spiega Perlman. “Da quanto ne so, i primi casi di influenza aviaria in questo focolaio in Israele sono stati identificati negli allevamenti di pollame e solo successivamente negli uccelli selvatici. Tuttavia, con focolai su larga scala in tutta Europa appena prima di Israele, si potrebbe ipotizzare che gli uccelli selvatici che migrano a sud dall’Asia e dall’Europa abbiano portato con sé la malattia”.
In Gran Bretagna abbattuti 500mila capi di pollame negli ultimi mesi
Colpito insieme ad altri 27 paesi europei dall’epidemia, il Regno Unito ospita il più grande focolaio di influenza aviaria mai registrato, fenomeno che ha portato all’abbattimento di 500mila capi di pollame e altri uccelli domestici negli ultimi mesi. Dall’inizio di novembre, in tutto il paese è stata dichiarata una zona di prevenzione dell’influenza aviaria, disposizione che richiede rigorose misure di biosicurezza e che tutti gli uccelli in cattività e domestici siano tenuti al chiuso. “Siamo molto preoccupati per il gran numero di morti tra le oche barnacle sul Solway Firth, in Scozia. Si stima che questo numero superi quota 4.000, con alcune stime che suggeriscono che tra il 15 e il 20% della popolazione è già morta”, spiega Martin Fowlie, BirdLife Regno Unito. Altri paesi europei particolarmente colpiti sono Irlanda, Finlandia, Russia, Portogallo. Una situazione tale che, stando alla definizione data dai ricercatori dell’Istituto Friedrich Loeffler, siamo di fronte “alla peggior epidemia di aviaria di sempre”.
Il rischio per gli esseri umani resta basso
I numeri riguardanti le gru in Israele, le oche in Scozia e altri uccelli nel resto del mondo sono quindi preoccupanti, ma qual è il rischio effettivo per gli esseri umani? Fortunatamente – spiegano ancora gli esperti di BirdLife – finora il pericolo per la nostra specie è relativamente basso. È noto che il virus passa dagli uccelli all’uomo in luoghi in cui vi è un ampio e stretto contatto, di solito negli allevamenti di pollame. Tuttavia, il patogeno non può diffondersi da persona a persona, ed è quindi improbabile che generi una pandemia come quella causata dal Covid-19. A livello globale, dal gennaio 2003 al 30 dicembre 2021, sono stati segnalati 863 casi di infezione da aviaria sull’uomo in 18 Paesi. Di questi, 456 si sono rivelati fatali. Ma secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nonostante l’impennata di questo inverno, “il rischio complessivo di pandemia associato a [H5N1] non è da considerarsi significativamente mutato rispetto agli anni precedenti”. Ciononostante, si consiglia ai cittadini di mantenere le distanze dagli uccelli che sembrano malati, debilitati e di lavarsi accuratamente le mani dopo aver accudito volatili domestici.